Naegleria Fowleri , un’ameba a vita libera (Free living amoeba o Fla), ha causato la morte di una persona negli Usa. Questa è la notizia. Le Fla, di cui si conoscono molte specie oltre alla predetta, ad esempio Acanthamoeba castellanii o Balamuthia mandrillaris e altre ancora, Hartmannella spp., Dictyostelium polycephalum vivono sia in ambienti acquatici naturali, stagni, laghi, che costruiti dalla specie umana come piscine o anche Spa. Si sa da tempo che possono rivelarsi degli agenti patogeni insidiosi e pericolosi. Gli organi colpiti sono essenzialmente l’occhio, con una cheratite che può portare alla cecità e una encefalite, che nel caso della Naegleria aggredisce la sostanza cerebrale con particolare virulenza, con gli esiti nefasti di cui all’oggetto.
Le Fla, come tutte le amebe, si nutrono di batteri presenti nell’ambiente acquoso in cui vivono, ma è noto che le interazioni con i batteri non sono soltanto di tipo predatorio ed esistano casi di simbiosi tra Fla e batteri e virus che vivono regolarmente in biofilm aderenti a numerosi substrati dando luogo a relazioni interessanti. Questi biofilm si possono trovare in natura in modo ubiquitario, ma anche nelle linee di approvvigionamento idrico, negli impianti idraulici dell’industria, in quelli delle case private e persino nelle aree sanitarie. All’interno di questi biofilm si trovano Fla e altri microrganismi protetti in tale modo in una certa misura da condizioni rese difficili ad esempio da contromisure, come la disinfezione
Un biofilm è prodotto infatti da aggregati di batteri che aderiscono alle irregolarità delle pareti interne di condutture d’acqua ed altre strutture umide, formando delle stratificazioni ben organizzate. I biofilm batterici descritti per i siti umidi sono molti e a causarli sono specie diverse di batteri, con diversa patogenicità. Sono descritte associazioni di questa specie di protozoo con Vibrio cholerae, Mycobacterium ulcerans, Pseudomonas aeruginosa, Francisella phylomiragia. Ben noto è il modello Acanthamoeba-Legionella pneumoniae.
La presenza di Legionelle, causa di focolai di tipo epidemico di polmonite, veicolate da Acanthamoebe è descritta in apparecchiature di climatizzazione e nei condizionatori d’aria, sia per l’impianto di raffreddamento ad acqua che ad aria (a causa della volatilità delle cisti, molto leggere) e quindi sia in entrata che in uscita. A tutt’oggi non è stata ancora ben indagata la sua implicazione nelle infezioni nosocomiali, anche se esistono alcune evidenze riguardanti Legionella, ad essa strettamente associata, e non è stato valutato, come per altri protozoi, quale sia il grado di contenimento esercitato dagli attuali protocolli di disinfezione.
In Italia, l’incidenza delle encefaliti granulomatose amebiche da Acanthamoeba o di quelle invasive da Naegleria è fortunatamente molto bassa, quasi aneddotica, ma alcuni casi autoctoni sono stati descritti in Italia anche se sporadicamente ed occasionali. Va rilevato il fatto che le Fla si comportano da opportuniste in pazienti immunodeficienti e/o compromessi e che sono veicolo di infezioni batteriche gravi d’interesse nosocomiale nelle strutture ospedaliere, come unità di dialisi. La Cheratite da Acanthamoeba (Ca) è un’infezione corneale rara, severa e seriamente debilitante. Circa l’85% dei casi di CA si verificano in portatori di lenti a contatto, a causa di un uso improprio delle lenti, anche se la patologia può insorgere dopo un trauma corneale, specie in contesti rurali. Sebbene abbia una bassa incidenza (1 su 100.000 in Europa), la Ca è un’infezione oculare potenzialmente devastante per i pazienti, in quanto può causare intenso dolore, deterioramento della visione e, se non efficacemente trattata, enucleazione e cecità. La biguanide polihexanide (Phmb) e la clorexidina sono di fatto i soli principi attivi efficaci nella fase cistica del protozoo.
Va appunto segnalato il fatto che l’85% di casi di cheratite causate da Acanthamoeba si verificano nei portatori di lenti a contatto e che è significativamente correlata la giovane età ed il sesso maschile, probabilmente in relazione ad una minore attenzione all’igiene personale, alla mancanza di un’adeguata cura delle lenti a contatto, a procedure di disinfezione non conformi.
Attualmente l’amfotericina B è l’unico farmaco che abbia dimostrato una certa efficacia, se somministrato per via intratecale in corso di meningoencefalite amebica primaria.