“La realtà al Sud Italia è deprimente. Appena laureata non vedevo l’ora di buttarmi nel mondo del lavoro, avevo entusiasmo e voglia di fare ma anche paura. Perché oltre a dare ripetizioni o fare lavori occasionali – dalla promoter ai campi estivi – non avevo mai avuto modo di trovare qualcosa di definitivo”. Così, Ida Nastasi, 30 anni, cresciuta in provincia di Caserta ma originaria di Torre del Greco, nel 2017 ha scelto di raggiungere il fidanzato emigrato per lavoro in Albania. E lì è restata. “Il primo a scontrarsi con la depressione lavorativa del Sud Italia è stato proprio lui. A Tirana, oggi, si sta bene”, sorride. La prima volta che è partita per raggiungerlo, Ida era emozionata. “Stavo per rivedere il mio fidanzato dopo mesi”, ricorda. Doveva essere di una vacanza estiva, prima di tornare a casa a settembre “più carica di prima”. E invece Ida è rientrata solo per prendere i bagagli e trasferirsi.

Lo dice chiaro è tondo: si è sentita costretta a lasciare il suo Paese. “Dopo la laurea avevo iniziato a cercare lavoro ma mi sono imbattuta solo in contratti a tempo determinato, stage o tirocini non pagati”. Allora tenta la via della scuola: si candida per qualche supplenza al Nord Italia, si iscrive in terza fascia. Ma niente. “Il lavoro dell’insegnante è davvero precario e se non hai un appoggio, un sostegno economico, è difficile. Ero molto demotivata”.

Poi è arrivata l’occasione in Albania. Ida oggi lavora in un’agenzia di web marketing come editor e copywriter. “A Tirana si sta bene. La maggior parte degli albanesi conosce l’italiano, per averlo imparato a scuola o perché è cresciuto guardando Rai e Mediaset”, racconta. Il costo della vita è basso e ci sono vantaggi economici “evidenti” per un italiano. “A partire dal prezzo del biglietto dell’autobus, al taxi o alle sigarette. Il fatto che la manodopera costi molto meno, aiutata da un costo del lavoro inferiore, si traduce in prezzi contenuti ovunque: dai ristoranti al dentista, fino al centro estetico o dal fruttivendolo”. E anche la ricerca di un affitto non comporta una preoccupazione economica: “Si trovano case accettabili, già arredate, a prezzi molto buoni”.

La giornata di Ida inizia con un caffè  – “fortunatamente in tanti bar il caffè è molto buono, basta solo specificare che lo voglio corto” – e dopo dieci minuti di autobus è in ufficio. “Al pc inizio a rivedere i testi che mi inviano i vari team, i consulenti o i miei colleghi. Correggo i contenuti per le proposte grafiche o dei training di formazione, collaboriamo per la creazione dei post per i social media e le campagne pubblicitarie e poi mi dedico al blog aziendale per il quale scrivo ogni settimana. In passato, ho anche fatto corsi di italiano e di comunicazione per i consulenti, valutandoli per livello”, spiega. In alcuni casi, però, le differenze con l’Italia sono marcate. “Trovo che ci sia molta arretratezza nei modi di pensare – continua Ida –. Mi sono adattata a usi e costumi locali con molta pazienza, rassegnandomi a rimandare a quando sono in Italia questioni o cose che qui mi è impossibile fare o trovare”.

A proposito. Tornare? In Italia Ida sarebbe ancora alle prese col precariato. “Il mio Paese, in questo momento, sono soltanto i miei affetti. Lo guardo con nostalgia e mi manca tutto quello che ho vissuto e amato fino a qualche anno fa. Quando mi assale la nostalgia, penso a come vivo ora, alla mia indipendenza, alle spese a cui riesco a fare fronte da sola, e so benissimo che non avrei potuto avere le stesse cose restando nella mia città. Sarei comunque dovuta partire e trasferirmi nel Nord Italia”, aggiunge. Ida spiega la sua posizione, e quella della sua generazione, con estrema chiarezza: “Inserirsi nel mondo del lavoro per ragazzi come noi di 28, 29, 30 anni è sempre più difficile. Poi arrivano i 20enni che ti sorpassano perché si presume che tu a 30 anni abbia già abilità e competenze. In Italia ci sono tante, forse troppe cose da cambiare”. Come immagina il suo futuro? Spera di riavvicinarsi alla sua famiglia e trovare un lavoro stabile in Italia, con uno stipendio dignitoso che le permetta di riuscire a pagare affitto, bollette e fare la spesa. “Quello che sembra scontato – conclude – in Italia oggi sembra un’utopia”.

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