È arrivata in libreria l’edizione internazionale di un breve saggio sull’università che, mesi fa, ho diffuso in lingua italiana. S’intitola The Decline and Renaissance of Universities e lo pubblica uno dei maggiori editori globali, Springer Nature. Non mi sarei mai aspettato che il libro sarebbe stato stampato in quattro mesi, dalla proposta iniziale alla libreria, attraverso un percorso ispirato al giro del mondo in 80 giorni, tra curatela e correzione di bozze. Non per un deficit di narcisismo, ma per la dura realtà del netto rifiuto con cui vari editori avevano accolto la versione italiana, tanto da costringermi a sperimentare l’autopubblicazione. E la circostanza che l’editore internazionale mi abbia concesso i diritti dell’opera in italiano, testimonia quanto il nostro mercato domestico sia insignificante.

La motivazione del rifiuto era certamente lo scarso fascino di un argomento affatto insipido per i pochi lettori che sopravvivono nel paese, nonostante ci si gonfi il petto giacché l’italiano supera ormai il francese e sia diventata la quarta lingua più studiata al mondo. Metterei l’accento sulla precisazione finale: “al mondo”. Perché sono quasi certo che l’Italia farebbe eccezione disaggregando questa classifica, anche alla luce dei recenti risultati dei test Invalsi che non è l’anagramma del ministro Salvini, ma l’ardito acronimo di Istituto Nazionale per la Valutazione deL SIstema educativo di istruzione e di formazione. E non posso negare che gli editori sappiano fare il loro mestiere, se sopravvivono in un mercato ostico come quello italiano tra rendicontazioni, grande distribuzione, grafica accattivante, quarta di copertina, sconto editoriale: “Un libro inutile, carta stampata buona per il fuoco. Sono le elucubrazioni di chi non ha più niente da dire” come scrive Antonio Manzini in uno dei racconti più brillanti degli ultimi anni (“Critica della Ragione”, in Ogni riferimento è puramente casuale, Palermo, Sellerio, 2019).

Un altro motivo, che nessun editore italiano ha però sollevato, è forse il titolo che ho scelto: Morte e resurrezione delle università. Un italiano acquista volentieri un libro dove la parola “morte” compare nel titolo solo se si tratta di un giallo o di un romanzo noir. Un saggio dal titolo analogo, Morte e resurrezione dei giornali, che fu pubblicato una decina di anni fa, non ebbe l’accoglienza che avrebbe meritato, nonostante spiegasse con molta chiarezza quanto avviene oggi, con il crollo esponenziale della carta stampata a livello locale e la stenta sopravvivenza di quella nazionale. Perché fare uno sforzo per comprendere come “la rivoluzione degli ultimi 30 anni abbia imposto ovunque un modello universale basato sul controllo dell’alta formazione da parte del mercato, a scapito di un antico e consolidato paradigma educativo fondato sulla ricerca della conoscenza”? Rispetto ai giornali, l’università interessa ancora meno al pubblico, dagli addetti ai lavori alla gente comune, poiché i media nostrani vivisezionano le classifiche internazionali degli atenei con lo spirito di chi commenta il giro d’Italia o il mondiale di calcio, ma nulla più.

In base alla mia esperienza personale, irrisoria e settoriale, chi acquista on-line un testo autopubblicato, quasi sempre lo legge. I rari lettori del saggio sull’università – tuttora disponibile nei negozi online per la generosità dell’editore internazionale – mi hanno espresso osservazioni e critiche del tutto pertinenti; e posto questioni importanti, che avevo certamente valutato un po’ distrattamente quando lo scrissi. Nel caso dei libri stampati su carta, molti – colleghi e non – sono coloro che mi hanno confortato con una pacca sulla spalla: “Bombe d’acqua è proprio un bel libro! Subito comprato, anche se non è stato facile trovarlo in libreria; e pure regalato a mia suocera per Natale”. Ma le osservazioni e le domande che spesso mi propongono, fanno capire che, al più, hanno speditamente sfogliato il mattoncino, ma certamente non lo hanno letto.

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