Il viceministro leghista dell’Economia era accusato di turbativa d’asta, in qualità di ex assessore lombardo all’Economia, per una gara da 11 milioni di euro del 2014 per il servizio di trasporto di persone dializzate. Per il politico del Carroccio il pm aveva chiesto una condanna a 2 anni.
Assolto per non aver commesso il fatto. Il viceministro leghista dell’Economia Massimo Garavaglia era accusato di turbativa d’asta, in qualità di ex assessore lombardo all’Economia, per una gara da 11 milioni di euro del 2014 per il servizio di trasporto di persone dializzate. Per il politico del Carroccio il pm aveva chiesto una condanna a 2 anni. Con lui tra gli imputati figura anche l’ex vicepresidente della Regione Lombardia Mario Mantovani, accusato di concussione, corruzione e turbativa d’asta e per il quale il pm avevachiesto 7 anni anni e 6 mesi. Per Mantovani, invece, è arrivata una sentenza di condanna a 5 anni e sei mesi. I giudici della IV sezione del Tribunale di Milano hanno deciso la confisca di 333mila euro. L’inchiesta, nel 2015, fu fortemente criticata dall’allora segretario leghista, Matteo Salvini. Che solo ieri, ribadendo la sua fiducia, aveva detto rischia “le dimissioni per un processo basato su aria fritta”. La sentenza ha scatenato una polemica tra Carroccio e M5s.
Dodici imputati, pm aveva chiesto 2 anni
Nel processo milanese, davanti al collegio presieduto da Giulia Turri, gli imputati in totale sono 12. Nella requisitoria il pm aveva sostenuto che l’ex assessore lombardo leghista e ora viceministro, assieme all’ex assessore regionale alla Sanità ed ex vicepresidente della Regione Mantovani, avrebbe dato “specifiche disposizioni” e “l’input iniziale” per “vanificare gli esiti del bando” di una gara da 11 milioni di euro, indetta nel 2014 “in forma aggregata” da tre Asl, per il servizio di trasporto di persone dializzate. L’input del “comportamento illecito di Giorgio Scivoletto“, ex dg della Asl Milano 1 (imputato, per lui sono stati chiesti due anni), che si attivò per “boicottare” la gara a cui non aveva potuto partecipare la Croce Azzurra Ticina Onlus, “risale – aveva detto il pm – alla telefonata tra i due assessori” del 1 marzo 2014, “senza quell’input niente sarebbe avvenuto”. Nell’imputazione di turbativa d’asta, infatti, concorre, tra gli altri, anche Giovanni Tomasini (per lui erano stati chiesti 2 anni), presidente della Croce Azzurra Ticina Onlus, associazione che, come aveva sostenuto l’accusa, aveva deciso di non presentare offerte per aggiudicarsi quella gara perché “le tariffe per i servizi erano troppo basse“. Furono altre associazioni di volontariato, dunque, ad aggiudicarsi la gara ma, secondo l’accusa, l’esito del bando venne boicottato proprio perché Croce Azzurra, che aveva gestito fino a quel momento il servizio di trasporto dializzati, non aveva potuto partecipare alla gara.
Per la difesa del viceministro, sostenuta dagli avvocati Jacopo e Gaja Pensa, Garavaglia segnalò semplicemente la questione della Croce Azzurra i cui volontari si erano personalmente rivolti a lui. presentandosi di sabato a casa sua. Al leghista, che è stato anche sindaco come del resto Mantovani, erano contestati un contatto telefonico, il 1 marzo 2014, in cui diceva all’allora assessore alla Sanità che la gara indetta metteva “fuori gioco la Croce azzurra, siccome i nostri comuni fa tutto la Croce Azzurra” e un sms del 16 marzo in cui il viceministro inoltra al collega un articolo de L’Espresso sull’argomento a cui l’interlocutore risponde: “Sto lavorando, martedì ne parliamo“.
La difesa di Garavaglia: “Processo inutile”
Garavaglia, dal conto suo, si è difeso sia in un interrogatorio con i pm sia durante un esame in aula, chiarendo di non essersi “mai occupato” di quella gara che, nell’ipotesi d’accusa, sarebbe stata alterata. E ha spiegato di non essere mai intervenuto di persona e di aver riportato solo “una doverosa segnalazione” su un problema con una telefonata a Mantovani. È stato un “processo inutile” che “poteva non essere fatto” e i giudici hanno “capito che una telefonata per la segnalazione di un problema non è reato – ha commentato l’avvocato Jacopo Pensa -. Sono felicissimo per lui, i giudici hanno capito che è una persona perbene”. “La verità rende liberi. Sono contento che alla fine tutto sia andato per il meglio. Non è stato un periodo semplice però va bene anche così” afferma Garavaglia, commentando la sua assoluzione. Per gli altri 10 imputati, la corte presieduta da Giulia Turri, ha inflitto condanne che vanno da un massimo di 4 anni e 4 mesi (a Giacomo Di Capua, ex collaboratore di Mantovani) fino a 8 mesi per Giovanni Tomasini.
“Ovviamente siamo pronti a ricorrere in appello per riaffermare, nel processo di secondo grado, una per una le nostre ragioni” Roberto Lassini, il difensore di Mantovani – Ho appena riletto il dispositivo della sentenza emessa oggi al Tribunale di Milano, peraltro molto complesso nella sua articolazione, e posso confermare che Mario Mantovani è stato assolto con formula piena per i reati più gravi, specificatamente i capi 1 e 2 di imputazione, di cui era accusato e per i quali era stato arrestato in maniera preventiva nell’ottobre del 2015. Resta in piedi una ipotesi di corruzione, per noi incomprensibile, su di un solo incarico professionale all’architetto Parotti”. Secondo Lassini, quella di Mantovani è una condanna “sorprendente”. “Mario Mantovani, per le ingiustizie subite in questo lungo periodo è ovviamente provato sotto il profilo umano, dal momento che è fermo nell’assoluta convinzione di essere innocente“.