Diritti

Ancona, tribunale obbliga Comune a iscrivere all’anagrafe un richiedente asilo: sentenza solleva questione di legittimità costituzionale

A comunicarlo l'Ambasciata dei diritti delle Marche che ha sostenuto l'azione del migrante in aula. Per il giudice non inserire il nome nel registro equivale a negare diversi diritti: la stipula di un contratto lavorativo, la patente di guida, l'accesso alla cittadinanza. E per la prima volta una decisione simile finisce davanti alla Consulta. La onlus: "Risultato estremamente importante perché chiede alla Corte Costituzionale di fare chiarezza"

Negare l’iscrizione all’anagrafe di un richiedente asilo lede i diritti e potrebbe essere costituzionalmente illegittimo. È quanto ha deciso la prima sezione civile del Tribunale di Ancona di fronte al caso di un richiedente asilo a cui è stata negata l’iscrizione all’elenco secondo la norma contenuta nel Decreto Sicurezza. Il giudice ha obbligato il Comune ad accettare l’iscrizione e ha sollevato la questione di legittimità costituzionale. A comunicarlo è l’Ambasciata dei diritti delle Marche che ha sostenuto l’azione del migrante in aula. “A quanto ci risulta è la prima volta che su tale normativa viene sollevata la questione di legittimità costituzionale“, si legge nel comunicato della onlus. Per la decisione definitiva, si legge nell’ordinanza, si attenderà l’esito dell’incidente di costituzionalità.

“Riteniamo di estrema importanza questo risultato sia perché consente da subito l’iscrizione anagrafica del richiedente, con la conseguente possibilità di accedere a tutti i diritti ad essa connessi, sia perché la richiesta di pronunciamento della Corte Costituzionale può fare chiarezza definitiva – si legge ancora nel comunicato – con effetti vincolanti, sull’incostituzionalità delle disposizioni in materia di iscrizione anagrafica contenute nel primo decreto legge Salvini e sulla loro natura discriminatoria”. A seguire il caso l’avvocato Paolo Cognini, dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, esperto del cosiddetto “Decreto Salvini”.

Nell’ordinanza a sostegno della sentenza sono molti gli esempi di diritti negati, a partire dalla mancata maturazione dei requisiti per la cittadinanza. “Ogni giorno di mancata iscrizione anagrafica è sottratto al progressivo maturare del requisito temporale”, si legge nel testo. Ma non solo. Senza residenza anagrafica, si legge ancora nell’ordinanza, al richiedente asilo è preclusa la possibilità di stipulare un contratto lavorativo, nonché quella di prendere la patente. “Il ricorrente non ha possibilità di stipulare altri contratti di prestazione di lavoro occasionale (come disciplinati dal d.l. n. 50/2017) in quanto gli stessi presuppongono la registrazione presso la piattaforma telematica dell’INPS, la cui procedura richiede indefettibilmente l’indicazione dell’indirizzo di residenza”, scrive sempre il giudice Martina Marinangeli. Impossibili anche l’accesso ai servizi bancari e l’apertura di un conto corrente. Limiti quindi, che per il magistrato “si traducono in una preclusione all’accesso a tutti quei diritti, facoltà e servizi che elevano tale prova a requisito costitutivo, interponendo quindi seri ostacoli allo sviluppo della persona come singolo e nelle formazioni sociali”.

Ma non solo. Nella sentenza viene anche sollevata la questione di legittimità costituzionale, che dovrà essere poi discussa presso la Consulta. “Appare violato, in primo luogo, il principio di ragionevolezza, in quanto il legislatore con la norma censurata ha privato, al solo fine di impedire l’iscrizione anagrafica, il ‘permesso di soggiorno’, documento deputato al precipuo fine di attestare la regolarità del soggiorno di uno straniero sul territorio, della sua ontologica natura ovvero della sua capacità di provare la legittima permanenza sul territorio nazionale – si legge ancora nell’ordinanza -. Il principio di ragionevolezza può dirsi rispettato solo laddove esista una ‘causa normativa’ della suddetta differenziazione che, nel caso di specie, non può essere ravvisata nella ‘precarietà della condizione giuridica dello straniero’ in quanto tale precarietà non corrisponde ad un soggiorno di breve durata”.

Non è la prima volta che un tribunale impone al Comune l’iscrizione al registro. Già lo scorso maggio un caso simile era successo a Bologna, scatenando subito la reazione contraria di Matteo Salvini. Decisione analoga anche a Firenze, a marzo 2019, per una richiesta negata nel comune di Scandicci. In entrambe le occasioni, però, il giudice non ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, ma solamente indicato che la norma non entrava in contrasto con la domanda di iscrizione all’anagrafe.