Uno dei nodi della questione FaceApp è il rispetto del Gdpr, cioè la normativa a protezione dei dati personali di cui si è dotata l’Ue, in vigore dal maggio del 2016 ed attuato in tutti i Paesi a partire da maggio 2018. Tutti i servizi, le piattaforme, i siti, le app che nel mondo trattano dati di cittadini europei sono tenuti a rispettare questo regolamento, spiega il professor Ziccardi. “Vale per l’app russa come per il server americano e il cloud brasiliano: serve ad evitare che i dati che ‘fuggono’ fuori dall’Europa verso servizi esteri finiscano in realtà dove le misure di sicurezza adottate siano diverse. In altre parole: che il livello di sicurezza e di protezione dei dati sia lo stesso previsto in Europa“. I dati europei ‘trasferiti’ oltreoceano sono protetti dal Privacy Shield, un accordo tra Unione Europea e Stati Uniti. Sulla carta, perciò, non ci dovrebbe essere alcuna differenza tra FaceApp e un qualsiasi social network, ma nella pratica la situazione è molto diversa: “Rispetto a Instagram, sembra che questa app faccia un’analisi biometrica profonda del volto con strumenti di riconoscimento facciale che possono generare nuove informazioni che possono essere usate, ad esempio, per profilare a fini commerciali il soggetto. Una pratica che il Gdpr vede come più grave della semplice fotografia”.

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