di Riccardo Cristiano*
A pochi giorni dal sesto anniversario del sequestro di padre Paolo Dall’Oglio, gesuita e italiano sequestrato in Siria il 29 luglio del 2013, la Santa Sede ha assunto un’iniziativa per la difesa dei siriani che ricorda molto la sua attenzione a quel martoriato popolo, si trattasse di siriani cristiani o di siriani musulmani. Lunedì scorso infatti il cardinale Turkson, Prefetto del dicastero vaticano per lo Sviluppo Umano Integrale, si è recato a Damasco e, insieme al nunzio apostolico a Damasco, cardinale Mario Zenari, ha consegnato al presidente Assad una lettera personale di Papa Francesco.
Si tratta della seconda volta che il vescovo di Roma scrive al presidente siriano. Nella precedente occasione – si era nell’imminenza del Natale 2016, prima che l’esercito di Assad conquistasse la città di Aleppo – chiese il rispetto del diritto umanitario internazionale e quindi della popolazione civile, che invece in gran parte venne deportata. Nelle ore della consegna il Segretario di stato, cardinale Pietro Parolin, ha reso noti gli obiettivi dell’iniziativa umanitaria del Papa. Così riassunti da Vatican News: “Protezione della vita dei civili, stop alla catastrofe umanitaria nella regione di Idlib, iniziative concrete per un rientro in sicurezza degli sfollati, rilascio dei detenuti e l’accesso per le famiglie alle informazioni sui loro cari, condizioni di umanità per i detenuti politici. Insieme a un rinnovato appello per la ripresa del dialogo e del negoziato con il coinvolgimento della comunità internazionale”.
La catastrofe umanitaria di Idlib va spiegata, visto che molti canali televisivi hanno documentato come l’esercito siriano abbia dato fuoco, con bombe incendiarie, a intere coltivazioni e la popolazione civile fugga verso il confine con la Turchia, ermeticamente chiuso. E infatti Parolin ha chiarito: “All’origine di questa nuova iniziativa c’è la preoccupazione di Papa Francesco e della Santa Sede per la situazione di emergenza umanitaria in Siria, in particolare nella provincia di Idlib. Nell’area vivono più di 3 milioni di persone, di cui 1,3 milioni di sfollati interni, costretti dal lungo conflitto in Siria a trovare rifugio proprio in quella zona che era stata dichiarata demilitarizzata l’anno scorso. La recente offensiva militare si è aggiunta alle già estreme condizioni di vita che hanno dovuto sopportare nei campi, costringendo molti di loro a fuggire. Il Papa segue con apprensione e con grande dolore la sorte drammatica delle popolazioni civili, soprattutto dei bambini che sono coinvolti nei sanguinosi combattimenti. La guerra purtroppo continua, non si è fermata, continuano i bombardamenti, sono state distrutte in quella zona diverse strutture sanitarie, mentre molte altre hanno dovuto sospendere del tutto, o parzialmente, la loro attività”.
Emerge dunque che in Siria si coinvolgono scuole e ospedali nei bombardamenti, che solo ad Idlib ci sono 1 milione e 300mila civili, sfollati, i cui diritti umani sono sistematicamente violati al punto che c’è il rischio di una catastrofe umanitaria. Ma di chi si tratta? Sono gli abitanti delle regioni riconquistate dall’esercito siriano e che man mano venivano liberate da una popolazione ritenuta non “fedele ad Assad”: sarebbe a questo riguardo interessante sapere come mai il regime abbia sfollato costoro verso Idlib, così come ha fatto anche con i jihadisti arresisi ma non arrestati, bensì portati ad Idlib in tutta sicurezza.
Ma non basta. Il Vaticano ha chiesto, sempre per bocca del Segretario di stato che racconta il contenuto della missiva del Papa, che cessi un’altra tragedia, quella degli scomparsi: “ Nel marzo 2018 l’Independent International Commission of Inquiry on the Syrian Arab Republic ha pubblicato una relazione a questo proposito, parlando di decine di migliaia di persone detenute arbitrariamente. A volte in carceri non ufficiali e in luoghi sconosciuti, essi subirebbero diverse forme di tortura senza avere alcuna assistenza legale né contatto con le loro famiglie. La relazione rileva che molti di essi purtroppo muoiono in carcere, mentre altri vengono sommariamente giustiziati”.
Da tutto questo emerge con chiarezza per il Vaticano l’urgenza di riprendere i colloqui di pace di Ginevra, per raggiungere una soluzione politica e negoziata al conflitto. Ma perché il Vaticano si è determinato a questo passo “enorme”? I motivi possono essere tanti. Ma forse dire che il Vaticano ha capito che l’idea orientale della sinfonia tra potere politico e potere ecclesiastico praticata in questa Siria sta mettendo in pericolo la stessa idea di cristianesimo davanti a crimini di questa portata.
La Santa Sede non legittima o delegittima i governi, anche nel caso di Maduro ha operato così. Ma chiede di uscire dalla crisi archiviando la politica della violenza, dell’intimidazione, della persecuzioni per motivi etnici o religiosi, e questo vale per tutti, anche per chi cerca di legittimarli asserendo di “proteggere i cristiani”, ma poi viola i diritti di 6 milioni di profughi e 5 milioni di sfollati, per non parlare di tanti altri (detenuti, scomparsi). Un modo migliore per ricordare Dall’Oglio non c’era.
* Vaticanista di RESET, rivista per il dialogo