“Frank Calì aveva un socio in affari che ne curava i rapporti in Italia”. Il dato emerge a margine dell’indagine New Connection della Dda di Palermo che ha ricostruito i “rapporti solidi e duraturi” sull’asse Palermo-New York. Secondo gli investigatori l’ultimo avamposto del boss ucciso lo scorso 13 marzo a Staten Island, sarebbe Mario Stancampiano, un export manager palermitano che avrebbe raccontato a Tommaso Inzerillo il motivo per cui Calì era stato ammazzato. Tanto che quando seppe la notizia spedì uno dei suoi sodali a verificare ciò che era accaduto. “Ora mettono di nuovo a noialtri nel mezzo, ora un macello succede”, diceva intercettato dagli investigatori della Squadra Mobile di Palermo che stavano ricostruendo i link tra gli States e gli Inzerillo.
Cosa nostra portò avanti un’indagine tutta sua e Giuseppe Spatola, parente acquisito del boss statunitense, riferì che l’omicidio era scaturito dal parere contrario di Frank Calì alla relazione tra lo stesso Spatola e la nipote, figlia del fratello di Calì. “Si è fatto fottere a locco“, disse Inzerillo che conosce bene gli Stati Uniti, dove si rifugiò quando finì nel mirino dei corleonesi durante la seconda guerra di mafia. Calì era un “underboss” della famiglia Gambino, capeggiata da Joseph Lanni e il gip ne ha sottolineato il “un ruolo propulsivo” negli investimenti della famiglia mafiosa di Passo di Rigano.
Un legame “stretto ed attuale” quello tra Tommaso Inzerillo e Thomas Gambino, figlio di Joseph e “considerato appartenente alla Lcn (La Cosa nostra) americana”. Secondo un rapporto dell’Fbi, Gambino è un soldato della famiglia “è indicato come principale collettore dei proventi illeciti generati dalle gaming machines illegali installate presso vari bar e socialclubs a Brooklyn, dalle quale trae gran parte del suo reddito”. Negli Usa hanno base anche Simone (ancora in libertà negli Stati Uniti, nonostante su di lui sia stato spiccato un mandato di cattura del gip del Tribunale di Palermo) e Calogero Zito che a Philadelphia gestiscono il “Dolce&Caffe” e a Torretta influenzavano l’elezione del sindaco, ieri arrestato con l’accusa di concorso esterno.
“L’altro giorno a Franki, che ci siamo sentiti, gli ho detto: Franki, ho un problemino, che devo comprare un’opera, dice: Sali e gliel’ho fatto capire”, raccontava Spatola. Il riferimento era a un “contributo” per l’apertura di un locale (gestito da una società sequestrata dalla Dda) e per la ristrutturazione di una sala scommesse in via Franz Listz a Palermo. Secondo gli investigatori, sebbene non sia stato possibile documentare la consegna di denaro, Calì avrebbe consegnato almeno 20mila euro “per poter sopperire alle spese derivanti dalla conduzione delle diverse attività commerciali”. Calì era tra i soci di due pizzerie nella grande mela, in società con Salvatore Pietro Inzerillo (nipote di Tommaso e per l’Fbi tra i soldati della famiglia Gambino) e dei suoi fratelli al 50%. “Ci abbiamo perso qualche centomila dollari, nella struttura”, diceva parlando con Giuseppe Spatola, “ma adesso vanno bene”.
Il boss americano si trovò perfino a discutere la spartizione di un terreno nella Repubblica Dominicana intestato agli eredi di un prestanome. Tanto che li agenti della Mobile lo scorso anno filmarono Thomas Gambino a bordo di un gommone nel golfo di Mondello mentre (per conto di Calì) discuteva con Inzerillo che era proprietario di una parte di quell’appezzamento. Il terreno si trova a quarantacinque minuti da Santo Domingo. L’erede dei boss di Passo di Rigano lo aveva acquistato nel 1983, quando faceva l’allevatore di gamberi, cinque anni prima di essere arrestato a Fiumicino. Alla fine si misero d’accordo. “Rosa, abbiamo cinquecento ettari di terreno, ce lo abbiamo: io, Angelo e Frankì, tutti e tre lo abbiamo …a Tamì (Thomas Gambino ndr) gli ho detto: mi accontento del dieci tu e dieci lui… a posto, gli ho detto”.