Siete rimasti sintonizzati? Avete puntato la sveglia alle 3 del mattino? Per chi ha risposto No alle domande un piccolo riepilogo di cosa è accaduto a Detroit: si è svolto il secondo confronto del secondo round di dibattiti per la nomination democratica. Anche se manca un anno alla convention, i dibattiti televisivi sono importanti perché spostano i sondaggi e determinano la possibilità di partecipare ai dibattiti successivi (i prossimi sono già fissati per il 12 e 13 settembre). Secondo l’informatissimo sito FiveThirtyEight, il 60% di coloro che assistono ai confronti è propenso a cambiare opinione.
In estrema sintesi: non ci sono stati attacchi duri e diretti come nel primo dibattito di Miami, ma il confronto è stato vivace, soprattutto quando sul palco sono saliti la Warren e Sanders che hanno fronteggiato insieme i candidati moderati. Biden ha preso meno pugni e ha persino attaccato. Kamala Harris da cacciatrice si è trasformata in preda. Tra i preferiti dalla rete: l’imprenditore Andrew Young e ancora questa volta la più ‘googlata’ è stata Tulsi Gabbard, sono anche i candidati che hanno visto crescere di più i propri followers su Twitter al termine del confronto.
Ecco una carrellata di tutti i candidati e il mio voto sull’efficacia della loro comunicazione.
Elizabeth Warren: voto 8 – equilibrata: ottima l’idea di parlare del sistema sanitario citando un caso vero. Rivolgendosi al pubblico ha detto: “Non è bello che accada questo, questa persona sta morendo”. Ha spalleggiato Sanders e accusato i candidati moderati di essere poco coraggiosi.
Bernie Sanders, voto 7 – solido, anche se cinque anni di campagna elettorale ininterrotta iniziano a farsi sentire. Ha avuto il merito di spostare a sinistra tutto il partito. Suprema la sua “rispostaccia” al giornalista dopo la prima domanda – “You’re Wrong” – mentre difende con i denti il suo ‘Medicare for all’. Continuando ha detto: “A 5 minuti da qui c’è un Paese che si chiama Canada in cui è garantita l’assistenza sanitaria a tutti”. Insieme alla Warren è stato il candidato che ha tenuto di più la parola.
Pete Buttigieg: voto 6 – il sindaco gay e veterano di guerra dell’Indiana è costante, è quinto nei sondaggi, è sicuro di arrivare al terzo dibattito ma su molti temi appiattito sulle posizioni di Sanders e Warren. Per molti commentatori si sta già preparando per il 2024.
Beto O’Rourke: voto 5 – meglio rispetto a Miami ma non sembra avere trovato una sua identità. Parla di unità, di fronteggiare insieme Trump, ma non fa vibrare il cuore. La campagna è lunga, lo rivedremo ancora a settembre.
Marianne Williamson: voto 6 – la scrittrice è parsa più sciolta rispetto al primo dibattito. Si discosta completamente dagli altri candidati, è l’unica che ha avuto il coraggio di menzionare la crisi idrica di Flint “proprio qui a 70 miglia a nord-ovest” (rispetto a Detroit, dove si stava svolgendo il dibattito). Al di là della simpatia che può suscitare, non credo che andrà avanti nella sua corsa alla nomination.
Per la pattuglia dei candidati moderati: voto 4 a tutti e quattro. Bullock, Hickenlooper, Delaney e Ryan (in particolare questi ultimi due) hanno spiegato a Sanders che i sindacati sono contrari a “Medicare for all”. Sembravano dei Repubblicani! Non so se li rivedremo ancora sul palco.
Amy Klobuchar: voto 3. La senatrice del Minnesota ha ricoperto il ruolo della ‘realista’, “Università gratuita per tutti?”. Ma stiamo scherzando? Impossibile! Non penso la rivedremo più sul palco.
Nella seconda serata di lunedì, tutti si aspettavano scintille tra Biden e la Harris. Erano presenti con loro: Jay Inslee, Kirsten Gillibrand, Tulsi Gabbard, Michael Bennet, Bill de Blasio, Cory Booker, Andrew Yang e Julian Castro.
Joe Biden, voto 6 – a differenza del primo dibattito ha attaccato prima di tutto Sanders e la sua riforma sanitaria “che porterà più tasse alla classe media”. Gli farà conquistare qualche punto in più nei sondaggi? Resta per ora il numero 1, ma lo è anche per le sue gaffe: nel discorso di apertura sbaglia a pronunciare il nome del sito per le donazioni, così dei burloni digitali lo hanno creato velocemente e reindirizzato le donazioni al rivale “amico Pete Buttigieg”.
Kamala Harris: voto 6 – le attese erano alte molto alte, aveva dominato il primo dibattito e nei sondaggi ha fatto il balzo più netto. Resta ancora in grado di conquistare la nomination.
Andrew Yang: voto 7 – l’imprenditore contro i politici di professione è apprezzato dai giovani.
Kirsten Gillibrand: voto 7 – la miglior battuta della serata è sua. Quando le chiedono: “Cosa farebbe per prima cosa entrando alla Casa Bianca” ha risposto: “Pulire tutto col Clorox”.
Cory Brooker: voto 5 – il senatore del New Jersey ha criticato Biden per la riforma della giustizia.
Julian Castro: voto 5 – ha attaccato Biden sull’immigrazione. Sinceramente non so se pagherà in termini di sondaggi per avere una posizione su un tema così spinoso. In ogni caso si è giocato la sua carta e secondo alcuni strateghi e commentatori americani “potrebbe trarne un vantaggio”.
Tulsi Gabbard: voto 4 – nonostante sia sempre la più cercata su Google, al termine del dibattito i suoi sondaggi veleggiano sempre intorno all’1%. Così come Castro, si è giocata il suo ‘momento’ quando ha attaccato la Harris.
Jay Inslee: voto 6 – sull’immigrazione ha criticato duramente Trump: “Non possiamo permettere più a un nazionalista bianco di essere presidente”, prendendo applausi a scena aperta. Vedremo se la sua posizione sarà premiata nei sondaggi delle prossime settimane.
Bill De Blasio: voto 4 – estremo, vuole tassare i ricchi e le transazioni finanziarie. Durante il dibattito ha lanciato il sito TaxTheHell.com. Anche la Warren e Sanders propongono tasse più alte per i ricchi, il sindaco di New York però lo sta proponendo come tema dominante della sua campagna.
C’è un tema che è rimasto fuori i dibattiti: il problema della droga e della impressionante diffusione degli oppiacei (anche sintetici) e del sempre più alto numero di morti per overdose.