Al telefono ricordava a Sua Eminenza, con la deferenza che gli era dovuta per via della porpora, “se può fare quel famoso intervento su Giorgetti“. E l’uomo di Chiesa rispondeva rassicurante: “Sì, sì, quando è il momento giusto sono pronto”. Ma per quale motivo Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia ora vicino alla Lega e socio occulto di Vito Nicastri nell’affare dell’eolico in Sicilia, chiedeva al cardinale Raymond Leo Burke una raccomandazione per il figlio Federico presso il futuro sottosegretario alla presidenza del Consiglio? La risposta è nei legami che si creano all’ombra di un’organizzazione d’oltretevere in cui i vertici nazionali del Carroccio si incontrano con esponenti dell’ultraconservatorismo cattolico e pezzi dell’ultradestra italiana. Perché della Fondazione Giuseppe Sciacca il cardinale statunitense arcinemico di Papa Francesco è il presidente e nel suo comitato scientifico siedono Matteo Salvini e il suo vice, Giancarlo Giorgetti. Che alla fine Arata jr lo porterà con sé a Palazzo Chigi.
Maggio 2018. Sono i giorni in cui prende forma il governo M5s-Lega. Le trattative sono concitate, il tempo stringe e chi punta ai posti che contano sa di dovere attivare tutti i canali possibili, anche quelli in Vaticano. Così in quelle ore il braccio destro dell’imprenditore considerato dai pm vicino a Matteo Messina Denaro “auspicava un intervento dell’alto prelato direttamente su Giancarlo Giorgetti in favore di Siri”, si legge nell’informativa della Dia di Trapani depositata dai pm di Roma nell’inchiesta sulla presunta corruzione contestata al sottosegretario leghista Armando Siri. In quella conversazione, Arata chiedeva al cardinale di intervenire anche in favore del figlio: “Federico mi ha chiamato adesso da Dubai … di ricordarle se può fare quel famoso intervento su Giorgetti dagli Stati Uniti – diceva intercettato al telefono l’allora consulente della Lega per l’energia, ora in carcere insieme all’altro figlio Francesco – ecco mi ricorda, ma lei non ha bisogno di essere ricordato”. “Sì, sì, quando è il momento giusto sono pronto, quando lei mi dirà invierò subito a… (incomprensibile)…”, rispondeva accomodante e propositivo Burke, dando l’impressione di avere a cuore l’avvenire del virgulto di casa Arata.
Federico è un giovanotto dinamico. Estraneo all’inchiesta, frequenta il Viminale, vive tra Milano e Londra, gira il mondo, intrattiene negli Usa rapporti importanti con esponenti del sovranismo a stelle e strisce. Come Ted Malloch, docente universitario coinvolto nel Russiagate e teorizzatore della disgregazione dell’euro, che nel febbraio del 2017 Donald Trump aveva provato a nominare (senza riuscirci) ambasciatore di Wahington all’Ue. Sguazza confidente negli ambienti di quel movimento sovranista internazionale i cui estremi vanno dall’ultraortodossia cattolica americana al network innervato anche in Italia che fa capo a Mosca, Federico: si vanta di essere il tramite tra Salvini e Steve Bannon, ex consigliere di Trump, faro della far right Usa e animatore di quel The Movement che si propone di minare alle fondamenta l’Unione europea. Ma anche collaboratore dell’Istituto Dignitas Humanae organizzazione ultracattolica presieduta fino a giugno da Burke.
Tutto torna, sotto le insegne di Collepardo. Quando si tratta di fare pressioni perché Siri diventi sottosegretario, gli Arata pensano al principale avversario di Bergoglio, che in ticket con il fondatore di Breitbart diventa il tramite per arrivare alla diplomazia Usa. “Nella serata del 17 maggio 2018 – annota la Dia nell’informativa – Federico Arata chiama il padre Paolo dicendogli senza mezzi termini che Siri lo aveva chiamato poco prima chiedendogli di contattare l’ambasciatore americano in Italia (verosimilmente Lewis Micheal Eisenberg) affinché costui intervenisse sul presidente Mattarella per ‘sponsorizzarlo’ per un incarico governativo. Poi aggiungeva che aveva provato a chiedere al cardinale Burke di avvicinare il suddetto ambasciatore, senza ottenere l’effetto sperato, atteso che il cardinale gli aveva riferito di non avere rapporti con quel diplomatico”. Ma come sponsor per Siri gli Arata pensano anche a Bannon. “Gli ho scritto – dice Federico, intercettato – a quest’altro qua e lui è amico dell’ambasciatore”. “Cioe’ Bannon dici… stai parlando, giusto? – risponde il padre – Sì, sì …usalo perché Armando è un amico“.
Sì, va bene l’amicizia, ma Paolo, cuore di papà, pensa anche all’avvenire del figlio. Così chiama Burke. Ma perché proprio lui? E chi ha dato il suo contatto agli Arata? Non è dato sapere. Il prelato è molto vicino a Salvini: sarà per la passione con cui nei comizi pubblici sventola Bibbia e rosario (quest’ultimo regalatogli proprio dal porporato), ma per due volte il leader della Lega è stato in visita a casa del cardinale, a Roma, a due passi da piazza San Pietro. Ad Arata serve “quel famoso intervento” per Federico, segno che della possibilità di far crescere il giovane rampollo appassionato di relazioni internazionali tra la sponda leghista e quella vaticana si era già parlato, e molto. Ça va sans dire che il posto giusto potrebbe essere la Farnesina. E non da semplice funzionario: “Ecco invece dagli Stati Uniti se riesce, mi diceva Federico – dice ancora papà Paolo a Burke – a far arrivare qualche messaggio… perché se lui Federico andasse agli Esteri, come vice ministro sarebbe una cosa importante per tutti (…) anche per gli Stati Uniti perché avendo un buon rapporto e … perché rischia di andare agli esteri Di Maio e, ora capisce, e allora gli mettiamo a fianco Federico che è una bella garanzia, ecco… per tutti”. Alla fine Arata jr firmerà un contratto con il Dipartimento programmazione economica, secondo il Corriere della Sera “assunto a palazzo Chigi dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti”. Che il 5 luglio 2018, a un mese dalla formazione del governo, entra in compagnia di Salvini nel Comitato scientifico della Fondazione Sciacca.
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