“Non mi occupo più del Pd. E suggerisco al segretario di occuparsi dell’altro Matteo, non di me”. L’ex segretario Matteo Renzi, intervistato dal Corriere della sera mentre è negli Usa per una conferenza sul futuro e tecnologia, riapre lo scontro dentro il Partito democratico. I fronti aperti sono tanti e vedono da settimane attacchi e malumori tra renziani da una parte e sostenitori del segretario Nicola Zingaretti dall’altra. “Non ho conti da regolare sul passato”, ha detto l’ex premier replicando a distanza al suo successore, “i conti sul passato li ha regolati l’Istat quando ha mostrato che con le nostre leggi di bilancio l’Italia è cresciuta. Con quelli di prima, come Monti e Letta, e con quelli di ora come Salvini e Di Maio, no. Sono in pace col passato. E anzi sono felice che la fatturazione elettronica abbia salvato l’Italia dalla procedura di infrazione. Le chiacchiere stanno a zero, il recupero dall’evasione invece cresce”.
Renzi è anche tornato sulla polemica delle ultime ore, ovvero la decisione del Nazareno di commissariare la Sicilia e annullare l’elezione di Davide Faraone a segretario. “Che il Pd nazionale sfiduci Faraone e non Salvini è un errore”, ha detto l’ex premier. “Ma io conosco Davide Faraone, so che è una roccia e che continueremo a lavorare insieme”. Secondo l’ex leader democratico, Zingaretti ha anche sbagliato strategia perché non ha chiesto al partito di presentare una mozione di sfiducia per il vicepremier della Lega dopo lo scandalo dei presunti fondi al Carroccio da parte di Mosca. “Io credo”, ha detto, “che se il ministro dell’Interno va in delegazione a Mosca con gente che chiede rubli ai russi e poi si rifiuta di venire in Parlamento l’opposizione abbia il dovere – non il diritto – di fare una mozione di sfiducia. Cosa altro deve fare un ministro per avere una mozione di sfiducia?”. E ancora: “Poi se i grillini lo salvano di nuovo, problema loro. Ma almeno noi facciamo opposizione! Aver perso l’attimo per formalizzare la sfiducia a me è sembrato stravagante. E chi dice: ‘Così si compattano’ non capisce che Lega e Cinque Stelle si compattano per le poltrone non per noi”.
Le occasioni di scontro tra i renziani e il partito sono ormai all’ordine del giorno. Nelle scorse ore ad esempio, è stato il turno di Michele Anzaldi. Il deputato, vicino a Matteo Renzi, si è lamentato su Twitter, invocando il sostegno di Zingaretti e minacciando di andarsene. “Gasparri”, ha scritto in rete il 20 luglio, “dice che qualcuno deve tapparmi la bocca e il direttore del Tg2 Sangiuliano mette un like al suo tweet. Spero che il segretario Zingaretti possa dire presto una parola su questa vergogna altrimenti ci sarebbe davvero da pensare seriamente di restituire la tessera”. La replica di Zingaretti è arrivata in serata: “A parte i saluti non ho mai conosciuto o parlato con l’onorevole del mio partito Michele Anzaldi, mi fa piacere che oggi si ricordi che sono il suo segretario. A lui va tutta la mia solidarietà. Ovviamente a nessun parlamentare può essere chiesto di tacere, Gasparri deve saperlo”. Una presa di posizione ritenuta insufficiente dal senatore Salvatore Margiotta, prendendo le difese di Anzaldi. “Se il tweet su Anzaldi è il modo che intende il segretario per difendere un suo deputato cui Gasparri e Sangiuliano vogliono tappare la bocca, forse di tali difese se ne può fare tranquillamente a meno. E’ anche grazie alle battaglie dello ‘sconosciuto’ Anzaldi in commissione di Vigilanza se Zingaretti vede riconosciuti gli spazi suoi e del Pd in tv”.