La Cina rallenta ai minimi da 27 anni. Secondo le statistiche ufficiali rilasciate lunedì, nel secondo trimestre, l’economia cinese è cresciuta del 6,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. È il valore più basso dal 1992, sebbene all’interno del range fissato dalle autorità per il 2019 (6-6,5%). Le cause? Stando agli esperti un mix di fattori ha contribuito a frenare la crescita cinese, dopo un inizio anno più incoraggiante del previsto. In primis, la guerra commerciale con Washington, che oltre ad aver creato un clima sfavorevole per nuovi investimenti esteri ha vistosamente compromesso la performance di import ed export. La tregua raggiunta lo scorso dicembre a margine del G20 di Buenos Aires ha di fatto posticipato le temute ricadute economiche a tre mesi dalla controffensiva tariffaria cinese. Con il risultato che l’economia nazionale ha continuato ad espandersi a un passo del 6,4% nei primi tre mesi dell’anno. Fino a quando il fallimento dei negoziati commerciali nel mese di maggio non ha indotto Donald Trump ha rincarare i dazi su 200 miliardi di dollari di merci cinesi.
Secondo quanto annunciato venerdì dalle autorità doganali, nel mese di giugno le esportazioni cinesi sono calate dell’1,3%, meno dell’atteso 2% ma più dell’1,1% del mese precedente. Contestualmente, le importazioni hanno riportato una contrazione su base annua del 7,3%, ben più del 4,5% pronosticato dagli analisti. Male quindi anche il manifatturiero, da maggio nuovamente in terreno negativo a causa di un calo degli ordini.
Commentando i dati, il portavoce dell’istituto nazionale di statistica Mao Shengyong, ha ricordato come “le condizioni economiche sono ancora avverse sia in patria che all’estero, la crescita economica globale sta rallentando, l’instabilità e le incertezze esterne sono in aumento, lo squilibrio e lo sviluppo inadeguato a livello nazionale sono ancora acuti e l’economia è nuovamente sotto pressione”. La performance sottotono dell’Europa e di altri paesi asiatici concorre a indebolire la domanda globale. A ciò si aggiungono i problemi endemici del sistema finanziario cinese, riportati a galla dal caso della Baoshang Bank, piccolo istituto di credito della Mongolia Interna rilevata dal governo lo scorso dopo essere stato definito un “grave rischio” per l’intero mercato interbancario a causa del credito in sofferenza ben superiore a quanto dichiarato.
Fino a qui, tutto sembra suggerire tempi foschi all’orizzonte. Ma, come già dimostrato in passato, la resilienza dell’economia cinese è in grado di smentire anche le proiezioni più catastrofiche. Una boccata d’aria arriva infatti dalla produzione industriale, cresciuta a giugno del 6,3% rispetto all’anno precedente, dopo aver toccato i minimi da 17 anni il mese precedente. Complice l’incremento degli investimenti nei fixed assets (5,8%), come parrebbe confermare la crescita record nella produzione giornaliera di acciaio grezzo e alluminio. Negli ultimi dieci anni, spingere sulle infrastrutture ha aiutato l’economia cinese a superare momenti d’incertezza, lasciando tuttavia pesanti ipoteche sul futuro. L’elevato indebitamento dei governi locali – diretta conseguenza degli stimoli varati in risposta alla recessione globale del 2008 – rende piuttosto improbabile un ritorno al credito facile, mentre per il momento il sostegno governativo viene dirottato con precisione chirurgica solo nei segmenti più in difficoltà: settore privato e piccole imprese sono – almeno sulla carta – i principali beneficiari delle nuove politiche di sostegno.
Sorpresa anche dalle vendite al dettaglio, aumentate del 9,8% – il ritmo più veloce dal marzo 2018 – con l’automotive a fare la parte del leone grazie alle offerte lanciate dai concessionari per smaltire le giacenze prima del cambio degli standard sulle emissioni. Da quando Pechino ha archiviato i tassi di crescita a due cifre per introdurre un modello di sviluppo sostenibile, rilanciare i consumi interni è diventato il vero mantra dell’amministrazione Xi Jinping, in carica dal 2013.
Secondo il governatore della banca centrale, la Cina ha ancora a disposizione ampio spazio per adeguare le proprie politiche economiche nel caso di prolungate tensioni commerciali con Washington. Tutto lascia intravedere nuove sforbiciate al coefficiente di riserva obbligatorio in tandem con una riduzione dei costi fiscali per la piccola imprenditoria privata. D’altronde, l’approssimarsi delle celebrazioni per il 70esimo compleanno della Repubblica popolare, il prossimo primo ottobre, rende l’anno in corso particolarmente delicato per la leadership comunista che in assenza di elezioni democratiche fonda buona parte del proprio consenso sull’andamento del Pil e un basso tasso di disoccupazione.
di China Files
Mondo
Cina, effetto dazi: crescita aprile-giugno al 6,2%. È il valore più basso dal 1992
I dati del secondo trimestre certificano un tasso di aumento del Pil ai minimi da 27 anni: cominciano a essere evidenti le conseguenze della guerra commerciale con Washington a cui si aggiungono i problemi del sistema finanziario. Le buone notizie per Pechino arrivano dalla produzione industriale e dalle vendite al dettaglio: l'obiettivo del governo è rilanciare i consumi interni
La Cina rallenta ai minimi da 27 anni. Secondo le statistiche ufficiali rilasciate lunedì, nel secondo trimestre, l’economia cinese è cresciuta del 6,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. È il valore più basso dal 1992, sebbene all’interno del range fissato dalle autorità per il 2019 (6-6,5%). Le cause? Stando agli esperti un mix di fattori ha contribuito a frenare la crescita cinese, dopo un inizio anno più incoraggiante del previsto. In primis, la guerra commerciale con Washington, che oltre ad aver creato un clima sfavorevole per nuovi investimenti esteri ha vistosamente compromesso la performance di import ed export. La tregua raggiunta lo scorso dicembre a margine del G20 di Buenos Aires ha di fatto posticipato le temute ricadute economiche a tre mesi dalla controffensiva tariffaria cinese. Con il risultato che l’economia nazionale ha continuato ad espandersi a un passo del 6,4% nei primi tre mesi dell’anno. Fino a quando il fallimento dei negoziati commerciali nel mese di maggio non ha indotto Donald Trump ha rincarare i dazi su 200 miliardi di dollari di merci cinesi.
Secondo quanto annunciato venerdì dalle autorità doganali, nel mese di giugno le esportazioni cinesi sono calate dell’1,3%, meno dell’atteso 2% ma più dell’1,1% del mese precedente. Contestualmente, le importazioni hanno riportato una contrazione su base annua del 7,3%, ben più del 4,5% pronosticato dagli analisti. Male quindi anche il manifatturiero, da maggio nuovamente in terreno negativo a causa di un calo degli ordini.
Commentando i dati, il portavoce dell’istituto nazionale di statistica Mao Shengyong, ha ricordato come “le condizioni economiche sono ancora avverse sia in patria che all’estero, la crescita economica globale sta rallentando, l’instabilità e le incertezze esterne sono in aumento, lo squilibrio e lo sviluppo inadeguato a livello nazionale sono ancora acuti e l’economia è nuovamente sotto pressione”. La performance sottotono dell’Europa e di altri paesi asiatici concorre a indebolire la domanda globale. A ciò si aggiungono i problemi endemici del sistema finanziario cinese, riportati a galla dal caso della Baoshang Bank, piccolo istituto di credito della Mongolia Interna rilevata dal governo lo scorso dopo essere stato definito un “grave rischio” per l’intero mercato interbancario a causa del credito in sofferenza ben superiore a quanto dichiarato.
Fino a qui, tutto sembra suggerire tempi foschi all’orizzonte. Ma, come già dimostrato in passato, la resilienza dell’economia cinese è in grado di smentire anche le proiezioni più catastrofiche. Una boccata d’aria arriva infatti dalla produzione industriale, cresciuta a giugno del 6,3% rispetto all’anno precedente, dopo aver toccato i minimi da 17 anni il mese precedente. Complice l’incremento degli investimenti nei fixed assets (5,8%), come parrebbe confermare la crescita record nella produzione giornaliera di acciaio grezzo e alluminio. Negli ultimi dieci anni, spingere sulle infrastrutture ha aiutato l’economia cinese a superare momenti d’incertezza, lasciando tuttavia pesanti ipoteche sul futuro. L’elevato indebitamento dei governi locali – diretta conseguenza degli stimoli varati in risposta alla recessione globale del 2008 – rende piuttosto improbabile un ritorno al credito facile, mentre per il momento il sostegno governativo viene dirottato con precisione chirurgica solo nei segmenti più in difficoltà: settore privato e piccole imprese sono – almeno sulla carta – i principali beneficiari delle nuove politiche di sostegno.
Sorpresa anche dalle vendite al dettaglio, aumentate del 9,8% – il ritmo più veloce dal marzo 2018 – con l’automotive a fare la parte del leone grazie alle offerte lanciate dai concessionari per smaltire le giacenze prima del cambio degli standard sulle emissioni. Da quando Pechino ha archiviato i tassi di crescita a due cifre per introdurre un modello di sviluppo sostenibile, rilanciare i consumi interni è diventato il vero mantra dell’amministrazione Xi Jinping, in carica dal 2013.
Secondo il governatore della banca centrale, la Cina ha ancora a disposizione ampio spazio per adeguare le proprie politiche economiche nel caso di prolungate tensioni commerciali con Washington. Tutto lascia intravedere nuove sforbiciate al coefficiente di riserva obbligatorio in tandem con una riduzione dei costi fiscali per la piccola imprenditoria privata. D’altronde, l’approssimarsi delle celebrazioni per il 70esimo compleanno della Repubblica popolare, il prossimo primo ottobre, rende l’anno in corso particolarmente delicato per la leadership comunista che in assenza di elezioni democratiche fonda buona parte del proprio consenso sull’andamento del Pil e un basso tasso di disoccupazione.
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Sankt Moritz, 13 mar. -(Adnkronos) - La prima tappa della Coppa delle Alpi by 1000 Miglia 2025, partita da Brescia alle 9:00 di stamattina, è in conclusione. La classifica aggiornata alla Prova di Media sul Passo Eira vede Francesco e Giuseppe di Petra in testa a bordo della loro Fiat 508C del 1938, seguiti da Belotti-Plebani sulla Bugatti T 37 A del 1927 e da un’altra 508C ma del 1937, quella di Aliverti-Polini. Conclusa la sosta per il pranzo a Tirano, gli equipaggi hanno iniziato a risalire la Valtellina toccando prima Grosio, con la vista del Castello Vecchio di San Faustino sullo sfondo, e poi Bormio, che ha ospitato un controllo timbro in pieno centro storico. Una volta lasciata alle spalle la cittadina, hanno iniziato a profilarsi i primi scorci imbiancati. Ben presto, gli equipaggi si sono visti immersi in un panorama completamente innevato, reso ancor più bello dalla luce del sole del pomeriggio.
Sul Passo Eira, ad un’altitudine di 2000 metri, si è tenuta la prima Prova di Media della manifestazione, dopodiché il convoglio è giunto a Livigno, che ha accolto i piloti per un coffee break nella Piazza del Comune. Il benvenuto del centro cittadino è stato caloroso, con una folla entusiasta che si è riunita nei pressi dell’arco all’arrivo nella cittadina, partner della Coppa delle Alpi 2025. Costeggiando il lago di Livigno, ghiacciato dalle rigide temperature invernali, gli equipaggi sono entrati in Svizzera passando dal tunnel Munt la Schera. Le vetture sono infine giunte a St. Moritz, primo traguardo di tappa della Coppa delle Alpi 2025.
Lasciandosi alle spalle la Torre Pendente di San Maurizio, hanno effettuato le ultime prove di giornata e, dopo aver costeggiato il lago di St. Moritz, sono finalmente giunte al Controllo Orario finale nella centralissima via Serlas sotto una consistente nevicata.
Verona, 13 mar. - (Adnkronos) - "Abbiamo voluto e portato all’interno di una manifestazione fieristica un progetto di natura sociale, per la prima volta in assoluto, in quanto non era mai accaduto che si dedicasse un intero padiglione alla fiera del sociale. Lo abbiamo fatto per la prima volta in occasione del primo evento di LetExpo, e ora siamo alla quarta edizione. Siamo partiti con tre organizzazioni tra fondazioni e associazioni: Fondazione Grimaldi, la Comunità Lautari e l’ospedale pediatrico Santobono Pausilipon, con la sua Fondazione. Oggi sono più di 50 organizzazioni, c’è stata una crescita esponenziale. Sono felice di aver condiviso tutte queste annate con il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, che ha condiviso con noi questi momenti”. Lo ha detto Eugenio Grimaldi, executive manager del Gruppo Grimaldi e presidente di Alis per il Sociale alla quarta edizione di LetExpo, la fiera di riferimento per i trasporti, la logistica, i servizi alle imprese e la sostenibilità, in programma a Verona fino al 14 marzo. La fiera è promossa da Alis in collaborazione con Veronafiere, LetExpo rappresenta l’evento nazionale e internazionale di riferimento della filiera, con un focus sulle attuali dinamiche geopolitiche e sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale.
“Il ministro Locatelli ha ascoltato le istanze di queste fondazioni e organizzazioni, ci ha invitato a Palazzo Chigi, dove abbiamo avuto modo di parlare delle loro criticità e ascoltandole credo che nei nuovi decreti abbiano potuto portare e sollevare delle linee guida presenti oggi in questi nuovi decreti. Quindi, rappresenta un risultato tangibile che ci dà grande soddisfazione - afferma Grimaldi - Ho avuto la percezione anche di una crescita per i prossimi anni e questo dà sicuramente grande soddisfazione e ancora più voglia di lavorare”.
“E’ stato un momento di grande soddisfazione aver avuto momenti di condivisione con i gruppi del ministero della Difesa, come l’esercizio, che hanno partecipato in senso attivo non solo nel padiglione, dove c'è l'organizzazione del Ministero della Difesa, ma si sono avvicinati al padiglione 1, dedicato al sociale - spiega - Già abbiamo condiviso che l'anno prossimo avremo una partecipazione anche all’interno dell’organizzazione da parte loro. Abbiamo avuto anche l'Aeronautica militare, che con la Fanfara ha aperto il padiglione nella giornata inaugurale”. “Voglio ringraziare tutte le imprese, che rappresentano il senso di questo evento e le aziende che hanno già portato a termine alcuni progetti con la Comunità Lautari e con la Fondazione Grimaldi, ma soprattutto che hanno portato a compimento già con la Fondazione Santobono. C'è un senso pratico e tangibile del lavoro espresso in questo padiglione e in questa fiera, che porta sicuramente dei risultati nel terzo settore, dove ci sono i più fragili”, conclude Grimaldi.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Cresce la consapevolezza degli italiani verso la sostenibilità alimentare. A testimoniarlo è la recente indagine 'Le scelte alimentari degli italiani tra sostenibilità e consumo: percezioni e preferenze verso i prodotti certificati' commissionata a Consumerismo No Profit da Findus e presentata oggi durante un incontro svoltosi presso l’Acquario Civico di Milano.
Secondo il sondaggio, quasi 7 consumatori su 10 (il 68% degli intervistati) considera la sostenibilità un fattore importante, con quasi il 20% che la ritiene un driver fondamentale nella scelta dei prodotti alimentari da acquistare. Inoltre, l’indagine evidenzia come le abitudini d’acquisto stiano cambiando: rispetto a 10 anni fa, il 66% degli intervistati dichiara di aver aumentato la propria attenzione nei confronti di prodotti certificati sostenibili e 2 italiani su 10 li cercano attivamente al supermercato. Quasi la metà degli intervistati (46%) dichiara di leggere spesso le etichette per verificare la provenienza e la filiera dei prodotti alimentari, il 26% lo fa sempre.
Per quanto riguarda i prodotti certificati sostenibili, 1 italiano su 10 (12%) li sceglie sempre, mentre il 71% li acquista occasionalmente, approfittando di offerte e promozioni, dimostrando una predisposizione selettiva che spesso dipende dal prezzo. Quando si tratta di prodotti ittici, la qualità e la freschezza rimangono il principale fattore di scelta per il 64% degli intervistati, seguiti dalla provenienza del pesce (59%) e dal prezzo (51%). Ma è da segnalare anche che 1 consumatore su 4 (26%) indica le certificazioni di sostenibilità come un criterio determinante nella scelta dei prodotti ittici, un dato che suggerisce come le certificazioni stiano entrando tra i criteri di scelta, seppure ci sia da continuare a lavorare.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Cresce la consapevolezza degli italiani verso la sostenibilità alimentare. A testimoniarlo è la recente indagine 'Le scelte alimentari degli italiani tra sostenibilità e consumo: percezioni e preferenze verso i prodotti certificati' commissionata a Consumerismo No Profit da Findus e presentata oggi durante un incontro svoltosi presso l’Acquario Civico di Milano.
Secondo il sondaggio, quasi 7 consumatori su 10 (il 68% degli intervistati) considera la sostenibilità un fattore importante, con quasi il 20% che la ritiene un driver fondamentale nella scelta dei prodotti alimentari da acquistare. Inoltre, l’indagine evidenzia come le abitudini d’acquisto stiano cambiando: rispetto a 10 anni fa, il 66% degli intervistati dichiara di aver aumentato la propria attenzione nei confronti di prodotti certificati sostenibili e 2 italiani su 10 li cercano attivamente al supermercato. Quasi la metà degli intervistati (46%) dichiara di leggere spesso le etichette per verificare la provenienza e la filiera dei prodotti alimentari, il 26% lo fa sempre.
Per quanto riguarda i prodotti certificati sostenibili, 1 italiano su 10 (12%) li sceglie sempre, mentre il 71% li acquista occasionalmente, approfittando di offerte e promozioni, dimostrando una predisposizione selettiva che spesso dipende dal prezzo. Quando si tratta di prodotti ittici, la qualità e la freschezza rimangono il principale fattore di scelta per il 64% degli intervistati, seguiti dalla provenienza del pesce (59%) e dal prezzo (51%). Ma è da segnalare anche che 1 consumatore su 4 (26%) indica le certificazioni di sostenibilità come un criterio determinante nella scelta dei prodotti ittici, un dato che suggerisce come le certificazioni stiano entrando tra i criteri di scelta, seppure ci sia da continuare a lavorare.
Roma, 13 mar. - (Adnkronos) - Il Gruppo Webuild ha chiuso il 2024 con risultati record, superando gli impegnativi obiettivi previsti per l’anno grazie a una crescita a doppia cifra, con ricavi pari a 12 miliardi (+20% sul 2023) mentre l'Ebitda ammonta a 967 milioni (+18%, rispetto a una guidance fissata sopra i 900 milioni), corrispondente a un margine del’8,1%. Il gruppo sottolinea come la struttura finanziaria si è rafforzata ulteriormente mantenendo per il quarto anno consecutivo una posizione di cassa netta, che si attesta a 1.445 milioni nel 2024 (ben superiore agli oltre 400 milioni fissati nella guidance) mentre la leva finanziaria si è ridotta a 2,9x, attestandosi ad un livello migliore rispetto ai principali player internazionali di settore.
La crescita - si sottolinea - è trainata dallo sviluppo delle attività in Italia (Alta Velocità/Alta Capacità ferroviaria MilanoGenova e Verona-Padova, Alta Velocità ferroviaria Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina), in Australia (Snowy Hydro 2.0, SSTOM Sydney Metro, Perdaman e North East Link di Melbourne) e in Arabia Saudita (Trojena Dams e Connector South).
Il Gruppo ha continuato a consolidare la propria leadership in Italia e nei principali mercati internazionali, tra cui Europa, Australia, Stati Uniti e Medio Oriente, che nel 2024 hanno contribuito per oltre il 90% ai ricavi, a conferma del proseguimento dell’impegno nella politica di de-risking.
A fine 2024 il portafoglio ordini totale di Weibuld risultava pari a 63,2 miliardi di euro, di cui 54,3 miliardi relativi a construction e 8,9 miliardi riferiti a concessions e operation & maintenance. Il backlog construction - si sottolinea in una nota - "si conferma tra i più alti rispetto ai principali peers europei nel segmento construction". Peraltro, ricorda Webuild, circa il 90% del backlog construction del Gruppo è relativo a progetti legati all’avanzamento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite. In termini di geografie il portafoglio ordini risulta prevalentemente distribuito tra Italia, paesi dell’Europa Centrale e del Nord, Stati Uniti, Medio Oriente ed Australia - principalmente in segmenti legati alla mobilità sostenibile quali l’alta velocità, il settore ferroviario e il settore stradale - portando i progetti in queste geografie a quasi il 90% del backlog construction.
Alla luce dei risultati record raggiunti nel 2024, ma anche "del consolidato posizionamento in un mercato in forte espansione e della robusta piattaforma costruita nel tempo", Webuild ha rivisto al rialzo i target 2025, definiti nel piano "Roadmap al 2025 – The Future is Now", che già prevedevano obiettivi ambiziosi. La nuova guidance prevede per il 2025 ricavi superiori a 12,5 miliardi (il target precedente era di 10,5-11 miliardi), un Ebitda maggiore di 1,1 miliardi, rispetto ad un precedente target di €990-1.050 milioni, e una solida cassa netta superiore a 700 milioni, rispetto all’indicazione di una cassa netta positiva.
Webuild ha chiuso il 2024 con un utile netto attribuibile ai Soci della Controllante adjusted di 247 milioni di euro contro i 236 milioni del 2023.Il risultato prima delle imposte adjusted si attesta a 434 milioni con un aumento del 10% rispetto all’esercizio precedente mentre le Imposte sul reddito adjusted ammontano a 181 milioni. La Posizione finanziaria netta delle attività continuative al 31 dicembre 2024 era positiva per 1.445 (€1.431 milioni al 31 dicembre 2023), registrando un risultato superiore alle attese. Questo risultato - si sottolinea in una nota - "conferma l’efficacia delle strategie adottate per ottimizzare la gestione del capitale circolante e riflette i successi commerciali conseguiti dal Gruppo anche nel 2024, assumendo ancora maggiore rilevanza alla luce degli investimenti in dotazioni tecniche e beni in leasing (970 milioni) per l’avvio dei grandi progetti in corso".
A fine esercizio l’indebitamento lordo, al netto dell’effetto temporaneo di incremento del debito legato all’operazione di liability management di ottobre 2024, si attesta a 2,765 miliardi (2,609 miliardi nel 2023), con un rapporto Indebitamento lordo/EBITDA di 2,9x, in riduzione rispetto al dato di 3,2x al 31 dicembre 2023. Alla luce dei risultati nell'assemblea che sarà convocata per il 16 aprile sarà proposto un dividendo di 0,081 euro per azione ordinaria (+14%) e di 0,26 euro per ciascuna azione di risparmio.
Napoli, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - In una Campania in crescita, ma ancora segnata dal fenomeno della fuga di talenti, il legame tra formazione universitaria e sviluppo economico diventa cruciale. Se ne è discusso presso la Sala D’Amato dell’Unione Industriale Napoli, durante l’evento 'Muoversi nelle professioni e sul territorio', promosso dalla Luiss e dedicato alle lauree magistrali dell’Ateneo.
“La Luiss lavora in prima linea per costruire corsi di laurea magistrale strettamente legati alle necessità del mercato del lavoro. Pur avendo sede a Roma, dedichiamo particolare attenzione alla Campania, seconda regione di provenienza dei nostri studenti e territorio ricco di opportunità nei settori chiave come turismo, agroalimentare e aerospazio. Il nostro obiettivo è collaborare con le imprese campane affinché i nostri studenti possano realizzarsi professionalmente all’interno di esse, raggiungendo posizioni apicali”, ha spiegato Enzo Peruffo, Dean della Graduate School Luiss e responsabile dello sviluppo dei percorsi magistrali dell’Ateneo.
Durante l’incontro sono state illustrate anche le caratteristiche dell’offerta formativa Luiss: “E' importante farsi guidare dalle proprie passioni e dai propri interessi, ma anche essere pronti a sviluppare nuove competenze trasversali, saper dialogare con l’intelligenza artificiale con solide competenze verticali e lavorare sulle life skills, le cosiddette competenze della vita. Solo così si potranno affrontare le trasformazioni attuali e future. Per noi è fondamentale interagire con tutte le realtà del territorio, da cui traiamo spunto per disegnare un’offerta formativa sempre più aderente alle esigenze del mercato del lavoro. Il nostro obiettivo è formare studenti altamente preparati, motivati e appassionati, in grado non solo di entrare nel mondo del lavoro, ma di costruire percorsi di carriera soddisfacenti e di successo”.
Roma, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - Si è conclusa oggi la terza edizione del Welfare day evento di riferimento per il mondo del welfare aziendale, organizzato da Comunicazione Italiana in collaborazione con Pluxee Italia, player globale leader nei benefit aziendali e nell’employee engagement. La giornata, ospitata presso Palazzo dell’Informazione in Roma e trasmessa in diretta su www.comunicazioneitaliana.tv, ha offerto spunti concreti su come le imprese possano integrare il welfare nelle proprie strategie, favorendo sostenibilità, engagement dei dipendenti e innovazione.
L'evento si è aperto con il Keynote Speech di Pluxee Italia, in cui Anna Maria Mazzini e Tommaso Palermo - rispettivamente Chief Growth Officer e Managing Director di Pluxee Italia - hanno evidenziato come il welfare aziendale stia evolvendo in una strategia collettiva, guidata dalla digitalizzazione e dalla crescente personalizzazione dei servizi. Attraverso dati e case study, è emerso come la tecnologia stia rivoluzionando la gestione del benessere dei dipendenti, rendendolo più accessibile ed efficace. Durante l’evento Pluxee ha presentato anche la nuova piattaforma welfare: un’innovazione che amplia l’offerta dei servizi offerti, basata su flessibilità, accessibilità e ampiezza del network.
Nel corso delle tre sessioni talk show, con la partecipazione di Chro, welfare manager e altre figure hr chiave di aziende del Paese, sono stati affrontati alcuni dei temi più rilevanti per il futuro del welfare. Nel primo, 'Welfare strategico: l’alleanza tra hr e business e la creazione di valore sostenibile', con la conduzione di Esther Intile di Enel Group, è stato approfondito il legame tra il welfare aziendale e la sostenibilità delle imprese. Tra i punti emersi, la necessità di un approccio integrato tra hr e business per massimizzare l’impatto positivo del welfare sulla produttività e sulla retention dei talenti.
Nel secondo panel, “Il ruolo dei benefit aziendali all'interno della strategia di welfare”, si è discusso di come i benefit siano passati da strumenti standardizzati a soluzioni sempre più personalizzate, grazie all’ascolto attivo delle esigenze dei dipendenti e all’uso di piattaforme digitali. Relatori e relatrici hanno sottolineato l'importanza di costruire un ecosistema aziendale basato sulla flessibilità e sull’inclusione, ma hanno anche posto l’accento su una criticità diffusa: troppi dipendenti non conoscono o non sfruttano i benefit a loro disposizione. Servono quindi strategie di comunicazione più efficaci per favorire un reale engagement.
Il terzo e ultimo talk show, “La centralità del welfare nelle strategie di attraction e retention”, ha posto l’attenzione sulla crescente importanza del welfare come strumento di attrazione e fidelizzazione dei talenti. Tra le best practice emerse, il rafforzamento di benefit legati alla salute, al sostegno alla genitorialità e al benessere psicologico, aspetti ormai fondamentali per le nuove generazioni di lavoratori.
La sfida è coniugare ascolto e personalizzazione, superando l’approccio one-size-fits-all e costruendo soluzioni di welfare sempre più dinamiche, scalabili e in linea con le nuove esigenze del mondo del lavoro. Un welfare aziendale davvero efficace non solo migliora il benessere di lavoratori e lavoratrici, ma genera un impatto positivo sull'intera organizzazione, contribuendo alla sostenibilità e alla crescita nel lungo periodo. Durante l’evento hanno condiviso la loro esperienza le seguenti aziende: Altergon Italia, Atac, Eidosmedia, Fater, Fedegroup, Fendi, Hewlett Packard Enterprise, Philip Morris International, Procter & Gamble, Rheinmetall Italia, Ria Money Transfer e Tim. L’evento potrà a breve essere riascoltato su www.comunicazione.tv. L’appuntamento con il Welfare day si rinnova per il 2026, con l’obiettivo di continuare a tracciare il futuro del welfare aziendale in Italia.