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Mafia nigeriana, 40 fermi tra Emilia Romagna e Piemonte: trovata una “Bibbia verde” con il codice di regole del clan

Due operazioni della Polizia di Stato hanno colpito il clan che si occupava in particolare di spaccio e prostituzione. Tra i destinatari ci sono anche coloro che ricoprivano un ruolo di primissimo piano all'interno dell'organizzazione criminale. Ogni operazione dei boss aveva un nome in codice. Il piano di riciclaggio di denaro nei Paesi di origine, ad esempio, era indicato come "Mario Monti"

Duro colpo alla mafia nigeriana da anni insediata nel Nord Italia e in particolare in Emilia-Romagna e in Piemonte: due operazioni della Polizia di Stato di Bologna e di Torino hanno colpito l’associazione dei Maphite, acronimo di Maximum Academic Performance Highly Intellectuals Train Executioner, fino ad ora rimasta in una posizione più silente rispetto alle più note Black Axe e Eye. Sono trenta, per ora, i fermi eseguiti, mentre dieci sono ancora in corso. Tra i destinatari non solo i semplici “soldati” ma anche coloro che ricoprivano un ruolo di primissimo piano all’interno dell’organizzazione criminale: si tratta dei boss che decidevano le nuove iniziazioni, gestivano la prostituzione, mantenevano i rapporti di forza con le altre organizzazioni criminali,  gestivano lo spaccio di droga nelle piazze cittadine, in particolare a Bologna, Modena e Parma.

L’operazione è il punto di arrivo di un’indagine avviata nel 2017, grazie anche alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia: sono stati ricostruiti ruoli, gradi, gerarchie e regole di funzionamento all’interno dell’organizzazione criminale. Sono emersi anche frequenti e violenti scontri con altri gruppi nigeriani. Ma a permettere alle procure di Torino e Bologna di colpire l’associazione mafiosa è stato in particolare il ritrovamento di una “bibbia verde“: un vero e proprio codice di regole sui comportamenti che gli affiliati dovevano adottare.

La “green bible” è stata rintracciata dagli agenti in un plico postale proveniente dalla Nigeria e diretto nel centro Italia. Nel testo gli investigatori hanno trovato la struttura del clan Maphite, le regole, le cariche e le investiture, i riti di iniziazione e le punizioni: “Ogni operazione criminale – spiega la polizia municipale di Torino, che ha intercettato il pacco – aveva un nome in codice”. Il piano di riciclaggio di denaro nei Paesi di origine, ad esempio, era indicato come “Mario Monti“.

Dentro alla “bibbia” dell’associazione mafiosa si trovano anche le rigidissime regole di comportamento, puntualmente codificate, molto simili a quelle più conosciute delle organizzazioni mafiose italiane. “Non è una mafia raffinata, non ha la capacità di pervadere settori della società come le organizzazioni criminali tradizionali ma non per questo va sottovalutata”, ha spiegato il procuratore vicario di Torino Paolo Borgna, ricordando che “la procura di Torino è stata la prima procura italiana a contestare il 416bis a gruppo criminale nigeriano”.

Struttura della mafia nigeriana  La mafia nigeriana è suddivisa in fazioni o cult, ognuno indipendentemente strutturato e diversamente denominato, in forte rivalità con gli altri. Maphite si è consolidata negli anni ’90 in Nigeria come confraternita o cult e l’origine embrionale del gruppo risale, già dagli anni ’80, all’ambiente universitario dello Stato del Benin, così come gli analoghi ma contrapposti gruppi Eye, Black Axe e Vikings. Gli scontri, anche fisici e molto violenti, con le contrapposte confraternite per la supremazia territoriale ne hanno determinato la progressiva trasformazione in vere e proprie bande criminali, tanto che le autorità nigeriane ne hanno sancito l’illegittimità.

Storia e struttura del cult Maphite – La confraternita Maphite si è radicata nella società nigeriana richiamando numerosi adepti e strutturandosi, seppur inizialmente in modo rozzo, similarmente al modello della mafia italiana, della quale ha cercato di ricalcare la struttura verticistica. Il risultato è stato il consolidamento nel tempo di una struttura solida e ben radicata in Nigeria, mimetizzata in ambito internazionale sotto il nome di “Green Circuit Association” e diffusa in moltissimi Stati in tutto il mondo. Nel 2012 la G.C.A. Charity Italia è stata rilevata nella città di Bologna: i soci fondatori sono tra gli attuali indagati. L’indagine ha consentito di ricostruire l’intera struttura gerarchica di comando, al cui vertice si trova la figura del Don (capo), che impartisce ordini e direttive al Deputy Don (vice capo). Sotto ci sono il Fire (addetto alla diffusione di ordini e notizie tra gli affiliati), il Main Chief (addetto alla difesa) e il Checker (tesoriere). A eseguire materialmente gli ordini e le direttive impartite c’è un comitato esecutivo, a competenza regionale, denominato C.I.C. (Coordinator in Council), capeggiato da un coordinatore che ha il compito di gestire una serie di altre figure con competenza operativa provinciale, le quali materialmente gestiscono gli affiliati di una determinata città.

La “Green Bible” Il funzionamento dell’organizzazione mafiosa è regolato da rigide regole di comportamento codificate nella “Green Bible”, ritenuta sacra dagli affiliati e detenuta dal capo. Nel testo si trovano le regole d’ingresso di nuovi membri secondo precisi rituali, violente punizioni corporali e mortali in caso di tradimento, mutua assistenza tra i membri dell’associazione in caso di difficoltà con le forze dell’ordine, segretezza dell’associazione, esplicita dichiarazione delle finalità criminali perseguite. La comunità nigeriana si è rivelata perfettamente a conoscenza delle regole che ispiravano l’operato del cult e che impone il costante ricorso alla sopraffazione violenta quale unico metodo di risoluzione dei contrasti eventualmente insorti al proprio interno e all’esterno, obbligando gli affiliati a spalleggiarsi a vicenda in caso di confronto con soggetti terzi. La pericolosità è rafforzata dal mantenere stretti contatti con la madrepatria, che incrementano il senso di soggezione percepito dai concittadini nigeriani, esposti alle ritorsioni dell’associazione non solo in territorio italiano, ma anche nel paese di provenienza.