Facebook, il social network con 2,5 miliardi di persone connesse, ha recentemente annunciato di volere emettere nel 2020 una nuova moneta privata globale, la Libra. Si tratta di un ulteriore e forse decisivo passo verso una moneta completamente privatizzata, denazionalizzata, liberalizzata e deregolamentata in mano a Facebook o ad un altro dei colossi digitali, come Amazon, Apple, Google e Microsoft.
Libra sembra solo una carta prepagata per passare da una valuta nazionale ad un’altra valuta nazionale, o per comprare merci in tutti i negozi del mondo. Ma potrebbe emanciparsi e diventare una vera valuta a tutti gli effetti. Infatti sarà completamente garantita da una riserva di valute e di titoli e quindi avrà un cambio tendenzialmente stabile. Facebook e soci si avvierebbero a diventare una sorta di banca centrale: solo che, a differenza delle altre banche centrali – che accettano solo conti correnti detenuti da banche e società finanziarie, oltre che dagli stati – , anche i comuni cittadini potranno accedere al suo sistema. Ovviamente le istituzioni attuali difendono tenacemente le loro prerogative e i loro privilegi. Da Donald Trump passando per il governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney fino alla Banca Centrale Europea, c’è stata una levata di scudi.
Tuttavia le monete globali da spendere utilizzando lo smartphone potrebbero diffondersi molto più velocemente di quanto uno si aspetterebbe. Basti pensare che Facebook si è quotata in Borsa solo nel maggio 2012 e oggi raggiunge già 2 miliardi e mezzo di persone. Il dilemma è se il sistema monetario dominante fronteggerà gli sviluppi della moneta digitale arroccandosi in difesa dei suoi privilegi, o se invece l’assetto monetario attuale – che provoca costantemente crisi, e che dà alle banche commerciali il privilegio praticamente esclusivo di stampare moneta dal nulla concedendo prestiti e creando nuovi depositi bancari (come ha descritto efficacemente la Banca di Inghilterra) – sarà capace di riformarsi come bene pubblico a favore della società, della democrazia e dell’eguaglianza sociale.
Per ora comunque Mario Draghi, presidente della Bce, ha respinto una proposta di riforma per l’introduzione della moneta digitale per tutti. Rispondendo a una richiesta del parlamentare europeo Jonás Fernández (del gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici, S&D) Mario Draghi ha scritto: “Attualmente la Bce e l’Eurosistema non hanno in programma di emettere una moneta digitale. Ci sono diversi motivi per cui non consideriamo l’emissione di una moneta digitale della Banca centrale come un’opzione concreta per il prossimo futuro. Per quanto riguarda la possibilità che la banca centrale gestisca i conti individuali di famiglie e imprese, questo implicherebbe che entri in concorrenza con i depositi al dettaglio del settore bancario, e ciò comporterebbe rischi e costi notevoli”.
La Bce non intende – almeno per ora – emettere moneta digitale per tutti, permettendo a individui e imprese (e non solo alle banche) di tenere un conto corrente presso la Bce stessa, per timore che i privati e gli enti pubblici trasferiscano rapidamente i loro conti presso la più sicura Bce invece che presso le (meno sicure) banche commerciali. Questo rappresenta un pericolo quasi mortale per le banche commerciali.
Ma le Central Bank Digital Currencies (CBDCs) rappresentano una sfida che diventerà comunque sempre più importante nel futuro e che la stessa Banca dei Regolamenti Internazionale suggerisce di affrontare anche (e soprattutto) per la concorrenza delle monete private virtuali come Libra e per l’avvento di nuove tecnologie come la blockchain. La blockchain infatti permette la registrazione sicura e a basso costo dei pagamenti tra l’acquirente e il venditore, senza necessità di intermediazione del sistema bancario (da pari a pari, peer to peer). Con la blockchain (ma in realtà anche con le tecnologie esistenti) una qualsiasi Banca centrale potrebbe emettere delle monete digitali direttamente sui conti correnti dei cittadini, delle imprese e degli enti pubblici. Il sistema monetario diventerebbe immediatamente trasparente, semplice ed efficiente. Del resto la Bce sta già sperimentando la tecnologia blockchain anche in collaborazione con Bank of Japan.
E i progetti di riforma monetaria si sono moltiplicati negli ultimi anni dopo la crisi dei subprime e con le innovazioni digitali. Le crisi invocano nuove idee e riforme. Per esempio Jeremy Corbyn, il leader laburista britannico, ha proposto il Quantitative Easing for the People, ovvero l’emissione di moneta a favore del popolo. L’economista eretico Paolo Savona si è dimostrato profetico proponendo la nazionalizzazione delle monete digitali: “La diffusione delle criptovalute” ha spiegato il neopresidente della Consob durante il suo discorso all’incontro annuale con la comunità finanziaria a Milano, “è un’altra esperienza dalla quale trarre insegnamento per proteggere il risparmio. L’ideale sarebbe che l’uso di questo strumento (monete digitali e blockchain, ndr) diventi monopolio pubblico, come accaduto per la moneta di base. Alcuni stati si stanno muovendo in questa direzione, ma l’iniziativa privata mostra di essere più pronta a cogliere l’innovazione e a porre il suo domino su di essa. Se così accadesse il sistema monetario attuale verrebbe sconvolto, il sistema finanziario coinvolto e diverrebbe problematico il controllo della quantità di moneta e, ancora più la sua riconduzione nell’alveo pubblico”.