“Vogliamo un contratto subordinato la cui gestione amministrativa e finanziaria sia a carico del Parlamento, così come avviene nel resto d’Europa e al Parlamento Europeo”. L’Associazione italiana collaboratori parlamentari torna a chiedere una regolazione della professione. In assenza della auspicata soluzione che renda trasparente il rapporto di lavoro tra il collaboratore ed il Parlamentare, l’associazione segnala il rischio di abusi: “In troppi casi – spiegano in una conferenza stampa a Montecitorio – vengono fatti contratti irregolari con partite iva e contratti di collaborazione e con retribuzioni misere”. L’eccezione tutta italiana si chiama “spese per l’esercizio del mandato”, voce che ammonta a circa 3800 euro, di cui solo la metà con l’obbligo di rendicontazione da parte del parlamentare.
“Noi non abbiamo da Camera e Senato il numero esatto dei contratti dei collaboratori parlamentari – afferma al Fatto.it Josè De falco, presidente dell’associazione- ma è la maggioranza di deputati e Senatori a non essere virtuosa, anzi è viziosa. Abbiamo anche casi in questa legislatura, in cui il Parlamentare chiede a fine mese la restituzione di una parte dello stipendio al collaboratore perché così se quel contratto è utile al deputato o senatore per rendicontare le sue spese, quella somma la posso incamerare senza lasciare traccia”. Ma non finisce qui. “Ci sono già state da inizio legislatura una manciata di segnalazioni alla nostra associazione di avance sessuali ricevute dai collaboratori dai propri parlamentari. Situazioni che è difficile denunciare e rivelare perché c’è il timore di perdere il lavoro”