Il leader socialista ha incassato solo 124 voti a favore, quelli dei suoi 123 deputati e del rappresentante del Partido Regionalista de Cantabria, José María Mazón, 170 contrari e 52 astenuti. Tra chi non ha espresso una posizione netta ci sono i 41 rappresentanti guidati da Pablo Iglesias, tranne la moglie che ha votato 'no', segno che le trattative tra Psoe e Podemos vanno avanti
Niente di fatto al primo turno di votazioni per Pedro Sanchez. Il riconfermato primo ministro spagnolo socialista non è riuscito a ottenere la maggioranza assoluta del Congresso, 176 voti, che gli avrebbe permesso di formare un nuovo governo. Il leader del Psoe ha incassato solo 124 voti a favore, quelli dei suoi 123 deputati e del rappresentante del Partido Regionalista de Cantabria, José María Mazón, contro 170 contrari e 52 astenuti. A pesare più di tutti non sono i voti contrari delle altre grandi famiglie politiche iberiche, come i Popolari o i centristi di Ciudadanos, ma l’astensione di 52 deputati, tra cui i 41 di Podemos, la formazione guidata da Pablo Iglesias Turrión con la quale Sanchez spera di dare vita a un governo socialista.
Al prossimo turno, giovedì, al leader del Psoe basterà la maggioranza semplice dell’assemblea per entrare in carica come primo ministro della Spagna, ma se i numeri della prima tornata dovessero essere riconfermati, per i Socialisti si prospetterebbe un governo di netta minoranza che lascerebbe poco spazio all’azione dell’esecutivo. Anche per questo, lunedì, a 24 ore dal voto, durante il suo discorso d’investitura in Parlamento il premier aveva teso la mano ai suoi partner durante l’ultimo breve mandato: “Veniamo da tradizioni diverse della sinistra – aveva detto rivolgendosi ai parlamentari di Podemos – Finora si è parlato molto delle differenze e stiamo provando che non è facile arrivare a un punto d’incontro. Ma niente che vale la pena perseguire è facile”.
Sanchez aveva poi continuato sostenendo che su Psoe e Podemos sono rivolti “gli occhi speranzosi di milioni di concittadini” affinché sia raggiunto un accordo per portare avanti tutto quello che “unisce” le due formazioni di sinistra: “Una società di uomini e donne liberi e uguali in armonia con l’ambiente”. Nel suo discorso, il leader socialista ha presentato un lungo elenco di riforme, patti e impegni con l’obiettivo di realizzare “le promesse della sinistra”. Tra queste, un aumento del 5% dei fondi per l’istruzione, un nuovo statuto dei diritti dei lavoratori, una nuova legge di famiglia che tuteli e protegga maggiormente le donne e anche un inasprimento delle leggi sulle aggressioni sessuali. Sanchez, però, non ha fatto alcun riferimento alla questione catalana, non cercando quindi l’appoggio dei partiti indipendentisti come Esquerra Republicana che con 14 rappresentanti potrebbe essere determinante per la formazione di un governo di maggioranza, ma ha difeso una Spagna “unita e diversa”.
Prima, però, Sanchez dovrà convincere la compagine guidata da Pablo Iglesias ad accettare di sostenere un governo Socialista a guida Psoe. Dei 42 rappresentanti del partito di sinistra, 41 si sono astenuti, così come i sei del Partito nazionalista basco (Pnv), gli altri quattro baschi di Euskal Herria Bildu e l’unico deputato dei valencianisti di Compromís, mentre Irene Montero, compagna di Iglesias che ha votato per via telematica da casa perché in stato avanzato di gravidanza, ha espresso un voto contrario. Un segnale che dimostra come le trattative per la formazione di un governo più solido siano ancora in corso, con Podemos che chiede qualcosa in più delle “responsabilità simboliche” offerte, dicono, da Sanchez. Se il leader del Psoe riuscisse a convincere tutti i 52 deputati che si sono astenuti offrendo maggiori garanzie, a cui si aggiungerebbe anche il ‘sì’ di Montero, il nuovo esecutivo potrebbe contare su 176 voti a favore, maggioranza assoluta del Congresso per un solo seggio di scarto.