Manca il lavoro o mancano i lavoratori? Avevamo capito che i migranti ci rubassero il pane, che l’Italia fosse oggetto dell’invasione africana contro la quale il governo sta ora valutando l’estrema resistenza mandando in Mediterraneo navi da guerra. Da mesi Giorgia Meloni si sgola: serve il blocco navale!
E invece l’agenzia nazionale delle politiche attive (Anpal) comunica che nei prossimi cinque anni le imprese italiane offriranno un posto di lavoro a 496mila tecnici e periti con diploma di istituto superiore, ma i candidati latitano. Unioncamere ha già segnalato che il 31 per cento delle aziende ha riscontrato “difficoltà di reperimento” per 1,2 milioni di contratti programmati nei primi tre mesi del 2019 con un fabbisogno insoddisfatto di figure tecniche, scientifiche e ingegneristiche. L’amministrazione delegato di Fincantieri addirittura si dispera perché ha urgente bisogno di cinque/seimila operai, anzitutto carpentieri e saldatori per far fronte alla crescente domanda della cantieristica navale.
Se così stanno le cose, i navigator di Di Maio dormiranno tra due cuscini. Altro che lavoro, qua c’è bisogno del doppio delle braccia disponibili. Bellissima notizia che però comporterà qualche aggiustamento di tiro per le politiche attive del ministro Salvini. Il suo nord est ha bisogno di numerosi maschi in buona salute e femmine senza grilli per la testa. Magari bisognerà riprendere in considerazione l’idea che uno sbarco non è poi una sciagura, può salvare il fatturato. Forse, chissà, avremo bisogno di nuovo di migranti dal Bangladesh, che lavorano tanto e chiedono poco, o senegalesi, o anche marocchini, bravissimi carpentieri, oppure nigeriani, a cui la fatica piace un sacco, o anche nigeriane, che le metti sul marciapiede e nemmeno protestano.