“I riferimenti che mi ritrovavo ad osservare lassù non erano quelli che avevo studiato o che ricordavo e che mi avrebbero permesso di capire dove ci trovavamo”, ricorda Armstrong nella sua biografia. A circa 150 metri di altezza Neil prese il controllo manuale del LEM. Nonostante non avesse mai pilotato manualmente il velivolo in allunaggio, avrebbe comunque tentato di oltrepassare il cratere per raggiungere un sito più sicuro. Ma a 50 metri di quota non aveva ancora trovato un punto adatto, la superficie si avvicinava sempre di più ed il livello di combustibile nei serbatoi era pericolosamente basso. Con Eagle ormai sotto i 35 metri di altezza Aldrin annunciò “Spia quantità”. Restava solo il 5 per cento del combustibile.
“Sapevo che eravamo al limite”, riferì Armstrong successivamente, “sapevo che dovevamo scendere, e sapevo di dover arrivare sotto ai 15 metri”. Grazie alla schiuma ammortizzante nel carrello di atterraggio e alla ridotta gravità lunare, se il LEM a corto di carburante fosse piombato sulla superficie da un’altezza di 15 metri avrebbe forse resistito all’impatto. Un’eventualità che a più di 385.000 km di distanza dalla Terra e senza possibilità di soccorso, i due astronauti volevano assolutamente scongiurare. Il contatto con il suolo avvenne domenica 20 luglio 1969 alle 20:17:39. Finalmente Armstrong trasmise il messaggio al Controllo Missione: “Houston, qui base della Tranquillità. L’Eagle è atterrato”. Avevano toccato il suolo con una riserva di 45 secondi di combustibile.