Il bassista dei Tre Allegri Ragazzi Morti analizza come è cambiato il panorama musicale e il ruolo delle case discografiche. La sua band venerdì 19 luglio si è esibita in occasione del Festival "Apolide", in programma da giovedì fino a domenica 21 luglio nelle valli del Canavese con oltre 50 artisti ospitati su tre palchi
L’eterna disfida tra case discografiche indipendenti e major (le multinazionali) non finisce mai di appassionare, come un bel campionato di calcio. È un confronto che diventa ogni giorno più avvincente poiché ben equilibrato nonostante le squadre in gioco abbiano carature diverse per disponibilità economiche e organico. Capita che un’etichetta indipendente non abbia neanche una struttura societaria vera e propria, che sia il frutto dell’impegno di un singolo fanatico, magari nel tempo libero dal lavoro. La major ha sedi in tutto il mondo ed economie da vertigine. Come è quindi possibile che le indipendenti possano competere con le major e anzi trovarsi alle volte in netto vantaggio in classifica? È un po’ come se la squadra di calcetto del sabato pomeriggio battesse spesso e volentieri il Barcellona o la Juventus. L’utilitaria che batte in prestazioni il Suv.
La risposta non la so nemmeno io. Forse è troppo complessa e neanche del tutto attuale, sicuramente mi piace la possibilità più romantica: per fare una canzone non servono soldi, non servono strutture, servono idee. E le idee sono libere. Questo è il motivo per cui sono istintivamente portato a tifare per quelli come me, per quelli come La Tempesta, per gli indipendenti. La forza delle idee. Ma tutti capiamo quanta ingenuità ci sia nelle mie parole.
Il bello dell’indipendenza è che puoi fare quello che ti pare. Puoi pubblicare musica estrema, canzoni cantate in alfabeto farfallino, rumori di acciaierie, puoi fare quello che vuoi senza dover tenere troppo conto dei numeri e dei soldi, puoi muoverti in libertà, e intendo chiaramente anche libertà di sbagliare. In questo caso è la tua benzina che fa la differenza. Poi, se qualcosa attira l’attenzione di tanta gente, se esplode, l’indipendente si può anche strutturare meglio (ci sono alcune indipendenti che sembrano multinazionali) oppure può passare la palla alla major per un’amministrazione più solida. Già, perché per quanto abbia cercato di mettere in competizione i due universi per obiettivi narrativi, in realtà si tratta di un unico ecosistema, le squadre giocano spesso assieme ed è giusto così. Le etichette indipendenti sono a questo punto i fanti nell’esercito, le formiche esploratrici, l’episodio pilota della serie tv. Sono talent scout di natura.
Libere di muoversi, sono più adatte alla ricerca della curiosità, della nuova tendenza, del fenomeno ancora sconosciuto. Ci sono molte indipendenti oggi in Italia e sono state le protagoniste assolute dell’ultima ondata di nuova musica che è stata gigantesca, la più grande che io ricordi. Il mercato è stato rivoltato come un calzino, quell’onda ha sommerso tutto. I tempi sono cambiati velocemente e sappiamo qual è stato il peso di internet rispetto a questo cambiamento, in generale e soprattutto nel mondo della musica.
Da quando la musica è diventata liquida è diventato davvero facile distribuirla così come ascoltarla. Ricordo quando da ragazzino ordinavo i dischi in vinile in America e aspettavo per settimane che arrivassero. Ora basta un clic. Le case discografiche indipendenti sono rimaste più o meno uguali, la major hanno dovuto fondersi e ricalibrare le loro attività per reggere il colpo. Ma entrambe continuano a lavorare, cercando sostenibilità in settori che non sono più la vendita di un supporto, in via di estinzione. Il sistema sembra reggere. Anzi, forse è stata proprio questa la scossa che ha fatto partire la nuova onda. Questo ha rinnovato il concetto che tutti possono riuscire a riempire un palazzetto, ad andare in classifica e a passare in radio, tutti possono raggiungere tutti con la propria arte. Il periodo storico in cui viviamo assomiglia un po’ al vecchio sogno americano: provaci, ce la puoi fare anche tu. C’è qualcosa di epico in tutto ciò, no?
di Enrico Molteni
Festival “Apolide” – Il programma
Apolide è il “Green Man Festival italiano” immerso nel verde dell’Area Naturalistica del bosco di Vialfrè (Torino). Dal 18 al 21 luglio uno scenario naturale tra i più belli del nostro paese, un anfiteatro scavato dal ghiaccio e circondato dalle colline, fa da cornice a quattro giorni di musica e molto di più. Sport all’aria aperta, presentazioni, workshop, relax, un’area kids dedicata alle famiglie e un’area camping attrezzata in tre zone rendono Apolide un festival speciale che regala la possibilità di una vera evasione dalla quotidianità e dallo stress della città.
Tra i tanti protagonisti di questa edizione IVREATRONIC (18 luglio), LA TEMPESTA NEL BOSCO, il festival itinerante della storica etichetta indipendente La Tempesta con Tre Allegri Ragazzi Morti, I Hate My Village, Sick Tamburo e tanti altri (19 luglio); Franco 126, MYSS KETA, Giorgio Poi (20 luglio) e, in chiusura, un ospite d’eccezione: Arturo Brachetti nello speciale spettacolo “Arturo racconta Brachetti – intervista frizzante tra vita e palcoscenico” (21 luglio).