“Il Consiglio dei ministri ha deliberato di superare la mancata intesa della Regione Umbria e, conseguentemente, di consentire la prosecuzione del procedimento di realizzazione dell’impianto pilota “Castel Giorgio” per ricerca di risorse geotermiche sito nel Comune di Castel Giorgio”. La decisione presa dal governo nella riunione del 31 luglio, dopo aver ascoltato l’assessore Antonio Bartolini in rappresentanza della Regione Umbria, sembrerebbe definire una questione che si protrae da anni. Nonostante la contrarietà sia dei cittadini sia delle amministrazioni comunali coinvolte più o meno direttamente, come quella vicina di San Lorenzo Nuovo, nel viterbese.
L’impianto pilota geotermico denominato Castel Giorgio, da realizzarsi in provincia di Terni nel comune di Castel Giorgio, a poca distanza dal lago di Bolsena, è stato proposto alla fine del 2013 dalla Itw Lkw Geotermia Italia spa per l’immissione di 5 Megawatt elettrico nel sistema elettrico nazionale. Da progetto l’impianto “prevede l’utilizzo dell’energia termica del campo geotermico di Torre Alfina e sarà costituito da 5 pozzi di produzione di acqua calda ubicati in tre piazzole, (…) 4 pozzi di reiniezione dell’acqua geotermica ubicati in un’unica piazzola, una tubazione di collegamento dell’acqua raffreddata in uscita dall’impianto sino ai pozzi di reiniezione e dalla linea elettrica in media tensione di collegamento alla Rete Nazionale”. Insomma un progetto che prevede interventi di non poco conto. Sia in superficie che nel sottosuolo.
Progetto contestato e avversato fin dalle fasi iniziali. Per motivi di carattere tecnico, dal momento che inizialmente, a luglio 2011, la società proponente aveva fatto richiesta di Permesso di Ricerca per due impianti pilota denominati Castel Giorgio-Torre Alfina. Ma anche per timori di conseguenze sulla salute degli abitanti dell’area interessata dal progetto, come sottolineato dal presidente del Comitato per la difesa della salute e del territorio di Castel Giorgio. Senza contare l’impatto ambientale. “Preoccupa in particolar modo”, avevano spiegato poche settimane prima della decisione del Mise la presidente di Italia Nostra Mariarita Signorini e il numero uno di Italia Nostra Umbria Lucio Riccetti, “il serio rischio sismico in una zona già sismicamente sensibile, il possibile inquinamento delle falde acquifere dell’enorme bacino idropotabile dell’Alfina e la possibilità di incidenti. Inoltre, la presenza di un impianto industriale potrebbe danneggiare le altre attività economiche di tipo artigianale, agrituristico e agricolo della zona”.
In diverse occasioni anche la Comunità Bacino Lago di Bolsena, oltre che la Sezione Lago di Bolsena della Lega Navale Italiana, hanno lanciato l’allarme. Peraltro confermato da un recente intervento ufficiale della Regione Lazio, che sottolinea i gravi rischi di inquinamento del Lago di Bolsena da parte dei reflui sotterranei dell’impianto geotermico di Castel Giorgio. Eppure nell’aprile 2015 il progetto ottiene la compatibilità ambientale, dopo aver acquisito il parere favorevole del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo e della Regione Lazio. Ma non quello della Regione Umbria, che aveva deciso di “non rilasciare l’intesa richiesta sull’impianto geotermico di Castel Giorgio per motivi di ordine politico, in quanto pur essendo positivo l’esito della Via, i Comuni del territorio si oppongono fortemente all’intervento”. Decisioni impugnate dal Tar, sia nel 2015 che nel 2016.
Ma la posizione della Regione Umbria non cambia, anche se per ragioni differenti al passato. Il 30 luglio viene ancora confermata l’intenzione “di non poter esprimere in ogni caso (negativo o positivo che sia) intesa formale sull’impianto, trattandosi di atto di rilevanza politica non opportuno da parte di una giunta che opera esclusivamente in regime di ordinaria amministrazione”dopo le dimissioni della governatrice Catiuscia Marini. In attesa dei ricorsi promessi dal sindaco di Castel Giorgio, rimane la decisione del Consiglio dei Ministri. Inevitabile a detta dei deputati del M5s Federica Daga e Gabriele Lorenzoni, secondo i quali “pena la contestazione di omissione di atti di ufficio, il Consiglio dei ministri non poteva far altro che registrare il parere favorevole delle parti chiamate a pronunciarsi sull’opera in sede di conferenza dei servizi e il parere decisivo (e discutibile) della Commissione per la Valutazione ambientale. In caso contrario, la società proponente avrebbe potuto pretendere il diritto a un cospicuo risarcimento a carico dello Stato e, in solido, dei ministri stessi”. Impossibile fare altro, quindi. Nonostante l’ex parlamentare europeo del M5s Dario Tamburrano pochi giorni prima della decisione del Mise, preannunciando un’interrogazione alla Commissione Europea, sottolineava che, se fosse autorizzato l’impianto, “quel territorio ed il lago di Bolsena correrebbero un rischio che non è stato in nessun modo considerato durante la valutazione di impatto ambientale dell’impianto, condotta dai passati governi”.