“Sono andato via il 28 agosto del 2017. Ho raggiunto la Danimarca guidando per 1.600  chilometri. La mattina, però, prima di prendere l’autostrada, sono passato vicino ai luoghi più belli e importanti che hanno segnato la mia vita”. Nicola Muner ha 24 anni ed è originario di Cividale del Friuli, in provincia di Udine. Dopo la laurea triennale ha deciso di trasferirsi in Danimarca. Qui, da studente, ha ricevuto una casa dall’università e lo Stato gli dà un compenso mensile grazie al sistema dell’SU (Student Job). Con malattia e ferie pagate. “Tornare? Molti miei vecchi compagni di corso, persone intelligenti e brillanti, dopo la laurea in Italia vivono con rimborsi spese a meno di 500 euro al mese”, racconta.

Eppure l’accoglienza non è stata bella: “Hanno controllato al confine tutte le auto che non avevano una targa scandinava o tedesca”, ricorda Nicola. All’università, invece, la situazione si è capovolta: “Mi hanno dato un alloggio, quindi sono arrivato senza il pensiero di trovare casa in una terra straniera ed è un grande vantaggio – racconta –. In casa siamo 8 inquilini di 8 nazionalità diverse e siamo diventati tutti buoni amici”. Durante la triennale Nicola ha scoperto l’interesse per la logistica. “Purtroppo, però, il mio corso in economia non mi permetteva di continuare la magistrale in Italia, quindi ho iniziato a cercare corsi all’estero”. Così è finito in Danimarca. “Da un certo punto di vista sì, sono stato costretto ad emigrare”.

La giornata tipo? Dipende se si va all’università o al lavoro. Nicola si occupa della gestione delle rotte delle petroliere in un’agenzia marittima: “In ufficio l’atmosfera è rilassata tra colleghi. Ogni venerdì poi c’è il Friday bar alle 15 dove tutti ci riuniamo e degustiamo vini diversi”. L’importante è avere una bici a disposizione, “mezzo indispensabile in Danimarca”, dice.

E le differenze rispetto all’Italia sono tante. “La più grande è la digitalizzazione. In Danimarca si fa tutto con il computer: le lezioni all’università, gli esami, le pratiche con la pubblica amministrazione: in due anni non sono mai andato in nessun ufficio, tutto tramite e-mail e chiamate”. In Italia ci sono sempre tante carte da fare, “specialmente paragonando il sistema universitario: venivo da una triennale dove tutto si faceva con i fogli protocollo o la coda in segreteria”, continua.

In Danimarca Nicola riceve uno stipendio dallo Stato, con malattia e ferie pagate. “Le aziende, se lavori bene, ti tengono, perché mentre studi sei già formato”. Gli studenti comunitari hanno diritto a percepire il cosiddetto SU, ovvero uno stipendio statale per lo studio che corrisponde a circa 800 euro mensili. Per ottenerlo bisogna trovare uno ‘student job’ ovvero un lavoro che occupi tra le 15 e 20 ore settimanali. Sono contratti di lavoro specifici per studenti e spesso flessibili come orario, così “hai tempo per andare a lezione o fare gli esami”. Essendo un contratto di lavoro a tutti gli effetti sono pagati i contributi e si ha diritto alle ferie, anche queste pagate. “Ho sempre ricevuto tutto in ordine, tutto garantito e legale. Questo mi permette di essere autonomo, con l’SU e lo stipendio si arriva di solito a pagare l’affitto e a vivere tranquillamente”.

Cosa significa guardare l’Italia dall’estero? Sicuramente malinconia: “L’Italia è un Paese dalle potenzialità enormi e con un capitale umano eccezionale, anche la nostra istruzione è ottima e ci forma adeguatamente, ma manca una connessione col mondo del lavoro – spiega Nicola –. Ci sono tante opportunità sprecate che altri Stati arrivano a cogliere più velocemente di noi e così diventano competitivi a livello internazionale”. Cosa dovrebbe cambiare, allora, in Italia? “Molti giovani emigrano per il semplice fatto che altrove le loro idee ed esperienze sono riconosciute correttamente, dove possono sentirsi parte attiva della società e non essere sfruttati dopo anni di sacrifici. Molti miei compagni di corso, persone intelligenti e brillanti, dopo la laurea vivono con rimborsi spese a meno di 500 euro al mese. Io a parità di istruzione ho già potere contrattuale sullo stipendio e in tutti i colloqui che ho fatto avrei ricevuto stipendi che mi avrebbero garantito l’indipendenza, senza dovere chiedere aiuto ai miei genitori”. Nicola non esclude di tornare, ma solo se lo stipendio e le condizioni di lavoro fossero equiparabili a quelle che riceve adesso. In caso contrario, rimarrebbe in Danimarca. “Qui non ci sono sfruttamento e prevaricazione. E la mia opinione conta”.

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