Partivo e già cominciavano a mancarmi. Neppure entrato nel nuovo aeroporto di Niamey che iniziavo a sentirne la mancanza. Il poliziotto che mi aveva lasciato entrare nell’atrio della nuova aerostazione solo perché l’aereo che attendevo era in ritardo. Mi ha chiesto se mi ricordavo di lui e gli ho detto di sì perché era rimasto colpito dall’orologio tascabile di quelli antichi che solo aveva visto nei film.

Gli ho promesso che, se possibile, gliene avrei portato uno al ritorno. Poi, una volta nel piano superiore, l’altro poliziotto che controllava i documenti mi ha giustamente fatto osservare che il mio permesso di soggiorno era scaduto da sette mesi. Alla mia promessa di farlo rinnovare in tempo prima del ritorno in Niger mi ha lasciato passare senza nulla chiedere in cambio. In aereo, poi, ero accanto ad un giovane eritreo che, con altri cinquanta come lui, stavano viaggiando per la Francia, dopo aver passato otto mesi a Niamey. Evacuati dalla Libia erano rimasti in paziente attesa di un Paese che li avrebbe accolti come rifugiati per rifarsi una vita. Seduti accanto in aereo abbiamo fatto entrambi il segno della croce prima di mangiare quanto la compagnia Air France ci ha messo a disposizione per la cena col menu a scelta.

Ha preso una coca e mi ha mostrato la sua croce di legno dicendo che lui era cristiano. Al momento di separarci ha ritirato la mia borsa che si trovava nel portabagagli in alto rispetto al sedile del volo con destinazione Parigi Charles de Gaulle. Mi mancava la confusione all’uscita dell’aeroporto. Le mani che insistono per prendere e poi portare i bagagli fino all’auto. In genere giusto quando tutto sembra pronto spunta un’altra mano per aiutare a mettere la valigia nel portabagagli. La difesa dell’occupazione passa anche da queste semplici operazioni di moltiplicazione. E poi mancano i semafori che non funzionano, i vigili che parlano in continuazione al cellulare e poi salutano gli autisti che passano. Mi manca financo la signora sordomuta che chiede “un aiuto per l’amore di dio” alla rotonda che si affaccia al palazzetto dello Sport di Niamey.

La stessa che, dimenticando di essere muta, fa le rimostranze se quanto offerto non è all’altezza delle sue aspettative. Il tutto dopo l’ordinanza che vieta la mendicanza a partire dal primo maggio di quest’anno. Ma è passato il peggio, il grande “summit dei capi di Stato”, che ha lasciato come eredità nuove strade, alberghi cinque stelle e l’accordo ratificato sul libero commercio per il continente africano che mai entrerà in vigore. Mi mancano i bambini che sanno e possono ancora giocare sulle strade spingendo i copertoni delle moto fingendosi al gran premio. La gente che, non conoscendosi, saluta sulla strada e, con aria di complicità, accelera il passo se si annuncia la pioggia. Mi mancano i dromedari che passano accanto alle macchine senza fare rumore e gli asini che, da veri signori della strada, cercano di rimanere fedeli alla corsia preferenziale a loro riservata. Mancano gli appelli alla preghiera che ritmano il tempo di ogni giorno.

Mi manca soprattutto lei. Seducente senza volerlo e onnipresente in tutte le circostanze. Protagonista indiscussa della vita sociale: la politica internazionale, l’economia e il governo attuale. Mi manca lei, la sabbia che si corica languidamente sulle strade e passa la notte coi pochi clienti che spariscono prima dell’alba, quando arriveranno i pulitori coi giubbetti verdi a spostarla da un’altra parte. Senza fissa dimora, forte della sua debolezza, si infiltra ovunque e tutto riveste del suo manto volutamente trascurato. Mi manca la sua precarietà, il suo senso delle proporzioni, la capacità di assunzione dei suoi limiti e la sua sconcertante umiltà. Passeranno i cieli e la terra, i cantieri che rinnovano la città, i regimi militari e le repubbliche marinare, passeranno gli eserciti e i capitani di ventura, passeranno i condottieri e i temibili pirati della nave di sabbia, passeranno le epopee, gli avventurieri e i grandi commercianti di schiavi, i predicatori e i dittatori. Passeranno tutti senza fermarsi. Rimarrà solo lei, la sabbia, per costruire castelli senza porte.

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