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Libano, annullato il concerto dei Mashrou’ Leila. Così vincono i fondamentalisti

Alla fine hanno vinto loro, i fondamentalisti cristiano-maroniti libanesi. Ha vinto la campagna di odio. Hanno vinto le minacce di impedire “anche con la forza” lo svolgimento del concerto della band Mashrou’ Leila previsto il 9 agosto al Festival internazionale di Byblos.

Ha perso la libertà d’espressione. Ha perso il governo libanese che ha ceduto, non ha preso alcuna misura per proteggere la band dalle minacce di morte e addirittura ha indagato sui testi di due brani per poi concludere, e meno male, che non presentavano alcun profilo penale. Il tutto era iniziato il 22 luglio, quando i vertici della diocesi cristiano-maronita di Byblos avevano scritto in un comunicato che i testi della band “offendono la religione e i valori umanitari e il pensiero dei cristiani” e avevano chiesto la cancellazione del concerto.

Lo stesso giorno l’avvocata Christine Nakhoul aveva presentato un esposto alla procura della regione del Monte Libano, chiedendo di incriminare la band per blasfemia, incitamento al settarismo e “diffusione e promozione dell’omosessualità”, che per il codice penale libanese è un reato.

La miccia era accesa. Poi è arrivato il consueto campionario di notizie false: un prete che sostiene in un video girato per i social che il nome della band fa riferimento alla “notte dell’eterna tirannia” (Leila è un nome proprio ma significa anche “notte”); una foto della Vergine Maria col volto della cantante Madonna che la band avrebbe pubblicato sui suoi profili (falso: nel 2015 uno dei quattro componenti della band aveva pubblicato sul suo profilo un articolo di Scott Long che conteneva quella foto); infine, singole parole o frasi estrapolate da brani che dal 2015 la band suona in Libano senza alcuna obiezione.

Fondata nel 2008, la band Mashrou’ Leila oggi gode di fama mondiale ed è nota per i testi critici su una serie di temi sensibili nelle società arabe, come l’omosessualità, il patriarcato e la corruzione e per il suo sostegno al diritto alla libertà d’espressione e ai diritti delle persone Lgbtqi. Il 22 settembre 2017 un concerto al Cairo era stato usato dalle autorità egiziane per arrestare decine di omosessuali.

Foto tratta dalla pagina Facebook ufficiale della band.