Dopo i casi diagnosticati in Belgio il ministero della Salute italiano ha disposto un’attività capillare di sorveglianza passiva nelle popolazioni di cinghiale, testando ogni cinghiale trovato morto. La procedura funziona così: “Chi avvista la carcassa fa una segnalazione all’Asl competente sul territorio – spiega De Mia -, che dovrà eseguire un prelievo degli organi da inviare al nostro centro per la diagnosi della malattia. Impieghiamo poche ore per l’identificazione del virus e fino adesso i risultati sono stati negativi”. In attesa dell’esito degli indagini, la zona in cui è stato ritrovato l’animale morto viene isolata e negli allevamenti circostanti viene interdetto l’ingresso di mezzi e persone non autorizzate (è consentito solamente agli addetti al nutrimento degli animali) e vietato il carico e lo scarico di bestiame. Viene eseguito inoltre il censimento di tutti i capi, a cui viene prelevato del sangue per escludere la presenza del virus. Se invece la carcassa sospetta è rinvenuta all’interno di un allevamento viene creata una zona di protezione che si estende nel raggio di tre chilometri e un’altra di sorveglianza fino a dieci chilometri.
Inizialmente il ministero aveva stabilito anche il monitoraggio sui suini vivi e sulle carni di suini provenienti dai Paesi contaminati, che poi è stato sospeso a metà ottobre. “Allo stesso tempo abbiamo potenziato i controlli nei boschi da parte del corpo forestale e dei servizi veterinari, soprattutto al confine settentrionale con l’Austria e la Slovenia – dichiara Borrello -, e raccomandato alle associazioni faunistiche e venatorie di segnalare all’Asl la presenza di cinghiali morti, e di sensibilizzare i propri iscritti sui rischi dell’attività nelle aree interessate dalla malattia. I cacciatori possono fungere da vettori del virus e possono trasportare carni infette degli animali cacciati”. Anche turisti e passeggeri in arrivo dai Paesi colpiti dal virus sono un potenziale veicolo inconsapevole di trasmissione. Il ministero ha dunque preso provvedimenti. “Per scongiurare l’introduzione di salami e prosciutti infetti – spiega il direttore della sanità animale e dei farmaci veterinari del dicastero – abbiamo richiesto controlli a campione dei bagagli negli aeroporti e l’affissione di cartelli informativi sul divieto di trasportare carni crude. Stiamo mettendo a punto anche la possibilità di addestrare cani per individuare i prodotti suini nelle valigie”. Tutte le precauzioni da adottare sono state promosse in un video dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e divulgate tramite il sito web del ministero della Salute. Agli allevatori, nello specifico, si richiede di “rispettare le norme di biosicurezza, in particolare cambiare abbigliamento e calzature quando si entra o si lascia l’allevamento e scongiurare i contatti anche indiretti con cinghiali o maiali di altri allevamenti; notificare tempestivamente ai servizi veterinari sintomi riferibili alla psa e episodi di mortalità anomala”. E nel resto dell’Unione europea? “In tutti gli Stati membri valgono le stesse regole” risponde il dirigente del ministero.