Nel primo trimestre l'utile operativo è crollato del 98,5%, complici anche le difficoltà commerciali sul mercato nordamericano. Il programma di ristrutturazione della compagnia prevede una drastica (-9%) riduzione della forza lavoro, mentre l'ex ad Ghosn ha fatto causa all'azienda
Si complica la situazione finanziaria di Nissan: la marca automobilistica giapponese ha registrato un crollo dell’utile operativo del primo trimestre del 98,5%, a 1,6 miliardi di yen, l’equivalente di 13,3 milioni di euro. Una caduta libera condizionata dalle difficoltà commerciali sul mercato nordamericano dove, per fare fronte a una concorrenza sempre più agguerrita, la casa ha dovuto rispondere con sconti particolarmente aggressivi sul prezzo di listino che, però, hanno sacrificato la redditività. Uno scenario che ha generato una delle performance trimestrali più deboli nella storia di Nissan sin dai tempi della crisi finanziaria globale del 2008.
Pertanto, nell’ottica di un pesante programma di ristrutturazione della compagnia, Nissan si vedrà costretta a un drastico taglio della forza lavoro di ben 12.500 dipendenti a livello globale, da portare a termine entro il 2022. Un’accettata pari al 9% dei lavoratori (che attualmente sono 139 mila) e che era stato già annunciato a maggio, ma allora riguardava “solo” 4.800 lavoratori. Inoltre, la produzione sarà ridotta del 10% – su 33 impianti, dovrebbero essere 10 quelli coinvolti nel ridimensionamento – al fine di tenere sotto controllo i costi in un contesto di vendite al di sotto delle aspettative.
Il tutto arriva in scia allo scandalo relativo all’ex presidente Carlos Ghosn, che ha annunciato un’azione legale contro la multinazionale che ha diretto per anni prima di finire in manette. Sullo sfondo c’è anche la delicata situazione politica con Renault, storico partner dell’Alleanza con cui i rapporti non sono più idilliaci ormai da mesi: in questo senso la situazione è precipitata proprio con arresto del manager brasiliano. I francesi detengono il 43% della casa automobilistica asiatica e con diritti di voto, mentre Nissan detiene una quota del 15% della Losanga ma senza avere propri rappresentati nel cda della multinazionale transalpina. Uno squilibrio che ai giapponesi pesa assai e che è fra le motivazioni che hanno fatto saltare le nozze fra Renault e FCA.