I primi sei mesi dell’auto in Francia hanno manifestato diverse zone d’ombra. Le immatricolazioni sono scese dell’1,8% e, soprattutto, i costruttori nazionali sembrano procedere a due velocità. Da una parte il gruppo Psa veleggia sicuro nel vecchio continente con Carlos Tavares sul ponte di comando, il quale punta forte su nuovi prodotti e, ancor di più, a massimizzare la redditività. Dall’altra i cugini di Renault, alle prese con utili in calo e con la spina Nissan nel fianco che, dopo aver messo un veto decisivo alle nozze con Fca, continua a volersi smarcare da un’Alleanza che da tempo le va stretta. Ma andiamo con ordine.
Il gruppo Psa, al quale fanno capo i marchi Peugeot, Citroen, Opel e Ds, ha presentato una semestrale tutto sommato lusinghiera. In cui, nonostante i ricavi siano scesi da 38,6 a 38,34 miliardi di euro, gli utili netti sono invece aumentati del 17,6% passando da 1,7 a 2 miliardi. Tutta farina del sacco europeo, visto che la situazione in Cina (-60%) e Medio Oriente (-29%) non è poi così rosea. Dati generati della divisione automotive, cresciuta del 12% rispetto allo scorso anno: segno che i soldi Psa se li guadagna nella maniera più naturale, ovvero vendendo macchine. Equazione non così ovvia, al giorno d’oggi. E quei soldi sono molti più di quanti in media ne realizza un costruttore generalista, perché il margine operativo è salito dal 7,8 all’8,7%: roba quasi da marchi premium.
L’Italia, in particolare, è il Paese in cui Psa è cresciuta di più nei primi sei mesi dell’anno (+4,2%, nonostante un mercato in calo), superando il gruppo Vw e portandosi al secondo posto dietro a Fca, con una quota del 16,6%. Il passo successivo, come spiegato dal direttore generale di Psa Italia, Gaetano Thorel, è quello di “occupare lo spazio lasciato libero dal costruttore nazionale”, potendo contare su prodotti freschi e adatti alla clientela italiana (Peugeot 208 e Opel Corsa, ma anche Citroen C3) nonché su un programma di elettrificazione che prevede l’arrivo entro la fine del prossimo anno di 15 modelli a batteria (8 ibridi, anche plug-in, e 7 elettrici puri).
Appare meno incoraggiante la situazione di Renault, sia sul piano economico che strategico: la marca della Losanga ha tagliato le stime di ricavi per il 2019 dopo aver registrato un utile semestrale in calo. Colpa di un indebolimento della domanda e del crollo del giro d’affari degli alleati di Nissan. Nel periodo gennaio-giugno l’utile netto è sceso di oltre la metà a 970 milioni di euro, con un calo dei ricavi del 6,4% a 28,05 miliardi, mentre l’utile operativo è sceso del 13,6% a 1,65 miliardi di euro. Anche il margine operativo di Renault, sceso al 5,9% dal 6,4% di un anno prima, è decisamente più basso di quello toccato dai cugini di Psa che, come detto, si attesta su un 8,7%.
Forse che quella Nissan che tanto vorrebbe liberarsi dalla morsa della governance francese e che Renault considera di importanza strategica fondamentale – anche da un punto di vista tecnologico, visto che da lì arriva buona parte della componentistica elettrificata – sia tutto d’un colpo diventata una zavorra per il gruppo transalpino? La marca giapponese, inoltre, ha contribuito in maniera determinante a far saltare le nozze con FCA, viste come l’opportunità per divincolarsi dall’abbraccio dei francesi e, specialmente, dalle ingerenze del governo di Parigi (che detiene il 15% di Renault). La mancata stretta di mano con FCA – dovuta proprio alla volontà dell’Eliseo di conservare il pieno controllo di una Nissan che si era messa di traverso – ha chiuso alla marca francese la possibilità di consolidarsi in Europa e in Cina, nonché quella di sbarcare sul mercato americano.
Lo sa bene il direttore generale di Renault, Thierry Bolloré, che in un’intervista pubblicata sul quotidiano Les Echos è tornato sul tema: “I fondamentali di questo eccellente progetto sono sempre robusti, in due mesi il contesto non è cambiato. Le sfide di consolidamento dell’industria mondiale sono gli stessi. Non bisogna mai dire mai, ma a oggi non ci sono più trattative in corso. Non abbiamo mai visto un progetto così sinergico, e creatore di valore a beneficio di Renault. Mai”. Alla domanda se Renault sarà un giorno in grado di convincere i partner di Nissan dell’opportunità dell’operazione, il manager ha risposto: “Tra i fondamentali robusti del progetto per l’Alleanza, ci sono elementi sull’America del Nord che non sono sfuggiti agli uomini di Nissan. Erano al corrente dell’interesse rappresentato da questa operazione”. Ed FCA potrebbe rispondere (o meno) alle avance di Bolloré già nelle prossime ore, quando presenterà il proprio bilancio semestrale.