L’azienda aveva messo nero su bianco che non sarebbe mai entrata nella posta dei giornalisti, ma non ha rispettato la promessa. Ora il gip di Roma ha disposto l’imputazione dei vertici dell’ufficio del personale del Sole 24 Ore. E’ la decisione presa dal giudice per le indagini preliminari Costantino De Robbio, che ha adottato il provvedimento nella vicenda che riguarda un ex giornalista del quotidiano, esperto di giudiziaria e di sentenze della Cassazione.
Circa un anno e mezzo fa il cronista aveva ricevuto una contestazione disciplinare con addebiti che sarebbero stati ricavati dalle sue mail, dunque ottenuti dall’azienda tramite una intrusione sulla posta elettronica. L’azienda, tuttavia, il 13 giugno 2016 si era impegnata a non entrare nelle caselle mail dei suoi dipendenti, sottoscrivendo un accordo sindacale secondo cui “gli eventuali controlli e verifiche citati nella policy aziendale non potranno avere ad oggetto i documenti, i dati e il contenuto del materiale utilizzato dai giornalisti in considerazione della ‘natura specifica dell’attività giornalistica e della relativa normativa a tutela della salvaguardia della segretezza delle fonti”.
L’ accesso, invece, si è verificato e secondo il giudice è “incontroverso“, come è “parimenti indubitabile allo stato la illegittimità dello stesso”, scrive nell’ordinanza de Robbio. Che “dispone che il pubblico ministero formuli l’imputazione (…) previa l’iscrizione a fascicolo dei due responsabili della condotta”, il direttore del personale e il responsabile dello stesso ufficio. L’ipotesi di reato: accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, articolo 615 ter del codice penale.
La condotta dell’azienda era stata stigmatizzata il 18 aprile 2018 dal Garante della Privacy, che aveva ordinato all’azienda di “astenersi con effetto immediato dall’effettuare ogni ulteriore trattamento dei dati contenuti nelle comunicazioni di posta elettronica”.
“Una azienda non può entrare nella posta elettronica di un lavoratore – si legge in una nota dell’Associazione Stampa Romana – in modo particolare di un giornalista che nella mail detiene informazioni su inchieste delicate, spesso testimoni e fonti riservate le cui identità devono restare anonime per la loro sicurezza, e documenti di lavoro che non possono essere divulgati e sono coperti dalla privacy, come prevede la legge”.
“E’ indiscutibile – aggiunge il sindacato – il rilievo per la nostra categoria di questa vicenda, per le giuste protezioni fissate dalla legge e da accordi sindacali a tutela della privacy e dei mezzi di lavoro dei giornalisti e delle giornaliste come la posta elettronica. Le aziende non possono agire unilateralmente. Se lo fanno violano principi fondamentali come l’autonomia del giornalista, l’integrità degli strumenti di lavoro e la riservatezza delle fonti“.