Davanti al gip sono rimasti in silenzio Elder Finnegan Lee - che ha ammesso di avere accoltellato il vicebrigadiere - e Christian Gabriel Natale Hjorth, accusati di omicidio aggravato e tentata estorsione. Il primo fa uso di psicofarmaci, entrambi avevano bevuto la sera del delitto
Elder Finnegan Lee e Christian Gabriel Natale Hjorth si sono avvalsi della facoltà di non rispondere davanti al giudice per le indagini preliminari che li ha interrogati. In serata, poi, il gip di Roma Chiara Gallo ha convalidato il loro fermo così come sollecitato dalla Procura: i due resteranno in carcere. I cittadini americani di 19 e 18 anni sono accusati di concorso in omicidio aggravato e tentata estorsione per l’uccisione del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, avvenuta nella notte tra il 25 e 26 luglio scorsi in pieno centro a Roma. “È un ragazzo di 19 anni molto provato dalla situazione”, ha detto Francesco Codini, avvocato di Lee che ha ammesso di avere colpito il militare con otto coltellate.
L’arma del delitto è stata ritrovata all’interno al Meridien, un albergo di lusso a Prati, abilmente nascosto dietro a un pannello a sospensione del soffitto della stanza, insieme agli indumenti indossati durante il reato. Secondo quanto si apprende dagli inquirenti che seguono la vicenda, i due avevano bevuto alcolici e Lee fa uso di psicofarmaci: in particolare gli è stato trovato dello Xanax. Intanto dai primissimi risultati dell’autopsia effettuata all’istituto di medicina legale del Verano a Roma è emerso che il vicebrigadiere è morto per una forte emorragia. Restano tanti, però, i punti da chiarire.
I due arrestati – Lee e Hjorth, entrambi californiani, erano venuti a Roma come turisti e non erano, come si è appreso in un primo momento, studenti della John Cabot University. Alloggiavano in un albergo a 4 stelle nel quartiere Prati. Ed è lì che, secondo quanto emerso finora, sono tornati a dormire dopo l’omicidio commesso materialmente da Finnegan, a pochi passi dall’hotel. Uno dei due, il presunto killer, proviene da una famiglia facoltosa di San Francisco, di cui entrambi i ragazzi sono originari, e sarebbe stato lui a pagare il soggiorno nell’albergo anche per l’amico. Hjorth si trovava in Italia da una settimana perché era venuto a trovare alcuni parenti italiani. L’amico, il presunto killer che ha confessato, lo ha raggiunto dopo. Entrambi frequentavano un college a San Francisco e Lee Elder Finnegan era in possesso di una carta di credito di lusso, a conferma della sua provenienza del ragazzo da una famiglia benestante.
Quasi inesistenti i due americani sulla rete: probabilmente i loro profili sui social sono stati bloccati o, semplicemente, hanno dei nickname che poco hanno a che vedere con i loro nomi. Compaiono i loro nomi invece alla Tamalpais High Class del 2018. I carabinieri hanno trovato i due americani nella stanza dell’hotel in Prati ancora addormentati e vestiti, uno con una tshirt grigio chiaro e pantaloni bianchi, l’altro – colui che ha confessato di aver accoltellato il carabiniere – con una camicia bianca e azzurra a righe, arrotolata sulle braccia, un bell’orologio e pantaloncini corti. Non indossavano dunque gli abiti sporchi di sangue che avevano al momento dell’omicidio e che sono stati ritrovati proprio nella stanza, insieme al coltello usato per il delitto e ancora macchiato di sangue. Le valigie, a quanto si apprende, erano già pronte e i due erano in procinto di ripartire. Nella stanza dell’albergo, dove i due sono stati fotografati al momento dell’arresto, si intravede una bottiglia di birra aperta su un comodino, lenzuola bianche disfatte e tanto disordine.