“Il ragazzo di campagna”, “7 chili in 7 giorni”, “Un povero ricco” sono solo alcuni dei film cult di Renato Pozzetto, uno degli attori più amati del nostro cinema degli Anni 80. A 79 anni (appena compiuti il 14 luglio) l’attore è un vulcano di idee e ha diversi progetti in ballo, come ha spiegato al magazine “7” del Corriere della Sera. Anzitutto un film dal titolo “Un mucca in paradiso” con protagonista un contadino che va sul Bosco Verticale di Milano “a coltivare un prato e produrre latte per miliardari”. Poi la volontà di far ripartire il Teatro Lirico di Milano (“ne ho parlato con Sala, farei il direttore artistico, ma è tutto bloccato dal Tar”) e poi c’è anche l’imprenditoria con la gestione della Locanda Pozzetto a Laveno.
Ricordando alcuni momenti della sua vita professionale, con estrema sincerità l’attore ha ammesso che in un momento difficile professionale a dargli una mano è stato Umberto Bossi. L’incontro tra i due avviene durante un volo. “Era già in politica, ma non era famoso – ha ricordato Pozzetto -. mi dice: ueh, Pozzetto, sai che siamo compaesano di Gemonio? E io: no, a Gemonio conosco tutti, te non ti conoscevo… E lui: è vero, ma ci abito. Stava vicino ai miei genitori. Ci siamo frequentati: vieni su che ho una bottiglia, c’era questo rapporto… Anche con Maroni: mi manda tutti i giorni un messaggino. Dico la verità – aggiunge -: una volta mi hanno aiutato. Facevo una serie tv ‘Casa e bottega’, ma avevo gli ispettori Rai che venivano a controllare, dicevo che scrivevo cagate. Allora ho incontrato Bossi che comprava i sigari e gliene ho parlato. Mi ha risposto: dai, ti do una mano. Oh lo sai com’è la Rai? Stranamente, le cose sono cambiate di colpo”. E Salvini? “Cosa vuoi dire a uno che fa il 40%? Che è un pirla? C’è questo 40% che va di qua e di là, ogni tanto qualcuno se lo piglia”.
Infine c’è tempo per qualche bilancio e considerazione sul mondo dello spettacolo e del cinema. “Nel nostro mestiere è tutto è tutto in mano al colpo di culo. – ha spiegato Pozzetto – Non c’è quel cinema che richiede un minimo di cultura, con tutto rispetto. Dipende dal culo. Quindi non hai un domani. Non gliene frega niente, ti spremono. E un attore raramente può vivere di cinema gli tocca fare i talent, le ospitate…”. Qualche rimpianto? Sì perché il sogno di Pozzetto era “portare nel cinema il linguaggio poetico del cabaret milanese. Non ci sono riuscito (…) logicamente i produttori inseguivano altre cose: la morosa, il pezzo di culo, la tetta. Mentre noi del cabaret non raccontavamo mai la sessualità. La differenza tra i milanesi e i romani era che loro stavano sulla famiglia, l’avanspettacolo, le barzellette. Non giudico, va bene così. Hanno vinto loro”.