Il capo del governo spagnolo, Pedro Sanchez, lo ha confermato anche di fronte a Felipe VI: “La sfiducia tra Psoe e Podemos continua ed è reciproca“. Parole che testimoniano come non siano stati fatti passi avanti dopo la doppia bocciatura con cui, a fine luglio, il Congresso ha impedito la formazione di un governo socialista in Spagna. In quell’occasione, determinante è stata l’astensione dei deputati della forza guidata da Pablo Iglesias, non soddisfatti dell’offerta messa sul piatto dal leader del Psoe. Se entro il 23 settembre le due formazioni, le uniche che al momento sembrano avere possibilità di formare una maggioranza a guida socialista, non troveranno l’accordo, la Spagna tornerà di nuovo al voto a novembre.

Una possibilità ancora remota, però, visto che tutti gli attori in grado di spostare gli equilibri politici non hanno alcuna intenzione di tornare alle urne. Non lo vuole Sanchez, che a re Felipe ha promesso di “non gettare la spugna” e in occasione del dibattito in aula ha dichiarato che “gli spagnoli non meritano di tornare alle urne”. Non lo vuole il monarca, che il 4 agosto ha lanciato il suo appello ai due partiti, spiegando che “è meglio trovare una soluzione invece che andare alle elezioni”. E non lo vuole nemmeno il partito di Pablo Iglesias che, nonostante non esistano al momento possibilità di alleanza tra il Psoe e partiti centristi come Ciudadanos, ha visto negli ultimi anni un calo costante dei consensi che, se dovesse continuare anche in occasione di un nuovo voto, metterebbe ulteriormente a rischio la formazione di un esecutivo socialista.

Ma Sanchez sta pensando a un governo monocolore firmato Psoe, con un sostegno esterno programmatico. Come riporta El Pais, il premier ha colto l’occasione per chiedere al Partido Popular, a Ciudadanos e a Podemos di astenersi dal prossimo voto e permettere la formazione di un nuovo esecutivo. Un gesto di responsabilità nei confronti di tutti quei gruppi incontrati da Sanchez dopo la bocciatura e che gli hanno chiesto “urgentemente” e “in tutte le riunioni” che il governo fosse costituito. E alla richiesta dei Popolari di farsi da parte per facilitare la formazione del nuovo governo ha risposto: “Il 28 aprile, i cittadini con il loro voto hanno espresso ciò che volevano. Ed è un governo progressista“.

L’idea di un esecutivo monocolore non piace affatto a Podemos, che nel corso delle ultime settimane di colloqui ha avanzato richieste ben più ambiziose in cambio del sostegno al Congresso. Una su tutte, il ministero del Lavoro. Richiesta che si era poi ammorbidita all’ultimo momento prima del voto, con gli uomini di Iglesias che si erano detti disposti a rinunciare al dicastero in cambio del controllo delle politiche per l’impiego. Offerta rispedita al mittente da Sanchez che aveva commentato: “L’accordo non è stato possibile. Non avremo il governo che è importante per la Spagna. Non ci sono mai stati problemi di programma che impedissero l’accordo, il problema sono stati i ministeri”.

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