Cronaca

Carabiniere ucciso, generale Gargaro: “Cerciello Rega non aveva la pistola, forse dimenticata. Con sé solo le manette”

Il generale Francesco Gargaro, a capo del comando provinciale dei Carabinieri di Roma, ha risposto ai cronisti affermando che "probabilmente Cerciello Rega ha dimenticato l'arma, lo sa solo lui come mai. Con sé aveva solo le manette". Il collega Varriale "non poteva sparare perché l'indagato stava fuggendo e avrebbe commesso un reato grave". Il procuratore capo facente funzioni, Michele Prestipino, sul ragazzo bendato: "Gli interrogatori sono stati fatti nel rispetto della legge. Su quanto avvenuto prima abbiamo aperto un'indagine"

Mario Cerciello Rega era disarmato la notte in cui è stato ucciso. “Non aveva l’arma con sé. Come mai? Lo sa solo lui“. Il generale capo del comando provinciale dei Carabinieri di Roma, Francesco Gargaro, lo ha ammesso, incalzato dai cronisti, quasi in conclusione della conferenza stampa sulla morte del vicebrigadiere 35enne, ad opera dei due 19enni statunitensi Finnegan Lee Elder e Natale Hjorth. “Probabilmente è stata una dimenticanza, fatto sta che era disarmato. Aveva con sé solo le manette. Ma se anche avesse avuto la pistola non avrebbe avuto la possibilità di reagire”, ha risposto il comandante nella sede di San Lorenzo in Lucina a Roma. Per poi spiegare: “Non pensavano di essere aggrediti dopo aver esibito i tesserini. La pistola l’abbiamo trovata nel suo armadietto”.

Generale Gargaro: “Disappunto su dubbi nostro operato” – E pensare che Gargaro aveva inizialmente espresso “disappunto e dispiacere per ombre e misteri sollevati sulla vicenda“. Il comandante ha sottolineato la “linearità dell’intervento effettuato la notte del 26 luglio che ha portato alla morte del vicebrigadiere”. “C’erano delle pattuglie nelle vicinanze – ha riferito – e non dovevano essere riconoscibili. Non c’è stato il tempo di reagire perché tutto è avvenuto in pochi secondi. Il carabiniere Varriale non poteva sparare a un soggetto in fuga, altrimenti sarebbe stato lui indagato. E sarebbe stato un reato grave“. Poi ha spiegato l’equivoco sulle prime notizie che parlavano di nordafricani come autori del delitto: “Questa identikit ci è stata data subito dopo il fatto da Brugiatelli che ci ha detto che si trattava di due persone di carnagione scura. Quindi sia noi, sia la polizia di stato, ci siamo inizialmente indirizzati in questa direzione”. Probabilmente il tramite dei pusher “aveva timore a svelare che lui conosceva gli autori dell’omicidio”.

Generale Gargaro: “Varriale non poteva sparare, sarebbe stato indagato” – Cerciello Rega era disarmiato. Ma il suo collega Varriale no. Eppure non ha sparato, almeno in aria. Come mai? “Perché la sua prima preoccupazione è stata quella di soccorrere il collega e tamponare la ferita. Mario era impossibilitato a reagire. Gli spari in aria non sono previsti da alcuna normativa“, ha risposto il generale Gargaro. I militari chiamati in conferenza hanno poi chiarito che “la seconda chiamata al 112 di Brugiatelli è arrivata dal telefono di Medi”, l’altro presunto intermediario presente a Trastevere prima del furto. Subito dopo l’accoltellamento che ha portato alla morte del vicebrigadiere, “Varriale era sotto choc, non riusciva a ricostruire bene quanto avvenuto”. Brugiatelli, ha chiarito il generale, “non è una persona nota, ha dei precedenti molto datati. I carabinieri non lo conoscevano, lo hanno identificato quando è giunta la pattuglia di Varriale e Cerciello Rega”. Il coltello “modello marines” con cui è stato ucciso il militare, secondo le dichiarazioni di Elder “proviene dagli Stati Uniti ed è stata portata in Italia da lui, prima di arrivare. Forse lo aveva nella tasca del pantalone, lui stesso dice che lo aveva addosso”. Varriale “è provato – ha detto Gargaro – Non auguro a nessuno di vedere un collega morire. Attualmente sta ultimando i 6 giorni di malattia dati dal referto. Tornerà in servizio. Ha riportato alcune contusioni e graffi al collo”.

Pm Prestipino: “Gli interrogatori sono regolari” – Sull’altro tema caldo, ovvero il ragazzo fotografato mentre era bendato nei minuti precedenti all’interrogatorio, si è esposto direttamente il procuratore capo facente funzioni di Roma, Michele Prestipino. “Gli interrogatori sono avvenuti nel rispetto della legge – ha spiegato – Gli indagati sono stati interrogati dai magistrati della Procura della Repubblica e sono stati condotti oltre dall’ufficio del pm, alla presenza dei difensori e sono stati anche registrati”.

“Nella fase precedente degli interrogatori, uno degli indagati è stato ritratto seduto bendato – ha detto Prestipino – Questo fatto è stato oggetto di tempestiva segnalazione da parte della stessa Arma dei Carabinieri, che ha definito tale fatto grave e inaccettabile. La procura ha già avviato le indagini necessarie per accertare quanto accaduto, per consentirne la qualificazione giuridica e definire le responsabilità. Sono stati avviati accertamenti senza pregiudizio alcuno, come accaduto in altre analoghe vicende e situazioni”. Accerteremo i fatti “senza alcun pregiudizio e con il rigore già dimostrato da questa procura in altre analoghe vicende“.

Pm Prestipino: “Qualche aspetto oscuro ancora c’è” – Tornando sui possibili “buchi” nella ricostruzione e sui numerosi dubbi, Prestipino ammette: “Ci sono ancora diversi aspetti su cui dobbiamo lavorare e fare degli approfondimenti. Ci sono indagini in corso ma dire a distanza di 3 giorni che non ci siano ancora aspetti oscuri sarebbe quantomeno precipitoso. Stiamo facendo indagini per ricostruire ancora più nel dettaglio la vicenda”. Ovviamente “per farlo – ha aggiunto il procuratore facente funzioni – ci sono degli accertamenti di natura tecnica che non si possono fare in una notte e richiedono tempo, come l’analisi completa dei tabulati, la perizia medico legale, le verifiche sul coltello”. Dunque, conclude il magistrato, “dobbiamo aspettare che si completi questo quadro, al termine del quale prenderemo, come per tutte le altre indagini le nostre decisioni“.

Pm D’Elia: “Il ragazzo bendato? Non è stato bello” – Nunzia D’Elia, procuratore aggiunto, ha poi spiegato che “quando abbiamo interrogato gli indagati, erano in buona salute. Gli abbiamo fornito avvocati d’ufficio e interpreti. Abbiamo consentito a Natale di avere un colloquio privato con l’avvocato. Evidentemente il legale voleva verificare se il soggetto voleva rendere delle dichiarazioni“. E ancora: “Non è stato un interrogatorio veloce, dove loro hanno raccontato tante cose e hanno avuto l’opportunità di raccontare la loro versione dei fatti. Gli elementi raccolti ci hanno consentito di ricostruire la dinamica dei fatti”. La pm ha ringraziato “da cittadina le forze dell’ordine” e “come magistrato devo sottolineare la correttezza nei rapporti che ha consentito il risultato in breve tempo”. L’episodio della foto del ragazzo bendato “non è stato bello. C’è una denuncia e un procedimento per capire cosa è successo“.

Intanto il Sindacato unitario lavoratori militari (Siulm) si definisce pronto a costituirsi parte civile in un futuro processo. In una simile azione “saremmo pionieri. Ci sono pochi precedenti relativi a sindacati di polizia mentre sarebbe la prima volta per uno dei sindacati militari, che da poco sono stati giuridicamente riconosciuti dopo la sentenza della Corte Costituzionale”, ha spiegato il segretario nazionale Salvatore Rullo.