Un modello 3D della superficie oculare che imita geometria e composizione cellulare degli strati più esterni dell’occhio umano. È l’ultima frontiera delle riproduzioni artificiali delle parti del corpo dell’uomo, sviluppata da un team della University of Pennsylvania. Il prototipo, generato partendo da cellule di un vero occhio e capace di aprirsi e chiudersi, è descritto in una pubblicazione che il gruppo di scienziati ha diffuso on line il 5 agosto su Nature medicine, mensile che raccoglie articoli di ricerca, recensioni, notizie e commenti nell’area biomedica. Lo scopo del lavoro? La sperimentazione farmaceutica.

Il team che ha lavorato a questo bulbo oculare all’interno dei laboratori dell’università statunitense è diretto dallo scienziato Dongeun Huh. La difficoltà del loro esperimento sta nel fatto che gli organi umani hanno strutture pluricellulari complesse che funzionano come filtri per l’ambiente esterno e mantengono l’omeostasi. Nonostante i progressi nella comprensione di queste barriere tessutali, è dunque ancora una grande sfida per i ricercatori riprodurre le loro molteplici capacità. Il gruppo di esperti ha coltivato cellule di tessuto derivate dalla cornea e dalla congiuntiva in un’interfaccia aria-liquido per ricreare la superficie dell’occhio. Questa è stata quindi coltivata all’interno di una piattaforma che l’ha esposta a fluidi lacrimali e ad una palpebra di idrogel artificiale che ha imitato il battito spontaneo delle palpebre.

Utilizzando questa piattaforma, gli autori hanno riprodotto inoltre con successo la malattia dell’occhio secco, testando gli effetti terapeutici di un farmaco sperimentale. Sarebbe infatti proprio questo, hanno spiegato nel testo, lo scopo del loro esperimento: riuscire a creare un prototipo quanto più simile possibile al vero occhio umano per poter fare i test dei medicinali sperimentali. Insomma il team pensa alla sperimentazione farmaceutica. “Sono necessarie però ulteriori indagini – hanno precisato i ricercatori – per poter dimostrare la sua capacità di favorire la scoperta e il test di farmaci sperimentali”. Sarà inoltre necessario un lavoro ulteriore per incorporare nell’occhio bioartificiale alcuni altri tipi e funzioni cellulari, come vascolarizzazione o l’innervazione, che non sono ancora stati inseriti.

L’articolo integrale su Nature Medicine

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