Il Senatùr e l’ex tesoriere del partito erano stati condannati in Appello per la vicenda dei fondi per i contributi elettorali non dovuti versati al Carroccio dal 2008 al 2010. Per Belsito la corte d'Appello dovrà rideterminare la pena per appropriazione indebita. Salvini: "Sono anni che vanno avanti con questi 49 milioni, a me non cambia niente. Non mi cambia la vita"
La decisione della Cassazione arriva dopo dopo oltre quattro ore di camera di consiglio. I giudici, che si sono pronunciati in merito al processo sulla truffa ai danni dello Stato per i rimborsi elettorali della Lega, hanno prescritto il reato di truffa per Umberto Bossi e Francesco Belsito che però resta responsabile del reato di appropriazione indebita: per lui ci sarà in questo caso la rideterminazione della pena in Appello. I giudici hanno anche confermato la confisca dei 49 milioni alla Lega, mentre cadono le confische personali. Confermate anche le condanne a otto mesi per i revisori Diego Sanavio e Antonio Turci, accusati di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. Assolto il terzo revisore Stefano Aldovisi. Nella sua requisitoria il procuratore generale Marco Dall’Olio, aveva chiesto la conferma delle condanne per Belsito e Bossi, parlando di “indubbie spese parla famiglia Bossi“.
Sulla sentenza è intervenuto anche Matteo Salvini che, interpellato dai giornalisti a margine della festa della Lega di Arcore in Monza e Brianza, ha detto: “Sono anni che vanno avanti con questi 49 milioni, a me non cambia niente. Non mi cambia la vita”. E la decisione dei giudici per Angelo Alessandro Sammarco, difensore dell’ex tesoriere, “non è così tremenda” rispetto “all’orrore che inizialmente si profilava. Adesso aspettiamo di leggere le motivazioni“, ha detto il legale, ricordando che per Belsito “è rimasta in piedi l’accusa di appropriazione indebita, per la quale la pena dovrà essere rideterminata dalla Corte d’Appello di Genova. Imputazione che noi contestiamo perché Belsito non ha commesso alcuna appropriazione indebita. Dopo aver letto le motivazioni – ha concluso – valuteremo se fare delle impugnazioni straordinarie sulla decisione”.
I due gradi di giudizio – Il processo d’appello, per l’ipotizzata truffa aggravata ai danni dello Stato da parte dei due esponenti dell’allora Lega Nord, si era concluso con la conferma del verdetto di primo grado: i giudici avevano inflitto 1 anno e 10 mesi a Bossi e 3 anni e 9 mesi a Belsito. Erano invece più basse le pene per Sanavio, Turci e Aldovisi: i primi due a otto mesi, il terzo a quattro mesi, accusati di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. Secondo l’accusa il partito aveva ottenuto i rimborsi elettorali ai danni del Parlamento, tra il 2008 e il 2010, falsificando rendiconti e bilancio. Durante l’udienza in Cassazione, Belsito aveva chiesto la ricusazione dei giudici del collegio della sezione feriale chiamato a decidere sulle condanne dopo che il suo avvocato aveva avanzato istanza di “rinvio per integrazione documentale“, rilevando che in cancelleria mancava il fascicolo relativo al dibattimento di primo grado e la “documentazione sui conti correnti del partito Lega“. Una richiesta bocciata dai giudici del collegio deputato a decidere e che ha dato il via alla Camera di consiglio che ha emetterà la sentenza. L’istanza dell’ex tesoriere non avrebbe potuto comunque far scattare la prescrizione.
La requisitoria e il processo a Milano – “Non è vero che i rendiconti erano solo generici. Erano anche falsi: si diceva ‘rimborso autisti’. Ma in realtà si finanziava la famiglia Bossi. E non è un aspetto secondario – ha sottolineato Dall’Olio – è sotto questo profilo che si configura il reato di truffa”. Le condanne in Appello per truffa aggravata allo Stato e la confisca di oltre 49 milioni di euro erano arrivate dopo le inchieste della Procure di Milano e Genova da cui emersero una serie di spese del partito per la famiglia Bossi. Queste ultime erano contenute in una cartella dalla scritta The Family che conterrebbe anche i pagamenti per i corsi della laurea di Renzo Bossi, figlio del senatur. Ad essere certificata è stata dunque la violazione delle leggi per l’erogazione di quelli che vengono chiamati rimborsi elettorali. Resta aperta invece la questione della conferma della sentenza di secondo grado al processo gemello di Milano. Il prossimo 11 settembre la Cassazione è chiamata a decidere sul ricorso della procura generale di Milano, che chiede di estendere anche ai due Bossi la querela presenta dal leader delle Lega Salvini nei confronti del solo Belsito. Anche in quel caso Belsito ha ricusato il collegio e se la richiesta dovesse essere accolta si dovrebbe costituire un nuovo collegio. Se invece fosse respinta, si avrebbe poi la sentenza.