I dettagli dell’operazione “Libro nero” che ha portato a 17 arresti, tra cui anche il capogruppo di Fratelli d'Italia in Regione e il suo collega del Pd Romeo. Tra le intercettazioni chiave quelle del medico Tortorella, ex consigliere e assessore comunale, che per i pm era diventato il tramite tra ‘ndrangheta e politica nella città dello Stretto
“Sai qual è la differenza tra me e Riina? Che Riina li squaglia, li squaglia nell’acido, io me li porto a Cannavò, ho una ‘livara’ (albero di ulivo, ndr), li appendo là con una corda e una scimitarra. Ogni tanto gli taglio un pezzo e gli metto al cane. Questa è la differenza tra me e coso”. A parlare è il medico odontoiatra Giuseppe Tortorella, l’ex consigliere e assessore comunale di Reggio Calabria che, abbandonata la politica attiva diversi anni fa, secondo i pm si è ritagliato un ruolo fondamentale nel rapporto tra la ‘ndrangheta e la politica nella città dello Stretto. Nell’illustrare i dettagli dell’operazione “Libro nero” – che ha portato a 17 arresti – il procuratore Giovanni Bombardieri lo definisce una “figura fondamentale a cui si rivolgono i politici per avere un contatto con le cosche”. Tortorella “può, senza tema di smentita, definirsi – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare – come il trait d’union tra cosca Libri ed i rappresentanti delle istituzioni”.
La riunione elettorale che sembrava un summit di ‘ndrangheta – Alcuni di loro sono finiti in carcere come Alessandro Nicolò, il consigliere regionale eletto con la lista di Forza Italia nel 2016 e poi, dopo le elezioni politiche del 2018, passato con Fratelli d’Italia alla corte di Giorgia Meloni. Il partito lo ha sospeso. “A Saline, in un agriturismo, Alessandro fece una cena. Alessandro Nicolò, dove c’era anche Demetrio Berna (uno degli imprenditori arrestati, ndr), c’eravamo io e c’era Ferlito, e c’erano tutti i ragazzi della cosca. Sembrava un summit (di ‘ndrangheta, ndr), non sembrava una riunione elettorale”. Secondo il pentito Enrico De Rosa, il consigliere regionale della Calabria Alessandro Nicolò era “diretta espressione della cosca Libri” e in ragione di questo, “divenne – è scritto nelle carte dell’inchiesta ‘Libro nero’ – il punto di riferimento della criminalità organizzata”.
“La vena espansionistica della cosca Libri” – Con l’operazione di oggi, condotta dalla quinta sezione della squadra mobile, la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria è riuscita a dimostrare quella che il gip definisce “la vena espansionistica della cosca Libri. La ragione – si legge nell’ordinanza – era sostanzialmente quella di collocare all’interno delle istituzioni locali e regionali uomini della consorteria grazie al controllo del territorio”. “Il dettaglio degli interessi criminali della cosca Libri – ha affermato il procuratore Giovanni Bombardieri durante la conferenza stampa – emerge in tutta la sua gravità nelle intercettazioni dentro lo studio dell’odontoiatra Giuseppe Demetrio Tortorella.” Nel fascicolo dell’inchiesta coordinata dai pm Stefano Musolino e Walter Ignazitto, infatti, sono finite anche alcune conversazioni tra il medico Tortorella e Stefano Sartiano, un imprenditore legato ai Libri.
I due discutono dell’ipotesi che un killer della cosca, Domenico Ventura, possa collaborare con la giustizia perché risentito con i vertici della consorteria che non hanno punito un altro affiliato, Edoardo Mangiola, che ha contribuito al suo arresto filmando alcuni anni fa un omicidio da lui commesso: “Prima o poi – dice l’imprenditore (anche lui arrestato nel blitz della squadra mobile) – Ventura si butta pentito, se non glielo ammazzano non c’è la soluzione, non ci vuole niente che si butta pentito Mico Ventura”. “In quel pezzo di terra non resta nessuno perché esce fuori e… Morabito esce fuori…”. Con il termine “pezzo di terra”, Tortorella indica la zona di Cannavò, da sempre considerata la roccaforte della cosca Libri. E ancora: “Finisce pure Sandro”.
Il padre del consigliere “ucciso” dalla cosca – Il riferimento è sempre a consigliere regionale Sandro Nicolò, il cui padre, Pietro, “per come riferisce l’indagato – scrive il gip – è stato ucciso su disposizione di don Mico Libri che ha armato la mano del Ventura”. Se quest’ultimo dovesse decidere di collaborare con i magistrati, infatti, potrebbe rivelare il perché il padre del politico nel gennaio del 2004 è stato vittima di “lupara bianca” assieme all’amico Giuseppe Morabito. La preoccupazione dei due è che l’eventuale collaborazione del Ventura “possa porre fine alla relazione politica-criminale instauratasi tra la cosca e il politico regionale”.
“Questo – è sempre Tortorella che parla di Nicolò in un’altra intercettazione registrata dalla polizia – ha vinto con i voti di quelli che gli hanno sotterrato a suo padre“. “Desta non poco allarme – scrive il gip – la condotta dell’uomo politico Nicolò, pronto a sedersi attorno a un tavolo con gli appartenenti alla cosca Libri per pianificare strategie politiche funzionali al sostentamento ed al consolidamento della consorteria. Il Nicolò è il sodale espressione dei Libri in seno alle istituzioni”. Il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, infatti, avrebbe “assunto un ruolo dinamico e funzionale” alla cosca. Gli indagati, infatti, lo definiscono “una cosa nostra”. In altre parole era diventato una figura indispensabile alla consorteria”. E ancora: “È il cosiddetto ‘colletto bianco’ che scende a patti con la mafia, con accordo corruttivo stabile che assume le caratteristiche di un vincolo affidabile ed in qualsiasi momento esigibile”.
A consigliere Pd contestata la tentata corruzione – È finito ai domiciliari, invece, il capogruppo del Pd alla Regione Sebi Romeo. La sua è una vicenda slegata dal contesto dei Libri ma emersa durante le intercettazioni registrate dalla squadra mobile nel corso dell’indagine. Romeo, infatti, è accusato di tentata corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e per lo stesso reato il gip ha disposto i domiciliari anche al maresciallo della Guardia di finanza Francesco Romeo e al segretario del Pd di Melito Porto Salvo Concetto Laganà. Attraverso quest’ultimo, il sottufficiale delle Fiamme gialle avrebbe avvicinato ed incontrato di persona il capogruppo del Pd Romeo desideroso di avere notizie riservate su indagini che lo avrebbero potuto riguardare.
Per l’ex assessore gip rigetta l’arresto – L’ex assessore regionale Demetrio Naccari Carlizzi, cognato del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, è accusato invece di concorso esterno con la ‘ndrangheta. Secondo i pm, che avevano chiesto l’arresto (non concesso dal gip per mancanza di esigenze cautelari) anche Naccari “nel corso degli anni ha avuto un rapporto privilegiato con il dentista Tortorella”. A quest’ultimo si era rivolto sempre l’imprenditore Sartiano per risolvere alcune difficoltà legate all’affidamento alla sua impresa edile di una lucrosa commessa, relativa a lavori di ristrutturazione di uno stabile di proprietà (pro quota) di un istituto di credito e della Regione Calabria. In sostanza, l’imprenditore aveva appreso che uno dei dirigenti regionali che si occupava della faccenda era un tale Giordano “che aveva ottenuto l’incarico grazie a Demetrio Naccari”. “A Demetrio non l’hai visto”. “Stamattina l’ho visto… ha detto tutto a posto”. L’intercettazione tra il dentista e l’imprenditore dimostrerebbe che “il Naccari – è scritto nelle carte – sia intervenuto presso l’istituzione regionale per sollecitare l’affidamento in favore del Sartiano del tanto agognato (e remunerato) appalto”.
In cambio però l’ex assessore si sarebbe interessato alla richiesta avanzata dal dirigente regionale che voleva essere mandato presso il Comune di Reggio Calabria, da pochi mesi guidato Giuseppe Falcomatà, cognato di Naccari. Poche settimane dopo, il 20 aprile 2015, su richiesta del sindaco di Reggio Calabria, la giunta regionale ha disposto il trasferimento di Giordano “assegnato in via temporanea in posizione di comando ed a tempo pieno, presso l’amministrazione comunale di Reggio Calabria per un periodo di dodici mesi rinnovabili”.