Gli stessi attivisti del movimento di estrema destra hanno rimosso l'insegna dal palazzo occupato, anticipando l’operazione di rimozione prevista domani mattina per lo scadere del tempo concesso dal Campidoglio. Poco sopra è stato esposto uno striscione che recita: "Questo è il problema di Roma"
In via Napoleone III a Roma la scritta Casapound non c’è più. Gli stessi attivisti del movimento di estrema destra l’hanno rimossa dal palazzo occupato diventato la loro sede, anticipando l’operazione di rimozione prevista domani mattina per lo scadere del tempo concesso dal Campidoglio. Poco sopra quello che resta della scritta è stato esposto uno striscione che recita: “Questo è il problema di Roma”. “È solo l’inizio. Ora va sgomberato l’immobile e deve essere restituito alle famiglie che ne hanno davvero diritto. Va ripristinata la legalità. Fino in fondo”, ha commentato su Twitter la sindaca Virginia Raggi.
Era stata la prima cittadina della Capitale il 25 luglio scorso a presentarsi sotto la sede della tartaruga frecciata, accompagnata dalla Polizia Locale e dalla Digos, per notificare l’atto che imponeva un termine temporale per l’eliminazione della grande scritta sulla facciata del palazzo, spiegando che l’affissione era abusiva. “Se Casapound non ottempererà spontaneamente a ciò che prescrive la notifica, ovvero la rimozione della scritta abusiva dal palazzo, si procederà in modo coatto“, aveva avvertito Raggi. Gli attivisti hanno aspettato l’ultimo giorno utile, poi hanno tolto la scritta.
Per quanto riguarda invece lo sgombero dell’edificio occupato, i tempi restano lunghi. E’ sempre di luglio la notizia che l’Agenzia del Demanio ha presentato la denuncia, con oltre 10 anni di ritardo, necessaria per avviare le procedure legali che potrebbero portare allo sgombero: il recupero degli importi dovuti (la Corte dei Conti aveva quantificato in 4,6 milioni il ‘danno’ a carico dei funzionari) e il documento che attesta l’occupazione arbitraria dell’immobile. L’edificio di via Napoleone III era già inserito nella lista degli 88 palazzi occupati da liberare, stilata dalla Prefettura di Roma in base a un ranking ottenuto dalla somma dei criteri dettati dal ministero dell’Interno. Ma con l’attuale posizione e considerando che a Roma gli sgomberi procedono al ritmo di un’operazione ogni tre mesi (quattro o cinque all’anno), si calcola che il turno del palazzo di Casapound non sarebbe arrivato prima del 2030. L’eventuale accelerazione dettata dal procedimento giudiziario che si aprirà con la denuncia potrebbe permettere di far scalare qualche posizione, difficilmente di entrare nella lista delle 23 prioritarie stilate da Palazzo Valentini.