Pg chiede di annullare l’ordinanza del 22 luglio scorso con cui il Tribunale di Sorveglianza aveva concesso la misura alternativa al carcere: i fatti sono stati integralmente accertati e l'ex governatore non può più collaborare. Nell'atto di impugnazione si sostiene la tesi opposta e si sottolinea come il Celeste non si sia mai sottoposto a interrogatorio
La Procura generale di Milano ricorre in Cassazione contro i domiciliari concessi a Roberto Formigoni. L’avvocato generale Nunzia Gatto ha chiesto alla Suprema Corte di annullare l’ordinanza del 22 luglio scorso con rinvio per un nuovo esame del caso allo stesso Tribunale di Sorveglianza. Il ricorso depositato oggi ritiene non ci siano gli estremi giuridici previsti dall’ordinamento penitenziario per la “collaborazione impossibile” da parte dell’ex governatore della Lombardia condannato per corruzione nell’ambito del processo Maugeri-San Raffaele. Requisito ritenuto, invece, sussistente dal Tribunale di Sorveglianza e che ha consentito di aggirare la Spazzacorrotti concedendo a Formigoni di uscire dal carcere di Bollate, dove era entrato lo scorso 22 febbraio, e scontare la pena di 5 anni e 10 mesi in detenzione domiciliare.
La Spazzacorrotti ha imposto una stretta alle misure alternative al carcere per i pubblici ufficiali condannati per corruzione. Per la Sorveglianza, anche applicando la nuova legge si possono comunque concedere i domiciliari poiché esiste appunto il presupposto della collaborazione impossibile, previsto dall’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario. I fatti – nonostante “pacificamente” Formigoni non abbia mai collaborato in fase di indagine o durante il processo – sono stati integralmente accertati, dunque è impossibile ipotizzare una sua collaborazione. La vicenda per cui Formigoni sta scontando la pena riguarda 6,6 milioni di euro. Per l’accusa, parte del denaro è ancora al sicuro a Panama, a Malta, alle Seychelles e alle Bahamas. Il Celeste dichiara invece di non avere nessuna entrata economica essendogli stati sequestrati beni, conti correnti e ora anche pensioni e vitalizi.
La Procura generale di Milano invece, nell’atto di impugnazione, sottolinea l’”incongruenza” dell’ordinanza dello scorso 22 luglio e sostiene che l’ex presidente lombardo può collaborare: potrebbe dare indicazioni visto che sono in corso confische di beni nell’ambito del procedimento Maugeri, può rendere dichiarazioni nel processo in corso a Cremona che si reputa connesso e in cui è imputato per presunte tangenti in cambio di appalti nella sanità lombarda con altre persone tra cui l’ex consigliere regionale Massimo Guarischi. Inoltre il pg, che si richiama alla giurisprudenza della Procura generale di Milano sul tema della “collaborazione impossibile”, nel suo ricorso ricorda che Formigoni è stato condannato in via definitiva al massimo della pena prevista dal reato di cui risponde: non gli sono state concesse le attenuanti generiche per via della mancanza di collaborazione in quanto mai si è sottoposto a interrogatorio.