“Aiuto sta tornando, aiuto, per favore, non riagganciate!”. Sono queste le ultime parole della quindicenne Alexandra Măceșanu, stuprata e uccisa a fine luglio in Romania. Gli audio delle chiamate al 112 sono state diffuse nelle scorse ore e confermano che la ragazza era riuscita a contattare le forze dell’ordine, ma senza ottenere assistenza. L’omicidio ha scosso l’opinione pubblica rumena e le proteste hanno portato fino alle dimissioni del ministro degli Interni e all’esonero della ministra dell’Istruzione, oltre alle dimissioni del capo della polizia e del responsabile delle telecomunicazioni.
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Il fatto risale allo scorso 24 luglio. La 15enne Alexandra sta tornando a casa a Dobrosloveni, quando viene avvicinata da Gheorghe Dinca, meccanico di 65 anni, che si offre di darle un passaggio. A quel punto l’uomo cambia direzione e la porta nella sua abitazione nel Sud della Romania, dove la stupra e poi la uccide. Nelle ore in cui rimane segregata, Alexandra riesce a contattare per 3 volte il 112 rumeno. Ma nonostante la richiesta d’aiuto, la polizia arriva sul posto solo 19 ore dopo la telefonata e trova il cadavere della ragazza. Nel luogo del delitto sono stati rinvenuti anche altri resti di ossa e denti, che potrebbero essere quelli di un’altra ragazza finora data per scomparsa, Luiza Melencu. Dinca ha poi confessato entrambi gli omicidi. La polizia sospetta inoltre che Dinca sia colpevole anche di altri crimini.
Nelle scorse ore sono state diffusi gli audio delle telefonate di Alexandra al centralino del 112. “Sono stata violentata, per favore venite presto, non so dove sono“, dice la ragazza nella registrazione riportata dal Corriere.it. “Che significa? Come credi che riusciamo a trovarti?”, è la prima risposta . “Mi ha portata a Caracal, è uscito ma sta tornando, non riattacchi”, implora quindi la 15enne. Dopo vari tentativi riesce però a dare l’indirizzo in cui si trova e i soccorritori rispondono: “Arriveranno tra qualche minuto ma ora riattacchi, abbiamo altre chiamate in linea e non possiamo stare al telefono”. Ma Alexandra non è stata l’unica a chiamare il 112. Quella notte anche una vicina di casa dell’assassino ha chiamato per denunciare movimenti sospetti. Tra i motivi per cui le forze dell’ordine ci hanno messo così tanto a intervenire, ricostruisce Fanpage.it, c’è il fatto che prima di entrare nell’abitazione hanno aspettato di avere un mandato.
Il caso ha travolto il governo della Romania e mobilitato l’opinione pubblica. Il presidente Klaus Iohannis ha ammesso la responsabilità delle forze dell’ordine per come è andata la vicenda: “Le istituzioni rumene non sono riuscite a proteggere il diritto fondamentale alla vita”. “I responsabili dovranno affrontare una dura punizione” ha aggiunto. Questo non ha fermato le proteste della popolazione, che da giorni si è radunata intorno al palazzo del ministero degli Interni a Bucarest, mostrando un cartello con la scritta: “Police Kill”.
La prima testa a cadere all’interno del governo di Bucarest è stata quella del ministro dell’Interno, Nicolae Moga, che si è dimesso il 30 luglio a causa dell’indignazione per la gestione di un omicidio in cui la polizia non ha agito in tempo. Il 27 luglio decine di migliaia di persone hanno manifestato nella strade di Bucarest. Prima di Moga comunque si erano già dimessi il capo della polizia, Ioan Buda, e quello del Servizio telecomunicazioni speciali, Ionel Vasilca. Due funzionari della polizia sono stati licenziati a livello locale, mentre otto agenti sono sotto indagine per presunta negligenza.
Forti polemiche anche per le dichiarazioni dell’ora ex ministra dell’Istruzione Ecaterina Andronescu : “Doveva sapere che non si sale in auto con degli estranei”. Un’affermazione che le è costata l’estromissione dal governo e la presa di distanza del primo ministro Viorica Dancila, che sui social network l’ha definita “irresponsabile”. Lei si era giustificata, dicendo che non intendeva colpevolizzare la vittima, ma non è stato sufficiente a salvarle il posto.