“Tra una mia elezione come eurodeputato (di En Marche, ndr) e la vittoria dell’Italia ai Mondiali? L’Italia può aspettare”. La volontà di entrare nell’organico del partito di governo francese non l’ha mai nascosta, ma dopo aver sbattuto contro la bocciatura per una poltrona al Parlamento Ue, Sandro Gozi entra direttamente nel governo francese al servizio di Emmanuel Macron: l’ex sottosegretario agli Affari europei dei governi Renzi e Gentiloni ricoprirà lo stesso incarico, con ufficializzazione che secondo Le Figaro dovrebbe arrivare martedì 30 luglio, nell’esecutivo che ha come premier Edouard Philippe.
Gozi, che è anche indagato a San Marino per una presunta consulenza “fantasma” da 220mila euro con l’accusa di amministrazione infedele in concorso, a quanto si è saputo dovrebbe rimanere nella sede del primo ministro a Parigi in attesa di prendere posto a Bruxelles dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. L’europarlamentare avrà il compito di monitorare la creazione di nuove istituzioni europee e le relazioni con il Parlamento Ue, operando in stretta collaborazione con il Segretariato generale per gli Affari Europei francese.
Una nomina che, però, ha scatenato le proteste di tutti i principali partiti italiani, tranne il Pd, che in coro hanno chiesto: “Di chi ha fatto gli interessi Sandro Gozi mentre serviva l’Italia?”. Dura la reazione di Stefano Buffagni, sottosegretario per gli Affari Regionali del Movimento 5 Stelle: “Che schifo! Ecco da chi eravamo governati fino allo scorso anno, ecco a voi i membri del Pd che fanno la morale a tutti. Noi del M5s difendiamo l’Italia sempre prima di tutto! Poi ci domandiamo perché l’Italia non è mai stata adeguatamente rispettata? Ora entra nel governo francese… che vomito! Non possiamo permettere di veder tornare questa gente!”. Poi ha aggiunto: “Leggere di un ex membro del governo italiano (con Renzi) che viene nominato nel governo di un altro paese, la Francia, è qualcosa di veramente vomitevole e preoccupante! Ricordo, ad esempio, che è con Sandro Gozi sottosegretario agli affari europei che l’Italia perse l’Agenzia Europea del Farmaco quando questa doveva essere riassegnata nel 2017. La domanda sorge quindi spontanea: per chi lavorava allora Gozi? Rappresentava davvero gli interessi dell’Italia o giocava su altri campi per altri paesi? Non c’è il rischio di alto tradimento contro la personalità dello Stato italiano?”.
Pino Cabras, capogruppo M5s alla Camera in commissione Affari Esteri, in una nota evidenzia un filo conduttore tra la Francia ed alcuni esponenti dei Democratici: “Dopo le schiere di tredici esponenti Pd, da Fassino a Franceschini, passando per Letta e Sala, che negli ultimi sedici anni hanno ricevuto la Legion d’Onore francese, non potendo ricevere una seconda onorificenza per Sandro Gozi è scattata direttamente la nomina a responsabile degli Affari Europei del governo Macron. Ci chiediamo: quali dossier tra Italia e Francia ha trattato, evidentemente non certo a sfavore degli amici d’Oltralpe, Sandro Gozi durante il suo mandato governativo con Renzi e Gentiloni?”. Si tratta, chiude poi il pentastellato, di “una una nomina che desta politicamente più di un sospetto e che inquieta”.
“Voglio sapere perché Emanuel Macron e il governo francese ci tengano a premiare così un signore che avrebbe dovuto fare fino a qualche mese fa gli interessi degli italiani”, chiede Giorgia Meloni.
Mentre Matteo Salvini attacca: “Gozi, già sottosegretario agli affari europei con Renzi e Gentiloni, con la benedizione di Macron viene ora nominato, stesso ruolo, nel governo francese! Immaginate di chi facesse gli interessi questo personaggio quando era nel governo italiano. Pazzesco, questo è il Pd!”. Al vicepremier leghista risponde lo stesso Gozi: “Leggo che Matteo Salvini si chiede come io abbia tutelato gli interessi nazionali quando ero al governo – scrive su Twitter – Caro Salvini, quando vuoi ci confrontiamo, atti e documenti alla mano, per vedere chi tra me e te ha curato di più e meglio gli interessi del nostro Paese. Facciamo così?”.
Libia, i rapporti tra Italia e al-Sarraj. E la lotta per il petrolio
Tra i dossier caldi che vedono contrapposte Italia e Francia, il primo, sia durante il mandato giallo-verde che nel corso degli esecutivi di marca Pd, è certamente il rapporto con le diverse fazioni in campo nello scacchiere libico. Come è noto, mentre l’Italia, già al tempo di Gozi sottosegretario, rappresenta uno dei principali interlocutori del Governo di Accordo Nazionale guidato da Fayez al-Sarraj, oltre che il partner di riferimento per l’Unione europea, la Francia è uno dei pochi Paesi dell’Ue a vantare rapporti privilegiati con la controparte della Cirenaica, con a capo il generale Khalifa Haftar.
In un clima di tensione nuovamente alta nel Paese nordafricano, con le milizie di Tobruk che da mesi spingono per rovesciare l’esecutivo tripolino, sostenute da alcuni alleati regionali come Arabia Saudita ed Emirati, oltre alla Russia e, almeno in passato, la Francia, un ex membro del governo italiano ora al servizio di Parigi potrebbe essere a conoscenza di accordi mai resi pubblici stipulati tra Roma e le varie fazioni in campo: Tripoli, Misurata, altre milizie non allineate e lo stesso Haftar, con cui l’Italia sta cercando di intavolare un dialogo per arrivare il prima possibile a un cessate il fuoco.
Migrazione: la richiesta di solidarietà italiana e i respingimenti francesi
Elementi, questi, che influenzano anche un altro dossier di primaria importanza per l’Italia, già dai tempi dei governi Renzi e Gentiloni, quello sulle partenze di migranti dalle coste libiche. Riuscire o meno a normalizzare la situazione può frenare un nuovo esodo dal Paese nordafricano verso le acque italiane. L’immigrazione, inoltre, è un tema sul quale Italia e Francia si sono già scontrate negli anni passati, basta ricordare i respingimenti della Gendarmeria d’Oltralpe a Ventimiglia, i fatti di Bardonecchia e un altro respingimento in territorio italiano, in Alta Val Susa. In Europa, il governo di Roma chiede da anni maggiore solidarietà europea, mentre Emmanuel Macron, invece, è uno dei rappresentanti dei grandi Paesi Ue che più frena sulla possibilità di accordi favorevoli a Roma.
La lotta per il petrolio
Quella tra Haftar e al-Sarraj non è solo una lotta per governare un Paese, ma uno scontro tra diverse alleanze internazionali per mettere le mani su giacimenti di petrolio tra i più ricchi e appetibili del mondo. E tra coloro ad avere i maggiori interessi in campo in questa battaglia sono proprio la francese Total e l’italiana Eni. A febbraio 2019, ad esempio, il portavoce dell’Esercito nazionale libico, che fa capo ad Haftar, aveva annunciato la presa del campo petrolifero di Al Sharara, nella regione di Ubari, a 900 km a sud di Tripoli, la cui produzione era bloccata da 2 mesi. Il sito è strategico per l’economia dell’intera Libia e per gli Stati che hanno interessi petroliferi nel Paese: gestito dalla società Akakus, joint-venture tra la Noc, la compagnia petrolifera nazionale controllata dal governo di Fayez Al Sarraj, principale interlocutore dell’Italia, la spagnola Repsol, la Total, l’austriaca Omv e la norvegese Statoil.
Da Fincantieri a Tim: i fronti caldi
A scaldare i rapporti tra Italia e Francia già durante i governi dei Democratici di cui faceva parte il nuovo sottosegretario macronista ci sono più controversie tra le grandi multinazionali italiane e francesi, sia pubbliche che private. La prima partita economica è senz’altro quella su Fincantieri-Stx. Dopo un lungo tira e molla, nel settembre 2017, il governo Gentiloni riuscì a sbloccare l’operazione ottenendo per Fincantieri il 50% di Stx più l’1% in prestito dallo Stato francese. Ma il prestito è sottoposto a verifiche periodiche e il governo francese ha facoltà di chiedere indietro la quota prestata in caso di inadempienza italiana. Nel caso in cui l’1% venga ritirato, Fincantieri può solo decidere di cedere tutto il 50% di Stx a Parigi. Il governo transalpino ha quindi oggettivamente la possibilità di rendere difficile la vita a Fincantieri che è controllata dal Tesoro via Cassa Depositi e Prestiti.
Altre vicende, anche se legate ad affari privati in cui lo Stato è, però, già intervenuto in passato, sono quelle relative a Tim-Vivendi e Mediaset-Bolloré. Nel maggio 2018, ad esempio, il fondo Elliott è riuscito a modificare gli equilibri di potere in Tim grazie al voto favorevole del socio pubblico Cassa Depositi e Prestiti. La vicenda non è piaciuta a Vivendi, estromessa dalla guida del gruppo, e al suo socio di riferimento, Vincent Bolloré, azionista anche di Mediobanca e di Mediaset, in guerra aperta con la famiglia Berlusconi.
Sono tanti i dossier che un ex membro di governo potrebbe aver gestito o di cui potrebbe aver sentito parlare. E anche per questo Giorgia Meloni ha annunciato che Fratelli d’Italia ha già depositato un’interrogazione: “Vogliamo sapere quali sono tutti i dossier che Sandro Gozi ha seguito quando era alla presidenza del Consiglio italiano che riguardano anche i francesi. Noi vogliamo sapere che cosa deve Emmanuel Macron a Sandro Gozi”.
Twitter: @GianniRosini