“La segreteria di un gruppo associativo non è un ufficio studi o un ufficio comunicazione. E l’organo di direzione e raccordo politico. E a questa segreteria è stato impedito di svolgere tale compito” scrive in una lettera
Enrico Infante si è dimesso dall’incarico di segretario di Unicost, la corrente di centro dei magistrati di cui erano componenti alcune toghe coinvolte, citate o intercettate nelle indagini di Perugia. Le motivazioni della sua scelta sono contenute in una lettera inviata al presidente e ai componenti della segreteria e del coordinamento nazionale del gruppo. Infante rivendica alla sua segreteria di avere “operato bene”, ma sottolinea che “la segreteria di un gruppo associativo non è un ufficio studi o un ufficio comunicazione. E l’organo di direzione e raccordo politico. E a questa segreteria è stato impedito di svolgere tale compito”.
Il segretario dimissionario denuncia poi la mancanza di confronto su importanti decisioni prese dall’Associazione nazionale magistrati, tra cui quella relativa alle candidature per le elezioni suppletive del Csm: “Non si è voluto interagire minimamente con la segreteria di Unità per la Costituzione sulla questione forse politicamente più rilevante nella recente storia drll’Anm”, osserva. Così come per la mancata informazione alla segreteria di Unicost degli incontri avuti da delegazioni del sindacato delle toghe con il ministro della Giustizia. E ancora, sul progetto di riforma di Bonafede ”l’interlocuzione con la segreteria su quella che è probabilmente la questione fondamentale per il futuro dell’ordinamento giudiziario non c’è stata”.
Infante richiama anche il clima che si è creato per effetto della bufera che ha travolto la magistratura dopo quanto emerso dall’inchiesta di Perugia, ricordando di avere replicato alla richiesta di allontanamento di colleghi dalla corrente “che nessuna ‘caccia alle streghe’ si sarebbe effettuata con la mia collaborazione ” e di avere precisato che “una cosa era il rigore morale e l’allontanamento di chi fosse risultato autore di condotte riprovevoli, altra cosa un’epurazione, un redde rationem con il pretesto della questione morale”.