Negli ultimi due mesi alcuni importanti report prodotti dall’Istituto Superiore di Sanità (qui il progetto dell’Iss, Sentieri e report per la procura di Napoli Nord) e dall’Ispra (rapporto rifiuti speciali 2019, con dati di riferimento al 2017) illuminano bene lo scenario del danno sanitario legato alla mala gestione dei rifiuti speciali industriali ma non solo nella zona classicamente individuata come la “Terra dei Fuochi” primigenia , la Campania, ma in tutta Italia.

Si pensava, e si crede ancora, che la presenza di impianti legalmente riconosciuti ed operanti in base alle normative vigenti non ponesse gli stessi gravissimi problemi sanitari di una zona a smaltimento quasi esclusivamente illegale come il litorale domitio-flegreo e quello vesuviano inseriti nel monitoraggio del progetto Sentieri da Parte dell’Iss. A partire dal 2014, e cioè dalla promulgazione della legge penale sui reati ambientali , esiste un’apparente contraddizione che oggi, in presenza di una legge che punisce severamente chi smaltisce illecitamente rifiuti “abbandonati”, ben si evidenzia nella lettura comparata dei dati ambientali e sanitari che Ispra e Iss ci consentono di fare.

Prendiamo alcune zone esplicative di riferimento inserite nel monitoraggio dell’Iss nel progetto Sentieri:

1. litorale domitio flegreo

2. area litorale vesuviano (oltre 1.850mila cittadini campani interessati , pari da soli a circa il 30 % totale di tutti i cittadini italiani residenti in zone colpite da grave inquinamento ambientale su base industriale (la classica Terra dei Fuochi)

3. provincia di Brescia – zona Caffaro : circa 200mila cittadini coinvolti

4. area industriale di Porto Torres (SS) e Sulcis Iglesientes (CA) per un totale di 146mila + 264mila= 410mila cittadini coinvolti, (circa cioè i soli cittadini campani interessati nella sola zona vesuviana)

Si tratta di tre siti i cui risultati sul piano del danno sanitario sembrano riconoscere le medesime cause: una attività industriale con presenza di rifiuti speciali smaltiti illecitamente in modo notevole

Da studi e articoli recenti deduco che:

a. litorale domitio flegreo e agro aversano: decreto di perimetrazione del sito segnala la presenza di “discariche” . Inoltre si rivela la presenza di non meno di 2.767 siti di smaltimento dei rifiuti, controllati oppure abusivi (in 653 dei quali si sono verificati combustioni di rifiuti) . L’assenza di riconosciuti impianti industriali fonte di inquinamento certo, come ad esempio impianti chimici e raffinerie, ha declassato questi siti a siti di interesse regionale (Sir), la cui bonifica grava esclusivamente sulla Regione Campania.

b. litorale vesuviano: il decreto di perimetrazione del sito segnala la presenza di di amianto (A) e discariche (D)

c. provincia di Brescia Caffaro : il decreto di perimetrazione segnale la presenza di impianto chimico (C) e discarica (D)

d. aree industriali di Porto Torres (SS) : il decreto di perimetrazione del sito elenca la presenza di impianto chimico (C ), petrolchimico ( PR) cwentrale termoelettrica (E) , areaportuale (AP) e Discariche (D) . Sulcis Iglesientes (CA) : il decreto di perimetrazione del sito segnala la presenza di impianti chimici (C ) , miniere (M) e discariche (D).

A fronte di un danno sanitario così ingente e cosi esteso come riportato dai reports del progetto Sentieri, fa effetto rilevare come, nel rapportare le medesime aree alla presenza di impianti di discarica a norma per rifiuti speciali elencate nel report Ispra 2019 sui rifiuti speciali, la regione Campania continui a “brillare”, unica regione d’Italia e forse d’Europa, come la Regione del tutto priva di discariche a norma per rifiuti industriali, amianto e rifiuti ospedalieri sul proprio territorio regionale, mentre un eccesso significativo di tali impianti risulta essere presente nei territori della Provincia di Brescia con oltre cento discariche legali censite e nei territori vasti e poco popolati della Sardegna per diversi milioni di tonnellate di rifiuti industriali trattati.

A partire dal 2014 però, per il combinato disposto dalla promulgazione della penale sui rifiuti “abbandonati” e dalla perdurante assenza di un sistema di tracciabilità certa dei rifiuti industriali e tossici, dobbiamo registrare e denunziare l’inversione completa delle rotte dei rifiuti tossici italiani ma anche stranieri (in particolare dalla Germania) oggi destinati in grande maggioranza alle discariche e/o ad impianti di stoccaggio legalmente presenti e dichiarati.

Dal momento che permane immodificata la truffa del “giro bolla” con cambio del codice di identificazione solo cartaceo dei rifiuti trasportati ne consegue immancabilmente che in questo momento la Regione Campania soffre sul piano sanitario in prevalenza per lo smaltimento illecito dei soli rifiuti industriali propri prodotti in regime di evasione fiscale e destinati ai roghi tossici, in costante diminuzione, mentre tutti i territori che dispongono di un numero eccessivo di impianti a norma di trattamento per rifiuti speciali industriali sono ormai non solo in via di completo esaurimento ma soprattutto sono a gravissimo rischio, se non certezza assoluta, di infiltrazione di rifiuti tossici industriali tramite la truffa del “giro bolla cartaceo” nella perdurante assenza di sistemi di tracciabilità certa dei flussi dei rifiuti dopo il fallimento del Sistri.

Non stupisce affatto quindi fare rilevare come per l’ennesimo anno il report Ispra 2019 sui rifiuti speciali attesta che la Regione Campania non ha un solo impianto di discarica a norma per rifiuti speciali sul proprio territorio regionale, mentre in parallelo la provincia di Brescia e le province di Sassari e Cagliari ne hanno sin troppe: veri e propri “attrattori” di rifiuti illegali e tossici con la truffa del “giro bolla”. Sono loro oggi le “Terre dei fuochi” del terzo millennio.

Ogni rifiuto speciale non tracciato con certezza deve essere considerato sempre e in tutti i casi un rifiuto potenzialmente insalubre per il territorio di destinazione anche se costituito da impianti che rispettano, almeno sulla carta, le normative vigenti.

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