“Abbiamo visto gli atti secreti, la verità è un’altra”. Lo dicono alcuni parlamentari di Fratelli d’Italia, riferendosi agli atti classificati della strage di Bologna del 2 agosto 1980, annunciando una proposta di legge per istituire una commissione bicamerale d’inchiesta su dinamiche e connessioni del terrorismo interno e internazionale con la bomba alla stazione e le relative attività dei servizi segreti italiani ed esteri. L’annuncio è stata fatto oggi a Montecitorio dai deputati di FdI Federico Mollicone e Paola Frassinetti: la proposta ha già incassato l’adesione di parlamentari di Lega, Forza Italia e Movimento 5 stelle.
La proposta di legge, in particolare, prevede l’istituzione di una Commissione “di natura esclusivamente tecnica e non politica”, “aperta al sostegno di tutti coloro che intendono ricercare la verità”, che, in 18 mesi, possa far luce in special modo sulle operazioni di “depistaggio messe in atto in relazione alla strage di Bologna, alcune accertate dalla magistratura, altre archiviate in maniera sospetta”.
La strage del 2 agosto, che provocò la morte di 85 persone in quello che fu il più grave atto terroristico dalla fine della seconda guerra mondiale, a livello giudiziario ha dei colpevoli: gli ex terroristi neofascisti dei Nuclei Armati Rivoluzionari, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, condannati per aver organizzato e realizzato l’attentato. Ma ci sono ancora molti aspetti da portare alla luce: gli atti giudiziari, non più riservati dopo la direttiva del 2014, non sono ancora stati resi pubblici. Quella sulla desecretazione degli atti è una battaglia che va avanti da anni e rilanciata nuovamente pochi giorni fa da Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei famigliari delle vittime della strage.
Lo scopo della commissione bicamerale d’inchiesta però sarebbe un altro, più specifico, e sta tutto nelle “connessioni del terrorismo interno e internazionale“: la Commissione, dicono i parlamentari di Fratelli d’Italia, dovrà acquisire, i lavori, le evidenze e i documenti conservati presso gli archivi delle Commissioni Stragi, Mitrokhin e Moro. Quindi, pubblicazioni e scoop giornalistici relativi alla cosiddetta “pista palestinese“, oltre alle dichiarazioni dell’ex deputato e componente della commissione Moro Gero Grassi relativi ai cablogrammi del capocentro di Beirut dei servizi italiani, Stefano Giovannone. Inoltre, dovrà investigare sul cosiddetto lodo Moro. Tutti elementi – si legge nella proposta di legge – “non considerati dalla magistratura italiana, che si è, invece, trincerata dietro un processo il cui impianto fragile si basa su pentiti inattendibili e le cui sentenze non riescono ad individuare nemmeno gli esecutori materiali“.
Insomma, la richiesta dei parlamentari è quella di approfondire nuovamente la pista che lega la strage alla stazione di Bologna al terrorismo di estrema sinistra. “La presenza accertata a Bologna il 2 agosto 1980 di un ex terrorista tedesco di estrema sinistra, Thomas Kram, esperto di esplosivi e considerato vicino dai servizi segreti tedeschi alle Cellule rivoluzionarie, e la presenza di una terrorista tedesca, Margot Christa Fröhlich, così come di Vincenzo Marra, militante delle Brigate Rosse, forniscono ulteriori elementi utili all’esame dei fatti”, si legge nel testo. La posizione di Kram e Fröhlich era stata archiviata, insieme alla “pista palestinese”, nel 2015.
Una pista riportata alla luce poche settimane fa dal perito Danilo Coppe, nominato dalla Corte d’Assise d’Appello di Bologna all’interno del processo Cavallini bis. L’esperto nella perizia aveva scritto che un interruttore ritrovato ai Prati di Caprara, che potrebbe essere quello utilizzato per la bomba della stazione, era simile a quello trovato alla Fröhlich quando venne arrestata a Fiumicino nel 1982. Ma poi, testimoniando in aula, Coppe aveva in parte ritrattato quanto scritto: “Un ordigno simile a quello utilizzato a Bologna non si trova in altri attentati”, ha detto. Aggiungendo: “Del paragone con l’esplosivo utilizzato dalla Fröhlich mi prendo la responsabilità, ma se dovessi riscrivere la relazione non lo rifarei”.