Cronaca

Carola Rackete, ricorso della Procura di Agrigento contro la scarcerazione: “Conclusione errata e contraddittoria”

Nel ricorso presentato in Cassazione, il Procuratore Luigi Patronaggio e i pm della Procura di Agrigento criticano la scelta del gip Alessandra Vella che il 2 luglio non aveva convalidato l'arresto della comandante della nave Sea Watch 3, incarcerata il 29 giugno dopo essere entrata in acque italiane forzando il blocco

La scarcerazione di Carola Rackete è una “conclusione contraddittoria, errata e non adeguatamente motivata”.  È quanto scrivono il Procuratore Luigi Patronaggio e i pm della Procura di Agrigento nel ricorso presentato in Cassazione contro la mancata convalida dell’arresto della comandante della nave Sea Watch 3, decisa dal gip Alessandra Vella. Secondo i pm, il gip nella sua ordinanza del 2 luglio “avrebbe dovuto verificare se rispetto alla condotta contestata” alla comandante “il dovere di soccorso invocato potesse avere efficacia scriminante”, riporta Adnkronos.

Per la Procura, il gip “si è limitato ad affermare tout court che legittimamente Carola Rackete avesse agito poiché spinta dal dovere di soccorrere i migranti. L’impostazione offerta dal gip sembra banalizzare gli interessi giuridici coinvolti nella vicenda e non appare condivisibile la valutazione semplicistica offerta dal giudicante”. La scarcerazione, scrivono inoltre i pm, “è errata in ragione della tipologia di controllo che egli è chiamato a effettuare in sede di valutazione di legittimità dell’arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria”.

“Nel caso di resistenza operata da Carola Rackete – continua la Procura – si dubita che l’adempimento del dovere di soccorso dei migranti possa giungere a scriminare anche la condotta del 29 giugno scorso”. I magistrati dicono anche di essere “consapevoli della complessità delle questioni sollevate”, ma sottolineano che “l’ordinanza di non convalida dell’arresto del gip è risultata essere viziata per violazione di legge, mancanza e contraddittorietà della motivazione, in quanto, dopo avere operato complesse valutazioni in diritto, non ha provveduto correttamente a valutare gli elementi di fatto e di diritto relativi alla configurabilità della causa di giustificazione, né ha motivato adeguatamente le ragioni per le quali ha ritenuto di applicarla nel caso di specie”. 

Carola Rackete era stata arrestata il 29 giugno dopo essere entrata in acque italiane forzando il blocco e attraccando a Lampedusa con la nave della ong tedesca a bordo della quale si trovavano ancora 42 migranti soccorsi in acque libiche. Il gip di Agrigento non aveva convalidato l’arresto della comandante e non aveva disposto alcuna misura cautelare, a differenza di quanto chiesto dalla Procura: secondo il giudice Alessandra Vella, il reato di resistenza a nave da guerra non sussisterebbe in quanto la motovedetta della Finanza speronata dall’imbarcazione della ong non sarebbe una nave da guerra. Era caduta anche la resistenza a pubblico ufficiale, perché l’indagata avrebbe agito in adempimento di un dovere. Quanto alla scelta di dirigere la nave verso Lampedusa – aveva aggiunto il giudice – non fu strumentale, ma obbligata in quanto i porti della Libia e della Tunisia non sono ritenuti sicuri.