Peculato, concussione e abuso d’ufficio. Con queste accuse, il sindaco leghista di Apricena, Antonio Potenza, è finito ai domiciliari assieme ad altre due persone (il consigliere comunale e assessore Ivan Augelli e l’imprenditore Matteo Bianchi) al termine di un’indagine della Guardia di finanza, coordinata dalla procura di Foggia. Il primo cittadino del paese foggiano è uno storico esponente di Forza Italia, passato con Lega nel 2018. Sindaco ininterrottamente dal 2012 – era stato rieletto nell’ultima tornata di amministrative con oltre il 71% delle preferenze – quando lo scorso anno aderì alla Lega, l’allora coordinatore regionale e ora eurodeputato del partito, Andrea Caroppo, lo definì il “volto del buon governo in Puglia”.

I viaggi con l’auto del Comune – Stando agli accertamenti dei finanzieri, invece, il profilo di Potenza non è proprio quello di uno specchiato amministratore locale. Gli viene contestato il reato di peculato in relazione all’utilizzo di una Opel Mokka, acquistata in leasing dal Comune, per spostamenti privati “in maniera sporadica e occasionale”: in particolare, un viaggio a San Severo per il rilascio del suo passaporto e di quello del fratello nonché un viaggio all’Asl di Foggia per acquisire un parere preventivo necessario per un progetto privato (un allevamento di polli) curato dal suo studio. A confermarlo ci sono anche le intercettazioni tra il primo cittadino e il fratello, durante il viaggio: “Questa è la macchina del Comune, guarda che mostro, sai a quanto va… quanto l’abbiamo pagata? Cento, centotrenta euro al mese”.

La “bonifica” dell’ufficio – Ma soprattutto, il sindaco – sempre secondo l’indagine condotta dalla procura guidata da Ludovico Vaccaro – nel novembre 2017 aveva affidato verbalmente a una “persona di sua fiducia” il compito di “bonificare” il suo ufficio da microspie (ne vennero trovate due) e installare un impianto di videosorveglianza “da addebitare alle casse comunali” in assenza di “qualsivoglia atto amministrativo” da parte del dirigente competente, che gli avrebbe poi predisposti solo dopo l’installazione. L’uomo incaricato, che secondo la gip el Tribunale di Foggia Carmen Corvino “non aveva alcun titolo né risultava titolare di partita Iva per eseguire i lavori”, tra l’altro si era anche premurato di fornite due schede sim al sindaco e all’imprenditore Bianchi per i loro “dialoghi riservati”, una intestata a se stesso e l’altra all’ignara madre.

La concussione per “fini politici” – Secondo le Fiamme Gialle, Potenza sarebbe stato anche il protagonista di un episodio di concussione per aver spinto una persona del suo staff assunta a tempo determinato a rinunciare a un posto da collaboratore amministrativo nel Comune di Andria a tempo indeterminato, pur risultando prima in graduatoria, così da favorire il secondo degli idonei, uomo che lavorava per il gruppo consiliare di Forza Italia in Regione Puglia, all’epoca partito di riferimento del primo cittadino. Una questione politica, insomma.

L’inizio dell’inchiesta – Le indagini sono scattate dopo una denuncia su irregolarità nelle gare d’appalto nelle quali, secondo l’accusa, sarebbe stato favorito un imprenditore molto vicino a Potenza. Stando a quanto si legge nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dalla gip, i guai per il sindaco sarebbero iniziati con una querela presentata nel 2016 da un suo collaboratore. L’uomo ha raccontato di essere stato contattato da Potenza e dall’imprenditore Bianchi nel 2012, prima delle elezioni, affinché desse una mano per la campagna elettorale in cambio di un posto di lavoro “quale corrispettivo – si legge nelle carte – dell’ausilio fornito per ‘portare voti’ al Potenza”.

“Promise, poi disse no” – Il “collaboratore” ha raccontato di aver ricevuto nell’immediatezza 1300 euro in contanti a titolo di compenso per l’aiuto, poi dopo l’elezione ha spiegato di aver chiesto al neo sindaco di far lavorare tre muratori del posto per la ristrutturazione del cimitero comunale. Ma “Potenza manifestava il proprio diniego, motivato sul presupposto che i lavori erano già stati promessi a un consigliere comunale”. Quindi, “per ‘dare un contentino’ al collaboratore, lo faceva lavorare in qualità di muratore per sette-otto giorni presso la ditta” alla quale aveva assegnato l’appalto. “Io uno come te l’ho già mandato in galera, a te invece ti facciamo proprio sparire per sempre e ricordati che noi abbiamo tanti soldi…”, avrebbe detto invece il sindaco – stando alla querela – dopo la seconda elezione allo stesso uomo, deluso perché per la mano data in campagna elettorale si era visto assegnare una casa popolare ma avrebbe preferito un’assunzione.

Le altre misure interdittive – Nel corso delle inchiesta sono stati accertati anche reati di natura fiscale, fatturazione per operazioni inesistenti, false dichiarazioni di redditi. Le 25 persone finite al centro dell’inchiesta – 12 tra pubblici ufficiali, imprenditori e professionisti sono stati colpiti da misure interdittive disposte dal gip – sono responsabili a vario titolo di gravi reati contro la pubblica amministrazione, la “par condicio imprenditoriale”, la fede pubblica e il patrimonio.

La rotatoria e la caserma – Due episodi sono particolarmente significativi. In un caso, secondo gli inquirenti, quattro imprenditori avrebbero fatto “cartello” con la presentazione di “offerte di comodo” nella gara pubblica da 120mila euro per la realizzazione di una rotatoria. In un altro caso, invece, il direttore dei lavori di ammodernamento sismico della caserma dei carabinieri e il legale rappresentante della società aggiudicataria avrebbero prodotto “false certificazioni” sull’avanzamento lavori inducendo in errore la Regione Puglia, che finanziava assieme al Comune di Apricena, la ristrutturazione.

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