Il Tav torna centrale nella discussione politica e il governo, in attesa del voto sul dl Sicurezza bis, si prepara ad affrontare il voto della mozione M5s che impegnerebbe il Parlamento a ridiscutere l’opera sulla quale, nonostante il parere contrario dell’analisi costi-benefici commissionata dal ministero delle Infrastrutture, il presidente del Consiglio ha dato il via libera. Così è proprio Giuseppe Conte a finire al centro delle tensioni che continuano ad attraversare l’esecutivo gialloverde.
Nella mischia lo butta Matteo Salvini, spiegando che un voto del Parlamento contro la Torino-Lione “sarebbe una sfiducia al premier, che ha riconosciuto che costa meno finirla che fermarla”. Una frase percepita come una minaccia da Danilo Toninelli, alla guida del ministero che ha formalmente datol’ok all’opera con la lettera invita alla Commissione Ue. “Il governo non cadrà. Salvini minacci chi vuole”, è la secca risposta del ministro pentastellato che ha specificato come la mozione M5s “impegna il Parlamento e non il governo”.
Camera e Senato, aggiunge, sono “il luogo in cui è stato approvato quell’accordo e il Parlamento deciderà”. Poi è tornato a sostenere, come da linea del Movimento, che “l’accordo internazionale è un regalo alla Francia” ed è stato sottoscritto da “politici incapaci”. “Come ministro ho cercato di far capire che cosa prevedeva l’accordo – ha aggiunto – ora la parola passa al Parlamento ma come Movimento 5 Stelle non mi stancherò mai di dire che la Tav è un’opera inutile, un danno ambientale e un regalo alla Francia”.
Visione diametralmente opposta a quella della Lega. Per Salvini, infatti, si tratta di una “infrastruttura fondamentale” e quindi lo stop del Parlamento “sarebbe uno schiaffo agli italiani che vogliono treni, porti e aeroporti”. Sostanzialmente, spiega, il voto previsto mercoledì è “contro il progresso, il futuro, contro l’Italia, gli italiani”. E quindi, se dovesse arrivare un voto per fermare la Torino-Lione, “noi ne trarremo le conseguenze, non stiamo al governo per perdere tempo”.
Il vicepremier leghista ha poi aggiunto che il suo rapporto conflittuale con Toninelli, come con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, “non è né sarà mai un problema personale”. Il Guardasigilli, spiega, è una “brava persona” ma “ha portato in Consiglio dei ministri una riforma della giustizia che non risolve i problemi della giustizia italiana”. “Per fare il ministro non basta essere delle brave persone – è l’affondo – Non è mai un problema personale, però bloccare una opera fondamentale come l’alta velocità, che per me dovrebbe unire l’Italia, è dire di no al futuro e al progresso. È come dire no alla trivellazione per cercare petrolio e ai termovalorizzatori”.