Ambiente & Veleni

Orso M49, la sua leggenda ci svela una classe politica di incompetenti allo sbaraglio

La leggenda di M49 è come se l’avesse già raccontata ai noi tutti bambini, anni fa, Roberto Piumini, nella sua poesia dedicata a Il gran orso bruno, incombente e misterioso, visibile e invisibile, o anche solo sognato: “Ho visto non visto/nascosto nel fresco/nel folto del bosco/sbruffone malbrusco…”.

La sua stessa leggenda ormai sovrasta M49: nelle poche immagini disponibili è facile leggergli la fierezza sul volto quando ha una preda ai piedi, la faccia da duro quando viene intrappolato fotograficamente prima della cattura, e infine oggi un’aria sospettosa e affranta mentre fugge, fugge chissà dove per boschi, inseguito da mute di cani e guardie.

Oltretutto il coprotagonista minore della vicenda è il nuovo leader leghista del Trentino Maurizio Fugatti, con quel cognome evocativo, e non solo perché riporta a uno che è stato tra i felini – con quella consonante che lo allontana anni luce dal grande mitico ferino, ma con quell’incipit evasivo perfetto per i titolisti: il manifesto oggi dedica una pagina intera a M49, ospita anche l’intervento di un dirigente del Wwf introdotto dalla battuta: “un orso in fuga da Fugatti”. Con quel tanto di Cuore che lo lega alla ferocia, su Il Fatto Quotidiano Alessandro Robecchi incita il plantigrado alla vittoriosa fuga, alludendo persino al significato esoterico del nome M49, 49 come i milioni di euro di finanziamento pubblico che sono volati via dalle parti della Lega.

A vedere da quel che impazza anche sui social media (con hashtag da #Fugaperlalibertà a #Salvinisalvalorso), si sta rivelando un boomerang politico per i leghisti l’intera questione di M49, oltretutto a caldo di ben altre ombre di orsi e milioni dalla cortina che fu oltre l’Occidente. Ha messo un altro piccolo carico ieri anche il principale irresponsabile della questione, ossia lo stesso Fugatti, ribadendo subito che aveva “ovviamente informato il ministro dell’Interno”, della cattura e della rocambolesca fuga impossibile del criminale peloso da un centro di detenzione super protetto, elettrificato e peraltro nemmeno sovraffollato, dove M49 avrebbe trovato solo un’altra bella orsa reclusa (ma, forse, a tre anni, è ancora troppo piccolo, o forse è solo così ribelle, da non curarsi nemmeno del “gentil sesso”).

La questione, posto che si possa prendere sul serio, è davvero grottesca: sono state spese energie e quattrini dei contribuenti per ripopolare l’orso nel parco dell’Adamello-Brenta, con una fondamentale scelta di riqualificazione del territorio che tutti gli esperti di marketing turistico consigliavano. Nella Val Rendena, tra Pinzolo e Madonna di Campiglio, storicamente sul finire dell’Ottocento era stata perpetrata forse la più grande strage di orsi a fini economici che sia mai stata fatta in Europa; tra l’altro i cacciatori più feroci erano anche quelli che portavano in giro i primi signori inglesi che vennero a scalare le montagne del Brenta. Se ci sarà mai una Norimberga per i crimini ambientali dell’alpinismo, anche le crudeltà nei confronti dei nostri poveri orsi farebbero parte dei capi d’accusa principali, come le montagne di merda e di rifiuti sull’Everest.

Ora uno sparuto numero di plantigradi ha trovato di nuovo posto in questo habitat dove una volta la facevano da padroni, e questo ha creato “naturalmente” (avverbio che forse non fa più parte dell’abc del nostro tempo) qualche problema di convivenza con gli animali da allevamento, e soprattutto con le persone che li curano, per non dire di qualche maleducato che va in giro per i parchi col cane lasciato libero di curiosare ovunque.

Niente di grave, esistono fondi apposta per risarcire gli agricoltori che subiscono danni e per aiutare i pastori a proteggere mucche, asini, greggi di pecore o capre, e ovviamente le golosissime arnie di api, con recinti apposta intorno ai quali l’orso non si avvicina. In Slovenia convivono con 300-400 orsi, che problema saranno mai una decina in giro per mezzo Trentino?

E’ chiaro che l’orso ha un valore simbolico sui generis, e anche se M49 non sarà mai Moby Dick, è comunque una sorta di Spartaco di tutte le razze selvatiche – pensiamo anche solo ai lupi – che stanno faticosamente ripopolando le nostre montagne e sono sgradite a molti. Per non dire del significato metaforico politico che la vicenda rischia di prendere ogni giorno di più, svelando una classe politica di incompetenti allo sbaraglio, tutti presi istericamente a spararsi addosso l’un l’altro a chi è più “sbruffone e malbrusco”, proprio come l’orso visto-e-non-visto della poesia di Piumini. Grazie, M49, grazie d’esistere.