Gli avvocati della Regione Lazio sono stati “reclutati secondo modalità piuttosto singolari“, senza “il superamento di un concorso bandito ad hoc” e “non tutti” sono dotati di “concreta esperienza nel campo forense”. Situazione che ha determinato negli anni il “conferimento di incarichi professionali all’esterno” a legali “individuati a volte per soddisfare esigenze clientelari” oppure grazie “a mere conoscenze personali“. A questi avvocati esterni la Regione deve ancora versare parcelle per oltre 26 milioni di euro. Lo mette nero su bianco il capo dell’Avvocatura regionale, Rodolfo Murra, in una missiva protocollata il 28 dicembre scorso e inviata al governatore Nicola Zingaretti. La lettera è giunta agli atti della Corte dei Conti, da cui ha preso spunto il procuratore generale del Lazio, Andrea Lupi, che martedì scorso ha criticato – sotto questo aspetto – la gestione dell’Ente sottolineando una “scollatura fra l’avvocatura e gli uffici”. Anche se proprio dall’arrivo di Murra – nel giugno 2017 – le assegnazioni sono drasticamente calate. Il problema del debito, però, rimane.
Murra è arrivato a via Cristoforo Colombo dopo l’esperienza a capo dell’Avvocatura capitolina iniziata con Ignazio Marino e conclusasi a pochi mesi dall’elezione di Virginia Raggi. A dicembre 2018, il legale restituiva a Zingaretti un quadro dell’ufficio legale definito “disastroso“, con l’assenza di un “ruolo” (una normativa interna, ndr) che “rende pericolosamente permeabile la struttura destinata allo svolgimento delle attività forensi”. I 19 legali, come si legge nel documento, sono stati reclutati secondo modalità “singolari” e “senza un concorso ad hoc“, situazione che ha creato una “disomogenea preparazione ed attitudine”.
La condizione descritta dall’attuale capo dell’avvocatura ha portato all’esterno numerosi fascicoli, “una pratica che ha determinato conseguenze per certi versi disastrose, a partire dal profilo del rispetto delle procedure selettive” e “di controllo successivo sul relativo operato” fino a “squilibri evidentissimi sul piano economico finanziario”. Ad oggi, si legge nella nota allegata “l’esposizione debitoria che l’Amministrazione ha maturato, come somme non ancora pagate e reclamate a titolo di compensi professionali, ammonta a 26.314.101 euro“. Senza contare, scrive ancora Murra “che questi massicci affidamenti hanno prodotto disfunzioni anche in ambito amministrativo”. Non solo. “V’è da dire che le esternalizzazioni non sono state affatto avversate dai legali interni” i quali “si sono visti sgravati di consistente lavoro”. Un carico “che può dirsi significativo ma giammai eccezionale“.
Il procuratore regionale della Corte dei Conti del Lazio, Andrea Lupi, nella requisitoria sul rendiconto generale dell’Ente ha rilevato che “nel passato il ricorso all’esternalizzazione degli incarichi legali aveva grande diffusione. Ne costituiscono testimonianza le moltissime parcelle presentate da un cospicuo numero di legali che chiedono il pagamento di crediti professionali“. E ancora: “Sono ancora molti gli incarichi di domiciliazione presso legali di altri fori. Si concorda con la sezione circa la necessità di regolamentare il fenomeno costituendo un albo di fiduciari“.
Gli incarichi esterni sono stati assegnati nel corso degli ultimi 20 anni e sono drasticamente calati dopo il 2017, con l’arrivo proprio di Murra in Regione Lazio. Secondo i dati forniti dall’ufficio stampa di via Cristoforo Colombo, nel 2012 gli affidamenti esterni erano ancora 477 e nel 2015 circa 200. Nel 2019 sono stati appena 4. Sempre la Regione precisa che il costo delle parcelle è basato inevitabilmente sul tabellare ministeriale” e “quelle che pervengono con riferimento agli incarichi assegnati dalle gestioni precedenti vengono vagliate secondo un parametro di congruità“. Andando a spulciare la sezione “trasparenza” del sito dell’Ente, troviamo l’elenco completo degli incarichi ancora attivi. Si tratta di 1.156 assegnazioni, in gran parte avvenute dal 2012 in poi – ma ce ne sono anche del 2009 e del 2006 – per l’ammontare di circa 4,7 milioni di euro. Un importo monstre se si pensa che la Regione Lombardia, ad esempio, nel 2017 ha assegnato un solo caso all’esterno. E per essere ricorso a un patrocinio presso un legale non presente nell’avvocatura pubblica, l’ex governatore lombardo Roberto Formigoni sempre nel 2017 fu condannato dalla Corte dei Conti.
E pensare che la sede dell’Avvocatura, ha rilevato Murra, non prevedeva nemmeno l’ingresso con cartellino. “Nei prossimi giorni – scriveva il coordinatore a dicembre – vedrà la collocazione del cosiddetto ‘tornello’ all’ingresso, dispositivo che a quanto è dato sapere l’amministrazione non è mai riuscita ad installare prima, sebbene tutte le altre sedi decentrate lo prevedano ed in effetti lo abbiano come perfettamente funzionante“, tutto ciò per far sì che “l’ufficio legale inizi a somigliare sempre di più alle altre strutture regionali”.
La requisitoria di Lupi ha messo sul chi va là la Lega in Regione. “Zingaretti si attivi per dare mandato agli uffici di mettere in atto quanto indicato dalla magistratura contabile“, hanno affermato i consiglieri Orlando Tripodi, Laura Corrotti e Daniele Giannini. “Questo modus operandi – hanno detto – non è accettabile, a meno che non si voglia favorire qualche amico dell’amico”.