A venti giorni dall’arresto Francesco Bellomo, l’ex giudice barese del Consiglio di Stato che imponeva minigonne e dress code alle sue borsiste, torna libero. Lo hanno deciso i giudici del Tribunale del Riesame di Bari, accogliendo in parte l’istanza dei difensori dell’ex toga, gli avvocati Beniamino Migliucci e Gianluca D’Oria. A Bellomo è comunque interdetto l’insegnamento per un anno nella sua Scuola di Formazione per la preparazione al concorso in magistratura Diritto e Scienza. 

I giudici, nel sostituire la misura cautelare degli arresti domiciliari con l’interdizione per 12 mesi dalle “attività imprenditoriali o professionali di direzione scientifica e docenza”, hanno anche riqualificato i reati contestatigli dalla Procura di Bari. I contestati maltrattamenti su quattro donne, tre ex borsiste e una ricercatrice della Scuola, sono stati riqualificati in tentata violenza privata aggravata e stalking, mentre la ipotizzata estorsione ai danni di un’altra ex corsista per averla costretta nel 2011 a lasciare il lavoro in una emittente locale, è stata ritenuta dal Riesame una condotta di violenza privata, secondo la difesa “già sostanzialmente prescritta”.

Secondo investigatori e inquirenti Bellomo avrebbe vessato alcune corsiste della sua Scuola in cambio di borse di studio. Alle donne, con le quali aveva anche relazioni intime, avrebbe imposto rigidi codici di comportamento e dress code, fino a controllarne profili social e frequentazioni. Per il procuratore aggiunto Roberto Rossi “il Tribunale del Riesame ha riconosciuto i fatti così come descritti nell’ordinanza, ma ha ritenuto che siano un reato diverso, lo stalking, per ragioni giuridiche“, mentre “per le esigenze cautelari i giudici hanno ritenuto sufficiente che lui non tenga più le lezioni alla scuola di magistratura”. La Procura si dice “più che soddisfatta, sarà poi il dibattimento – conclude il magistrato – a decidere sulla colpevolezza dell’indagato”.

Per i difensori di Bellomo “premesso che occorre leggere le motivazioni dell’ordinanza, il quadro ci sembra notevolmente ridimensionato rispetto alle accuse originarie. Faremo comunque ricorso per Cassazione appena saranno depositate le motivazioni, – dicono Migliucci e D’Oria – perché non riteniamo sia condivisibile che rispetto ad una impostazione di questo tipo si inibisca per 12 mesi l’insegnamento. Riteniamo che non sussista un grave quadro indiziario con riferimento ai fatti contestati, neppure così come riqualificati”.

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