Un’importante decisione ridà speranze a un migliaio di soci che sono rimasti “incastrati” nel meccanismo delle operazioni “baciate” della Banca Popolare di Vicenza. Una sentenza che potrà essere applicata anche nelle analoghe situazioni che hanno coinvolto azionisti di Veneto Banca e di tutte le Popolari ed ex Popolari nelle quali un finanziamento, un mutuo, un prestito o una linea di credito sono stati erogati ai clienti a condizione che, in tutto o in parte, servissero anche alla sottoscrizione di azioni dell’istituto erogatore. Clienti azionisti che sono rimasti quasi tutti con il debito, mentre il valore delle azioni – illiquide e non quotate -, come pure delle obbligazioni subordinate, si è azzerato con le liquidazioni coatte amministrative di BpVi e di Veneto Banca con il decreto del 25 luglio 2017.

La sentenza 1758/2019 del Tribunale di Venezia
Al termine di un contenzioso durato quasi tre anni e promosso da un azionista della Popolare di Vicenza, assistito dall’avvocato Mario Azzarita dello Studio legale Sat di Padova, il 29 luglio è arrivata la sentenza n. 1758/2019 della sezione Imprese del Tribunale di Venezia che ha stabilito la nullità delle cosiddette “operazioni baciate”. I magistrati Lina Tosi, Alessandra Ramon e Lisa Torresan della sezione specializzata in materia societaria del tribunale veneziano hanno ritenuto le “baciate” contrarie all’articolo 2358 del Codice Civile che vieta alle società per azioni di finanziare gli acquisti di azioni proprie. Il Tribunale ha chiarito che questo divieto si estende anche alle società cooperative, qual era Popolare di Vicenza all’epoca dei fatti, ed in particolare alle banche popolari. Nel caso specifico si trattava di un collocamento di azioni proprie della BpVi con finanziamento collegato per circa 1,4 milioni di euro.

Sotto la lente anche le obbligazioni convertibili
Il collegamento tra finanziamento e acquisto di azioni è stato considerato dimostrato dalla vicinanza temporale tra l’operazione di finanziamento e quella di sottoscrizione delle azioni, data anche la conferma della strumentalità del finanziamento da parte dei funzionari della banca che sono stati chiamati a testimoniare. La nullità stabilita dal Tribunale ha liberato l’azionista dall’obbligo di restituire alla banca, ora rappresentata dai liquidatori, le somme utilizzate per comprare le azioni. Con la sentenza 1758/2019 il Tribunale di Venezia ha poi messo in dubbio anche la validità dei finanziamenti per l’acquisto di obbligazioni convertibili della banca, in particolare quelle emesse durante l’aumento di capitale di BpVi del 2013. Anche queste operazioni potrebbero essere prive di una causa meritevole e dunque nulle, così come gli acquisti di azioni. Secondo l’avvocato Mario Azzarita dello Studio legale Sat “questa sentenza è un precedente fondamentale nella delicata vicenda delle banche venete che si spera possa aprire la strada a una definitiva soluzione uniforme delle operazioni baciate da parte della procedura di liquidazione coatta amministrativa”».

Le operazioni “baciate” di BpVi valevano un miliardo
Le operazioni furono definite “baciate” perché ai clienti che chiedevano prestiti o finanziamenti veniva concesso un ammontare più elevato, o magari un tasso d’interesse più basso, a patto che sottoscrivessero azioni della Vicenza o di Veneto Banca. Il marchingegno coinvolse oltre un migliaio di soci per un importo di capitale finanziato, come fu riportato dalla Bce dopo la lunga ispezione del 2015 in BpVi, per la cifra record di quasi un miliardo di controvalore delle azioni. Un miliardo che sparì dalle tasche dei soci convinti a comprarsi le azioni con il debito annesso, ma anche dal patrimonio di vigilanza della banca, dal quale venne dedotto aprendo la strada al baratro del deficit patrimoniale che portò la Popolare di Vicenza a tentare inutilmente l’ennesimo aumento di capitale per poi, fallito il salvataggio da parte dei soci, passare nelle mani del Fondo Atlante e da quelle alla liquidazione. Nel falò della Vicenza andarono bruciate azioni di 120mila soci per circa 6,5 miliardi di euro mentre 630 soci “fortunati”, ma sarebbe meglio dire privilegiati grazie alla rete delle loro amicizie, riuscivano a vendere le loro azioni al prezzo massimo di 62,5 euro tra settembre del 2014 e febbraio del 2015 prima chiudesse il mercato della compravendita dei titoli BpVi.

Ma a Vicenza invece danno ragione alla banca
Molti azionisti di BpVi, in ragione dell’azzeramento del valore delle azioni della banca, hanno contestato in giudizio a vario titolo la validità dell’investimento effettuato grazie a provvista concessa dalla Vicenza, chiedendone la condanna alla restituzione dell’importo investito o comunque l’accertamento che il rimborso del finanziamento non è più dovuto. Nei mesi scorsi però decisioni di segno diametralmente opposto a quelle del Tribunale di Venezia, favorevoli alla liquidazione e a sfavore dei soci che avevano sottoscritto le “baciate”, erano state prese con due sentenze del Tribunale di Vicenza (la numero 951 del 30 aprile 2019 e la numero 1066 del 9 maggio 2019), con le quali due diversi giudici hanno dichiarato l’improcedibilità di tutte le domande formulate nei confronti di BpVi per le “baciate” proprio sul fronte dell’accertamento della nullità delle operazioni. Ecco perché la sentenza 1758/2019 della Sezione imprese del Tribunale di Venezia è estremamente importante: se questa linea dovesse fare giurisprudenza, venendo recepita anche da altri tribunali e in altri gradi di giudizio, gli organi della liquidazione coatta amministrativa della BpVi, che facevano conto sul recupero del miliardo di euro erogato dalla banca nelle “baciate”, dovranno rinunciare a recuperare quell’importo.

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