Due milioni e 800 mila dollari. Una condanna importantissima che ha lasciato tutti a bocca aperta, eppure è successo. Katy Perry è stata condannata, assieme ai co-autori e al suo entourage, per il plagio della canzone “Dark Horse”, uscita nel 2014, che il tribunale di Los Angeles ha sentenziato essere simile a “Joyful Noise”, scritto dal rapper cristiano Markus Gray nel 2009. Dei quasi tre milioni Katy Perry sborserà di tasca propria “solo” 500mila dollari. Il grosso sarà a carico della casa discografica Capitol Records, il resto sarà pagato dagli autori. I legali di Katy Perry hanno comunque annunciato che ricorreranno in appello.
In realtà la discografia internazionale è costellata di accuse di plagio. Indubbiamente le più note sono sette e c’è anche da dire che non necessariamente artisti o autori deliberatamente “rubano” pezzi di canzoni ad altri colleghi nella speranza di non essere “scoperti”. In realtà può anche accadere, in alcuni casi, che ascoltando lo stesso genere musicale, o gli stessi artisti, ci sia una ispirazione simile ad un’altra. Poi esistono i campionamenti. Questa è una pratica diffusissima anche nel mondo rap, dove un artista chiede ad un altro di poter usare un pezzo della canzone. Un’operazione sempre fatta alla luce del sole.
Restano chiaramente nella memoria di tutti, alcune famose cause per plagio. Ad iniziare da quella che ha coinvolto Al Bano e Michael Jackson. Ci sono anche le battaglie tra Robin Thicke e gli eredi di Marvin Gaye, i Verve e i Rolling Stones, i Coldplay e Joe Satriani. Ecco cinque tra le cause più famose.