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Ivan Zazzaroni, quando prese sotto braccio Mihajlovic e lo portò a prendersi la sua prima panchina

Trasuda Bologna da tutto, Ivan Zazzaroni, con quella parlata veloce che sa di tortellino e la zazzera bianca che fa imprenditore e Don Giovanni. Eppure in quella Bologna, il giornalista italiano più insultato di queste ore è nato solo per una questione burocratica. “Mio padre aveva 18 anni e non voleva fare il militare. Così decise di fare un figlio con mia madre, che ne aveva 17”

di Francesco Oggiano

Per dire quanto siano legati, undici anni fa andò così: Ivan Zazzaroni prese sottobraccio Sinisa Mihajlovic, lo accompagnò personalmente nella sede milanese del Bologna calcio e lo presentò all’allora presidente, che era in cerca di un nuovo allenatore. “In trent’anni di calcio, Sinisa è la persona migliore che abbia incontrato”. Dopo qualche ora passata ad annusarsi, Sinisa se ne uscì con la prima panchina della sua vita. Zazzaroni, che aveva preferito congedarsi prima (“Sono un giornalista, mica un procuratore”) se ne uscì con un’amicizia ancora più stretta e un narcisismo ancora più solleticato: “Amo da sempre il Bologna e la mia città, nel mio piccolo ho cercato di dare una mano”.

Trasuda Bologna da tutto, Ivan Zazzaroni, con quella parlata veloce che sa di tortellino e la zazzera bianca che fa imprenditore e Don Giovanni. Eppure in quella Bologna, il giornalista italiano più insultato di queste ore è nato solo per una questione burocratica. “Mio padre aveva 18 anni e non voleva fare il militare. Così decise di fare un figlio con mia madre, che ne aveva 17”. Il nome, invece, è questione cinematografica: “Quando mamma era incinta, papà andò a vedere un film che gli piacque parecchio: Ivan il terribile”. In quella Emilia bonaria e accogliente, il piccolo Ivan gioca a calcio, accompagnato in campo dal nonno materno, la figura a cui sarà più affezionato da bambino e la cui morte sarà uno dei “momenti più brutti” della sua vita (avvenuta proprio per una leucemia).

Ma il ragazzo più che con i piedi è bravo con le mani a scrivere e con la bocca a parlare. I democristiani di Bologna gli chiedono persino di candidarsi con loro: “Alle comunali presi 33 voti nel mio quartiere. Partecipai un paio di riunioni politiche ma mi feci due palle… capii che non era per me”. Vuole scrivere, il giovane Zazzaroni, girare il mondo. Visto che nel giornalismo non trova occupazione stabile o decentemente pagata, si arruola come stewart nei voli di lungo raggio in una compagnia aerea. Ma poco prima di andarsene a Roma e salutare definitivamente il giornalismo, l’amico “Peppino”, allora collaboratore sportivo della Gazzetta di Bologna, lo presenta ai giornalisti della Rosa. L’inizio di tutto. Nel giro di pochi anni, gira tutti i quotidiani e settimanali sportivi che contano, stabilendosi a Roma dove lavora prima come caporedattore e poi come direttore del Corriere dello Sport.

L’uomo però scalpita. Sa, o almeno pensa, di essere un personaggio tagliato anche per la televisione, grazie a quell’aspetto e capelli difficilmente dimenticabili e quella parlata veloce pronta a incunearsi in ogni dibattito. Quando Simona Ventura gli chiede di partecipare a Quelli che il calcio, accetta subito. La svolta pop, quella che ne farà un personaggio nazionale, arriva con Ballando con le stelle. “Nel 2006 mi chiama Bibi Ballandi. Mi chiede di partecipare come ballerino. Dice che all’estero vanno molto i giornalisti, perché sono la figura considerata più distante dal ballo. Rifiuto, ma accetto di partecipare come giurato”. Ci prende gusto: l’anno dopo perde 10 chili e partecipa anche come ballerino, vestito da torero al fianco di Natalia Titova. Il corto circuito, nel Paese in cui i giornalisti sportivi sono considerati tutto sommato come freddi snocciolatori di numeri, è perfetto. “Sono un uomo contraddittorio”, ammette lui. “Dico una cosa e ne faccio un’altra”.

È ottimo per le polemiche, l’uomo contraddittorio. Come quando si rifiuta di dare un voto alla coppia Giovanni Ciacci-Raimondo Todaro perché non riesce a vedere “la chimica” tra i due. O quando bacchetta Suor Cristina, colpevole di aver disertato il programma per impegni liturgici. In entrambi i casi, titoli ovunque per due giorni, ascolti alle stelle per Ballando, produttori Rai gongolanti. Il giudice Zazzeroni funziona. È capace da solo di costruire dal nulla e sul nulla polemiche appassionanti e tutto sommato inoffensive che vivono e si spengono da sole: l’ideale per la rassicurante Rai.

L’indignazione dei like dura al massimo 48 ore”, ha detto una volta. “Le persone trova un bersaglio, un tema alto, e sparano tutti insieme, senza neanche ascoltare. Poi, dopo 48 ore, si scelgono un altro bersaglio”. Oggi che è lui il bersaglio, Zazzaroni fa le valigie. Parte per due settimane di vacanze, già programmate da tempo, assieme alla sua compagna Monica Gasparini (giornalista sportiva di Mediaset). Vuole staccare dalle accuse di aver tradito un amico, da tutti quelli che ne chiedono le dimissioni (con l’hashtag #Zazzaroniout) e persino dai social, da cui si è tolto ufficialmente domenica mattina. Prima di andarsene, ha scritto un editoriale in parte di giustificazione e in parte di scuse. Ha detto che no, non ha tradito nessuna confidenza fattagli da Sinisa (“Che peraltro non sentivo da un mese”) che ha fatto “il giornalista e non l’amico”. Ma che in fondo, tornando indietro, non lo rifarebbe: “Dopo aver ascoltato le sue parole e aver visto il suo volto, ho capito che avrei dovuto fare l’amico come nei vent’anni precedenti, non il giornalista”. Quasi mai sono la stessa cosa.

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